Stolen generation in Australia: di cosa parliamo?

di Emanuele Lo Giudice
5 Min.

L’assimilazione forzata dei bambini indigeni australiani è una delle pagine più buie della storia contemporanea. Di cosa parliamo?

 È un genocidio culturale tante volte dimenticato quello delle popolazioni aborigene dell’Australia, ferocemente imposto dai governi federali australiani.

Dalla seconda metà del 1800, per un secolo, i bambini aborigeni australiani presenti nello Stretto di Torres vennero forzatamente divisi e allontanati dalle proprie famiglie. Quale fu la motivazione? Ad oggi i motivi sono ancora dibattuti, sebbene prevalga l’idea che la volontà fosse quella di eliminare l’ipotesi di una mescolanza razziale.

Allontanare via gli “half-caste” (termine con accezione negativa per indicare coloro che hanno una discendenza multirazziale) permetteva di “assimilarli” nella cultura della parte bianca dominante sui territori australiani, emarginando la cultura aborigena, considerata dannosa.

Una premessa, come si arrivò alla generazione rubata?

 È nella questione coloniale australiana che rientra il discorso della “generazione rubata”. Gli scontri tra bianchi e aborigeni si susseguirono sin dai primi momenti dell’occupazione e colonizzazione inglese delle terre australiane, formalmente iniziata dal 1770 con la scoperta di James Cook.

Con la perdita del dominio sul continente americano, gli inglesi focalizzarono le proprie mire altrove, stabilendo la prima colonia nel South West Wales. Ritenuta colonizzabile, la “terra nullius” vide la contrapposizione dei colonizzatori agli aborigeni lì presenti, svantaggiati dalle malattie importate e dalle capacità di guerra poco sviluppate. La diminuzione della popolazione locale dell’Australia si legò alla volontà di assimilare la cultura indigena, in modo tale da eliminarla completamente.

Sebbene gli aborigeni considerati “puri” rimanessero emarginati, i discendenti dell’unione tra aborigeni e bianchi vennero allontanati dai propri nuclei familiari e inglobati a forza nella cultura britannica. La perdita della propria cultura e della propria lingua tranciava di netto il legame ancestrale con le terre australiane, ritenuto vitale dalle popolazioni autoctone. Se nell’ideologia colonizzatrice europea rientrava infatti il concetto di proprietà, nella cultura aborigena questo non esisteva, essendo principale invece il legame d’origine con la terra di nascita.

L’Aboriginal Protection Act del 1869

L’Aboriginal Protection Act stabilì nella colonia della Virginia in Australia la regolamentazione della vita degli aborigeni. Matrimonio, proprietà, prole e vita quotidiana venivano ora regolati dal Consiglio di protezione aborigeno.

Seguì la collocazione degli indigeni nelle riserve e l’ampliamento della regolazione della loro vita da parte del Consiglio. L’articolata struttura di istituzioni regolatrici andavano a dividere la parte dominante dagli autoctoni, ormai territorialmente concentrati e lasciati al proprio destino.

Importante fu la “stolen generation” e il tentativo di questo di eliminare completamente i legami tra i colonizzatori e gli aborigeni. I bambini “misti” inseriti e cresciuti nella cultura bianca toglievano alla popolazione autoctona la possibilità di sopravvivenza, essendo ormai quasi completamente anziana. Secondo gli storici australiani (come R. Broome) era infatti questa l’intenzione del colonizzatore, mescolare i “mezzi-casta” con la bianchezza, lasciando alla morte l’aborigeno puro.

L’Australia chiede scusa, la storia non dimentica

L’allontanamento dalle famiglie aborigene perdurò fino agli anni ’70 del XX secolo, arrivano a numeri superiori ai 100mila casi. Solo nel 1997 si iniziò a parlare, a livello governativo, della questione, con la presentazione di un rapporto chiamato “Bringing them home“. Rendere noti i traumi subiti dalle popolazioni autoctone australiane portò il Primo Ministro australiano Rudd a chiedere ufficialmente scusa nel 2008, mettendo definitivamente un punto a quella storia tanto atroce quanto impensabile.

In Australia la pesantezza della colonizzazione si continua comunque a sentire, come storicamente è successo e succede tutt’oggi nei territori che hanno vissuto tali ingiustizie. L’emarginazione e la reclusione agli estremi della società è presente ancora adesso, non essendo completamente superata quella divisione che pone aborigeno e bianco su due piani differenti.

Scritto da Emanuele Lo Giudice


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