“La Socievolezza” di George Simmel: è ancora possibile applicarla?

di Alessia Agosta
5 Min.

Dare interpretazioni diverse alle situazioni che si vivono quotidianamente può aiutare a scovare nuovi lati che prima restavano nell’ombra, o sottovalutati.
La teoria della “Socievolezza” di George Simmel risale a più di cento anni fa, però potrebbe suggerire qualcosa sulla società odierna e permetterne una nuova spiegazione.

George Simmel e la sua società

Conosciuto soprattutto per l’attenzione quasi spropositata ai dettagli della vita quotidiana, il sociologo tedesco ha parlato per la prima volta di socievolezza in un congresso nel 1910. Solo nel 1911 il suo lavoro è diventato un vero e proprio saggio.
È necessaria una premessa per poter comprendere nella sua totalità la teoria di Simmel, ovvero il contesto in cui è stata sviluppata. Il sociologo ha vissuto nella Berlino della seconda metà degli anni ’80 fino alla prima metà degli anni ’90, quindi una città metropolitana che ha vissuto un esponenziale crescita demografica dovuta all’immigrazione. La metropoli diviene quindi un luogo in cui le persone sono senza radici, quindi che possono “creare da 0”. Notiamo che il termine stesso “metropoli”, oggi, indica proprio un luogo di cui tutti e nessuno si sentono parte, per la sua natura intrinseca dove l’oggettivo sovrasta il soggettivo.
È allora che Simmel interpreta questa modernità come una destabilizzazione, in cui sono tutti privati del loro spirito soggettivo.

La socievolezza

Secondo George Simmel, la società è nata solo grazie alle interazioni, perché l’uomo, come altre specie, poteva decidere di non creare rapporti.
Con socievolezza si può indicare il momento in cui le persone decidono di creare uno scambio comunicativo. Molto semplicemente, l’atto di relazionarsi con l’altro.
La sottigliezza dello studio di Simmel sta nell’individuare, nel momento in cui si crea socievolezza, il distacco totale dalla realtà, per lasciare spazio alla nuova realtà, al nuovo ambiente creato proprio da questo tipo di interazione, in cui gli interlocutori non sono loro, con la loro personalità, ma due conversatori.
Difatti, i tre assunti di base della teoria sono: l’esclusione della soggettività, avere come obiettivo la conversazione stessa e trasformare la vita in un’attività ludica.
È altresì necessaria la sospensione di sé, spezzare il continuum tra le diverse identità, per creare e formare l’Io sociale, capace di intrattenere conversazioni per il puro gusto di farlo. 

socievolezza di George Simmel della società

Superficialità o planare sulla realtà?

È qua che serve un attimo di attenzione in più, in quanto il sociologo non intende assolutamente suggerire di intrattenere una conversazione basata sulla superficialità, bensì allontanarsi dalla pesantezza della vita e dal proprio Io per diventare un conversatore che parla con l’interlocutore con il solo scopo di creare società.
Va da sé che questa situazione può crearsi solo dopo aver accantonato le differenze individuali; la socievolezza funziona se si sospende ciò che diversifica. Simmel fa sapere che ciò è favorito nei gruppi più numerosi, poiché è più facile che l’individuo si sente spersonalizzato. In contesti come questi, dove viene meno la parte soggettiva delle persone, ciò che accomuna è il fatto di essere lì, rendendo stimolante lo star insieme, la socievolezza.
La socievolezza non è una finta riproduzione della realtà, ma una realtà a parte, dove non c’è più l’Io inteso come persona dotata di sentimenti, emozioni, idee, ma l’Io sociale. Identità individuale e collettiva possono viaggiare su due binari paralleli.
Questo “gioco”, obbedendo solo a regole proprie, permette di vivere la vita con più leggerezza: gli scambi comunicativi tra un interlocutore e un altro avvengono sempre in un’atmosfera giocosa.
La sociologa Gabriella Turnaturi propone un bellissimo paragone tra Simmel e Italo Calvino: lo scrittore interpretava la leggerezza non come un distaccarsi dalla realtà, ma depurare la realtà dalla sua pesantezza. 
In definitiva, è più importante comunicarenon cosa si comunica, perché la comunicazione diventa il mezzo e il fine della socievolezza.

Nella società di oggi

La società di oggi sia assai diversa da quella presa in esame da Simmel, ma ciò non toglie che vi possano essere dei punti in comune.
Applicare la Socievolezza, in una società narcisista come la nostra, potrebbe rendere la comunicazione meno pesante, eludere fastidi che possono insorgere quando si ha a che fare con persone individualiste. Mettendo da parte il proprio Io, inoltre, si intratterrebbero conversazioni basate esclusivamente sul rapporto di reciprocità tra i due conversanti, rendendo il tutto più società. Distaccarsi dalla propria interiorità aiuta ad apprendere nuovi valori etici e, ironia della sorte, a creare una società più unita.
A furia di far valere le individualità, la società, intesa come insieme di persone sociali, appare più distante che mai.


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