TAV: a che punto sono i lavori?

di Gaia Vetrano
Pubblicato: Ultimo aggiornamento il 13 Min.

Per chi non conoscerà la TAV, risulterà essere l’ennesimo acronimo utilizzato nelle discussioni dei vari politici ed esponenti del nostro Paese.

Il semplice termine è in grado di scatenare la formazione di due veri e propri schieramenti tra chi ne è a favore e chi ne è contrario. Ma per chi è interessato solamente all’ambito ingegneristico, la TAV è senza dubbio uno dei progetti più ambiziosi del settore sin da quando è stata presentata negli anni 90’.

La ferrovia Torino – Lione nasce per collegare 270 km e consentire lo spostamento di merci e persone tra il confine italiano e quello francese, affiancando la già esistente linea del Frejus.

L’acronimo TAV si riferisce a “Treno ad Alta Velocità”, nonostante sia una denominazione ritenuta ormai impropria. Un treno adibito al trasporto di passeggeri può raggiungere fino ai 220 km/h e quello per le merci fino 120 km/h. Però a oggi per la normativa dell’Unione Europea – definita nel 2008 – una locomotiva “ad alta velocità” si muove con una velocità di almeno 250 km/h.

La tratta fa parte del Corridoio Mediterraneo, ossia il terzo dei dieci assi prioritari del sistema di reti transeuropee dei trasporti (TEN-T) che collega Lisbona a Kiev. Il progetto della Tav si pone l’obiettivo di facilitare i trasporti attraverso le Alpi riducendo le emissioni di gas serra.

Ma cosa sostengono i due schieramenti? E soprattutto, a che punto sono i lavori?

Pro o contro la TAV?

Sicuramente un collegamento del genere consentirebbe un trasporto più competitivo e veloce di merci e persone fra la Francia e l’Italia. I fautori TAV puntano sul dimezzamento dei tempi di durata dei viaggi e sui benefici ambientali, visto che utilizzerebbe meno l’aereo. La TAV diminuirebbe anche il numero di Tir presenti nelle strade, 600.000 in meno. La merce trasportata raddoppierebbe: da 1050 a 2030 tonnellate.

La TAV permetterebbe inoltre la trasformazione della tratta di valico attuale, inadatta al trasporto, a una linea di pianura, più agevole da percorrere.

Appare lampante come sia un’azione costosa. Il progetto ha infatti un costo totale di 14 miliardi, 9.38 dei quali a carico dell’Italia, il restante 40% finanziato da UE. Cioè 3,75 miliardi di costo effettivo.

Il vantaggio economico sarebbe però enorme. Su questo asse gli interscambi stanno al 34.4% del totale tra Italia e UE. Inoltre si collocherebbe al centro della macro-regione Alp – med (Piemonte, Liguria, Valle d’Aosta, Rhone Alpes e Paca) considerata dalle potenzialità straordinarie, dato il Pil di 500 mld/anno.

Inoltre il consumo del suolo sarebbe solo una piccola parte. Dei 270km complessivi, dove 81 sono in Italia – il 30 % – e la restante parte in Francia189 km, circa il 70% – solo 10 km attraversano la Val di Susa. I restanti sono costituiti da gallerie. 

Per chi invece sostiene i contro, principalmente gli abitanti delle zone locali soprattutto della Val di Susa, si andrebbe a minare l’integrità territoriale. Inoltre si perderebbero settori come quello agricolo e l’autotrasporto

Per chi è contrario, è inutile costruire una linea per congiungere il nostro paese a Lione, città dove nel 2004 erano stati soppressi i collegamenti ferroviari a causa della bassissima affluenza di turisti.

I costi non ripagherebbero i benefici ottenuti, ed è inoltre ritenuto anacronistico pensare che si possano sostituire totalmente i Tir con l’uso della TAV. In sintesi sarebbe l’ennesimo grande affare per pochi imprenditori e banchieri che lascerebbe al resto del paese solamente l’amaro in bocca.

La TAV, nata per unire il paese con l’Europa, riesce solo a dividere ulteriormente l’Italia.

Come stanno costruendo la TAV?

Ma, indipendentemente dagli schieramenti, come viene costruita la TAV?

Ergere un tunnel è una bella sfida. Nonostante infatti il progresso tecnologico, per i progettisti la difficoltà sta nel prevedere e anticipare i rischi tecnici.

Come abbiamo già detto, 71km della Tav saranno costituiti da gallerie che attraverseranno Moncenisio. Il sottopassaggio attraverserà le Alpi tra i 1.000 e i 2.200 metri al di sotto le cime.

La galleria di base del Moncenisio è composta da due tunnel paralleli a binario unico, collegati tra di loro ogni 333 metri da passaggi trasversali.

In base alle caratteristiche geologiche del territorio una galleria può essere a canna singola o doppia. Nel primo caso, sono dette a fornice unica: vi è solamente un ingresso e sono adibite a traffico bidirezionale. Sono più economiche e più facili da realizzare ma ovviamente la saturazione di traffico avviene più velocemente.

Al contrario, se il territorio lo consente, si può costruire una galleria a canna doppia, quindi con due ingressi distinti. In questo mondo ogni sottopassaggio è dedicato a un senso di marcia diverso garantendo una scorrevolezza maggiore dei mezzi.

Nel progetto le canne del Moncenisio hanno un diametro di circa 8,4 m secondo le normative di sicurezza europee e dispongono di quattro bocche di accesso che collegano le gallerie all’esterno, pozzi di ventilazione e stazioni di servizio per i treni. Il tunnel è ora in fase di realizzazione e la consegna è prevista per il 2030.

Come si costruisce una galleria?

Il lavoro dello scavo di una galleria è particolarmente complesso e vi sono molti fattori da tenere in considerazione. Bisogna infatti avere informazioni adatte riguardo tre diversi punti:

  1. Le caratteristiche geomeccaniche dei diversi ammassi rocciosi e del loro stato tensionale;
  2. L’assetto del sistema idrogeologico sotterraneo e l’eventuale presenza di gas;
  3. Le caratteristiche geologico-strutturali che potrebbero avere un rilievo sulla distribuzione delle tensioni al contorno della galleria, durante e dopo lo scavo

La prima sfida riguarda le caratteristiche geologiche. Passando dalle Alpi esterne – versante francese – a quelle interne – lato italiano – si incontrano tipi di terreno diversi: da quello granulare ricco di depositi alluvionali, a zone rocciose sedimentare, piene di scisti. Lo studio preventivo di questi sedimenti rocciosi è stato fondamentale ed è stato condotto tramite tunnel esplorativi. Hanno estratto circa 65km di carotaggio per consentire un’appropriata indagine geognostica che potesse identificare tutte le specie rocciose.

In particolare, le due caratteristiche principali da valutare sono la discontinuità degli ammassi e la loro resistenza a compressione, cioè la loro capacità di resistere a un carico di compressione. Possiamo studiare e classificare le rocce presenti in un terreno in base a queste proprietà tramite il l’RQD (Rock Quality Designation). Questo indice si basa sulla lunghezza dei campioni estratti. Quindi effettuato il carotaggio si calcola la media dei risultati ottenuti, espressa con una percentuale che arriva fino al 100%.

Tanto più è basso il valore ottenuto tanto più il sedimento roccioso sarà discontinuo e poco resistente. Meno la roccia sarà fratturata più lo scavo sarà stabile e meno a rischio di crollo. Al contrario, gli scisti sono molto fragili e quindi saranno richieste opere di sostegno e consolidamento quali l’arco rovescio e la protezione intensiva (infilaggi) del fronte di scavo.

Dal carotaggio sono stati individuati sette domini rocciosi diversi e in base a questi sono state scelte le tecniche di scavo migliori a seconda della durezza della roccia da attraversare. Nello specifico per il 40% si userà il metodo tradizionale (ovvero con il martellone e l’esplosivo) e per il 60% il metodo meccanizzato, cioè con la Tunnel Boring Machine, o TBM, che estrarrà circa 37 milioni di tonnellate di roccia.

In particolare, Il martello demolitore è una macchina in grado di sfruttare l’energia di un fluido – liquido o gas – sottoposto a pressione in energia meccanica impiegata per portare a rottura un materiale dal comportamento fragile, generalmente da roccia, cemento o simili. Il fluido può essere un olio, e in questo caso si tratta di un martello a spinta di olio, oppure un gas come l’azoto precaricato.

La TBM, nota anche come fresa o “talpa” meccanica, è invece in grado, tramite la testa rotante di 6.70 metri di diametro di cui è dotata, di scavare la roccia. Questa è collegata a un cilindro metallico che chiude la macchina e su cui, ad una estremità, è collegato un contenitore dove al suo interno vengono depositati gli scarti triturati. Poi vengono posizionati su un nastro trasportatore che li allontana dal sito. Il terreno viene tenuto sotto pressione dalla macchina stessa per garantire la stabilità e continuamente irrorato con delle schiume.

Il 50% della roccia estratta sarà impiegato nei siti di costruzione come materiale di riempimento ma anche come aggregato per costruire i conci, ovvero i blocchi di cemento armato di rivestimento del tunnel.

Del posizionamento di questi se ne occupa un braccio meccanico a scavo effettuato. Ogni concio ha la forma di un arco ed è collegato con gli altri tramite dei tasselli per formare un anello.

Uno dei rischi principali sta nella possibilità che vi sia amianto. Il TELTTunnel Euralpin Lyon Turin, società franco-italiana promotrice e responsabile della costruzione e della gestione della futura infrastruttura dal 2015 – ha assicurato che dovesse essercene non uscirà mai dal cantiere e sarà gestito seguendo le rigide norme di sicurezza.

Conclusioni:

Ad oggi è stat svolto solo il 19% dei lavori: dal lato francese hanno costruito le discenderie di Saint-Martin-La-Porte, La Praz, Villarodin-Bourget/Modane, più i pozzi di ventilazione ad Avrieux e 10 km di galleria di base. Dal lato italiano solo il tunnel esplorativo della Maddalena di circa 7km.

Se la TAV converrà o meno lo scopriremo nel 2030. A meno che non decidano di interromperla (scelta che costerebbe ben 2 miliardi). Questo lo scopriremo solo vivendo.

Scritto da Gaia Vetrano.


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