Voglia di piangere? Provate con questo libro

di Nina D'Amato
3 Min.

Ammetto sia stato difficile scegliere per voi un unico libro che possa toccare le corde più intime della vostra anima. La lista di romanzi che sanno emozionare comprende svariati titoli e generi. Molto dipende anche da quanto una persona possa immergersi in un romanzo o quanto quest’ultimo riesca a farsi largo nel cuore del lettore. Ne ho scelto uno in particolare che credo possa, nelle sue 318 pagine, toccare diversi aspetti della vita. I personaggi di questo romanzo sperimentano i loro limiti attraverso una storia d’amore passionale e cruda, l’autore ci invita a riflettere sull’amore, sulla solitudine e sulla difficoltà che si ha nell’intraprendere nuove strade e decisioni realmente risolutive.

Il libro che ho scelto per voi è un romanzo edito Adelphi di Milan Kundera dal titolo L’insostenibile leggerezza dell’essere del 1984. Un romanzo che racconta la vita attraverso le vicende dei suoi quattro protagonisti, una vita in cui anima e corpo sembrano scindersi l’una dall’altra. Il romanzo narra dell’incomunicabilità, apre una riflessione su quanto sia complesso capirsi e fare i conti con l’essere se stessi.

L’insostenibile leggerezza dell’essere, la trama

Protetto da un titolo enigmatico, che si imprime nella memoria come una frase musicale, questo romanzo obbedisce fedelmente al precetto di Hermann Broch: «Scoprire ciò che solo un romanzo permette di scoprire». Questa scoperta romanzesca non si limita all’evocazione di alcuni personaggi e delle loro complicate storie d’amore, anche se qui Tomáš, Teresa, Sabina, Franz esistono per noi subito, dopo pochi tocchi, con una concretezza irriducibile e quasi dolorosa. Dare vita a un personaggio significa per Kundera «andare sino in fondo a certe situazioni, a certi motivi, magari a certe parole, che sono la materia stessa di cui è fatto». Entra allora in scena un ulteriore personaggio: l’autore.

Il suo volto è in ombra, al centro del quadrilatero amoroso formato dai protagonisti del romanzo: e quei quattro vertici cambiano continuamente le loro posizioni intorno a lui, allontanati e riuniti dal caso e dalle persecuzioni della storia, oscillanti fra un libertinismo freddo e quella specie di compassione che è «la capacità massima di immaginazione affettiva, l’arte della telepatia, delle emozioni». All’interno di quel quadrilatero si intreccia una molteplicità di fili: un filo è un dettaglio fisiologico, un altro è una questione metafisica, un filo è un atroce aneddoto storico, un filo è un’immagine. Tutto è variazione, incessante esplorazione del possibile.

Con diderotiana leggerezza, Kundera riesce a schiudere, dietro i singoli fatti, altrettante domande penetranti e le compone poi come voci polifoniche, fino a darci una vertigine che ci riconduce alla nostra esperienza costante e muta. Ritroviamo così certe cose che hanno invaso la nostra vita e tendono a passare innominate dalla letteratura, schiacciata dal loro peso: la trasformazione del mondo intero in una immensa «trappola», la cancellazione dell’esistenza come in quelle fotografie ritoccate dove i sovietici fanno sparire le facce dei personaggi caduti in disgrazia.

Scritto da Nina D’Amato


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