SaturDie Ep.6 – Olgiata: la morte della contessa

di Gaia Vetrano
Pubblicato: Ultimo aggiornamento il 19 Min.

Nella storia del delitto dell’Olgiata la realtà si avvicina molto al cliché. Vi è mai capitato di dire che la colpa è del maggiordomo? Facciamo prima un passo indietro.

Se avete mai giocato a Cluedo, questo caso vi sembrerà particolarmente familiare.

È un afoso inizio luglio e a Roma, nella sontuosa villa Mattei-Filo della Torre, all’Olgiata, c’è fermento. Inservienti, giardinieri, cuochi e domestiche vanno e vengono per preparare la festa del decimo anniversario delle nozze dei proprietari, il costruttore Pietro Mattei e la contessa Alberica Filo della Torre. A bordo piscina, tra i salici, i cipressi, gli alberi da frutto e il giardino, si prospetta una grande celebrazione, dato anche l’impegno dei dipendenti della famiglia per l’evento. Una mattina come tante, in un microcosmo isolato dalla Capitale, abitata da individui che non ricercano il losco, né tantomeno il proibito. Lontani dal caos, lontani dai guai. Forse.

Tutto fila liscio secondo i piani. Eppure, dove occhi indiscreti non possono arrivare, si consuma una tragedia. Il calendario segna il 10 luglio 1991.

Quello che doveva essere il luogo perfetto per una festa di mezza estate diventa la scena di un crimine che richiederà venti anni per essere risolto.

La contessa segue già dalle sette del mattino i preparativi ma l’orologio segna le 9.15 quando la cameriera Violeta Apaga e la figlia Domitilla bussano alla porta della sua camera e lei non risponde. Le due si preoccupano, ma decidono di aspettare un’altra ora. Alle dieci la domestica si presenta nuovamente sull’uscio della stanza di Alberica. Anche questa volta rimane in silenzio. La porta è chiusa dall’interno, quindi Domitilla recupera la chiave di riserva ed entra.

La contessa è sdraiata sul pavimento. Indossa ancora la camicia da notte. La sua testa è avvolta da un lenzuolo e tutto attorno a lei c’è sangue. Il suo sangue.

Il killer si macchia anche di un furto: mancano alcuni gioielli. Più precisamente un collier e un anello da ottanta milioni di lire.

I presenti chiamano le forze dell’Ordine e sul luogo si precipita anche l’amico Michele Finocchi, funzionario del Sisde, il servizio segreto civile. La magistratura apre un’inchiesta e del caso se ne occupa il pubblico ministero Cesare Martellino.

In una Roma ancora scossa dalla morte di Simonetta Cesaroni, ventunenne di Cinecittà, il cui cadavere era stato trovato un anno prima in via Carlo Poma e di cui non era ancora stato scoperto il colpevole, viene aperto un nuovo caso, che alla storia passerà come il delitto dell’Olgiata.

Chi è Alberica?

Alberica è di una bellezza sfacciata. Ha una grande passione per l’arredamento e una vita alle spalle piena di lussi. È figlia del contrammiraglio Ettore Filo della Torre e della duchessa Anna del Pezzo di Cajanello, donna nota alla cronaca perché impegnata nel sociale tramite raccolte fondi. Di diritto membro del ramo dei conti di Torre di Santa Susanna, dopo il debutto in società, Alberica viene contesa da un sacco di uomini.

Tutti la adorano per la sua beltà: ha la pelle lattea, grandi occhi neri e la chioma corvina. Tra tutti i corteggiatori sceglie Don Alfonso de Liguoro principe di Presicce. I due convolano a nozze e alla cerimonia partecipa la Roma mondana. Ma la storia d’amore tra i due dura poco: si separano e Alfonso, qualche mese dopo, si ammala di leucemia e muore.

Alberica dopo il divorzio si chiude in sé stessa: rifiuta gli inviti alle feste e non mette più piede fuori casa. La famiglia organizza così un viaggio in suo onore: Montecarlo, Londra, New York. Terminata la vacanza Alberica non ne vuole comunque sapere più nulla. Non sa che la svolta è alle porte, e ha il nome di Pietro Mattei. I due si conoscono a una festa dove la contessa era stata obbligata ad andare. Tra l’ex amministratore delegato della Vianini e imprenditore edile e Alberica è subito colpo di fulmine. Il 10 luglio 1981 i due si sposano. Insieme avranno due figli: Manfredi e Domitilla.

Tutto va a gonfie vele nella vita di Alberica. La sua è una famiglia felice. Ma la sua favola altoborghese sta per essere spezzata.
Olgiata

Il giorno che cambiò il microcosmo dell’Olgiata

La mattina del 10 luglio 1991 è senza dubbio speciale.

Nella casa sono presenti, oltre ai due figli, Manfredi e Domitilla, la babysitter inglese Melanie, una coppia di domestici filippini e tutti gli operai assunti per la festa. Ognuno ha le sue mansioni e, alle 8 del mattino, tutta la famiglia si ritrova come da routine per la colazione. Dieci anni sono importanti, e nel giardino c’è già un grande via vai. Agli operai si uniscono anche i figli, che si mettono a giocare assieme sotto gli occhi vigili di Melanie in piscina. Dove i bambini ridono, c’è serenità. Mattei ha invece del lavoro d’ufficio da svolgere, così lascia l’abitazione. Lo scacchiere è completato, o almeno così si pensa.

Nessuno si immaginava che quella sarebbe stata l’ultima mattina in cui avrebbero sentito la rassicurante voce della madre.
Olgiata

Per chi vive all’Olgiata, il caos e il marcio non fanno parte della quotidianità. Per carità, tutti sono costretti a percorrere il Grande Raccordo Anulare per rientrare nella Capitale. Ma poi, a fine giornata, ognuno riprende la sua macchina e ritorna nella propria villa.

Per chi appartiene al microcosmo dell’Olgiata, la vita è cullata dal canto delle cicale. Le giornate sono passate all’ombra dei cipressi, a discutere con l’amico costruttore e imprenditore, magari ascoltando uno dei vinili di tua proprietà. Il clima è riservato e conviviale. Entrando all’Olgiata si abbandona la sporcizia della Capitale. Infatti, quella mattina del 10 luglio, nella villa Mattei-Filo della Torre, bisogna far attenzione a chi arriva dall’esterno.

Alberica rientra nella sua stanza: una spaziosa e aerosa camera da letto. La contessa si toglie la vestaglia, rimanendo in camicia da notte. Poi il silenzio. Qualcuno, approfittando del momento di ritrovo in cucina, si è intrufolato nella camera della donna.

La villa ha i vetri blindati, quindi da fuori nessuno può sentire i rumori che provengono dall’interno. E questo il nostro killer lo sa bene. Del resto, quando la contessa entra nella stanza e lo vede, questa non urla.

Alberica gli chiede cosa stia facendo. Quello potrebbe rispondere, ma sceglie la via più drammatica. Preso dalla collera, colpisce in viso la signora, che sbatte contro il muro. Poi afferra uno dei suoi zoccoli, colpendole ripetutamente il capo. Il sangue finisce dappertutto: tende, tappeto, pavimento.

Alberica prova a resistere, ma tutto è inutile. L’assassino prende le lenzuola del letto e la strangola violentemente. Preme sulla carotide, levandole il respiro.

C’è chi pensa a una rapina andata male, interrotta proprio dall’arrivo della padrona di casa. Forse un tentativo di violenza. I carabinieri azzardano possa trattarsi di un delitto passionale e identificano in Pietro Mattei l’indiziato numero uno.

L’unica certezza per gli inquirenti è che solo una persona vicina alla famiglia poteva entrare in maniera indisturbata per commettere un simile omicidio. In pochi possono permettersi di conoscere dove Alberica nasconde i suoi gioielli. Qualcuno che poteva sapere come entrare nella bellissima e sontuosa villa senza lasciar traccia.

Quel giorno, sebbene l’assassino sia certamente una figura nota alla famiglia, è un intruso. Che non si preoccupa di non fare rumore o di indossare i guanti per non lasciare impronte.

La scena del crimine è perfettamente in ordine, se non fosse per il sangue. Nessun cassetto svuotato, o anta dell’armadio aperta. Niente che faccia intendere l’arrivo di un ladro che in fretta cerca il bottino. Inoltre, al polso della contesa rimane il Rolex, di altissimo valore.

Le indagini del delitto

Un delitto del genere, con le moderne apparecchiature della scientifica, sarebbe stato risolto in poco tempo.

Eppure, negli anni 90’, non ci sono certo gli stessi strumenti di oggi. Ma a creare problemi nelle indagini non c’è soltanto la scarsa capacità di raccogliere dati, ma il tempo eccessivo per far arrivare la scientifica, insieme a tutte le persone che sono accorse sulla scena del crimine prima dell’arrivo delle autorità competenti.

A partire proprio dalla piccola Domitilla, che prova a entrare nella camera per prendere il suo cerchietto. O due operai, che insistono con la domestica per vedere Alberica. Devono parlare con la contessa per verificare insieme che i lavori siano stati ultimati al meglio.

Erano insieme quando la camera viene aperta, e il corpo viene ritrovato.

Oltre ai gioielli, c’è un altro punto su cui i carabinieri devono far luce: la chiave della stanza. Questa manca infatti all’appello, così come il pesante oggetto contundente utilizzato per colpire la contessa in testa, prima di strangolarla con il lenzuolo.

Martellino convoca tutti: figli, parenti e dipendenti. Interroga ognuno di loro, consapevole del fatto che il ladro conosce bene la villa. Sa che le cinque porte sfuggono ai domestici, che i vetri sono blindati e coperti da inferriate, dove si trovano i gioielli nella camera della contessa.

Sette sono i principali sospettati, tutti presenti nella casa quella mattina.

Melanie, la babysitter, nell’istante in cui la contessa veniva uccisa, si trovava nel balcone a fumare mentre guardava i bambini. Poche ore prima era stata licenziata, perché il suo lavoro era ritenuto insoddisfacente. Quello sarebbe stato il suo ultimo giorno. Eppure, sul suo conto non esce nulla. Così viene rimpatriata, uscendo definitivamente di scena.

Il marito, trovandosi fuori casa, viene escluso. Gli inquirenti si concentrano in un primo momento su Roberto Jacono, figlio dell’insegnante privata – anche lei licenziata da poco – dei bambini di casa Mattei-Filo della Torre, un giovane con alcuni problemi psichici. Per l’opinione pubblico è perfetto. Eppure, il suo nome viene fuori dopo mesi di ricerche.

Olgiata
Manuel Winston Reyes

Roberto frequenta i bar della Roma centro, tra disoccupati e fumatori incalliti, o fan del calcio professionisti della nullafacenza. Negli anni precedenti aveva ricevuto una multa per atti osceni in luogo pubblico – aveva urinato sull’orlo della strada – ed era stato coinvolto in una rissa con un giocatore di biliardo in un locale. Per questo motivo la madre lo portava con sé a casa di Alberica, per tenerlo d’occhio.

Il ragazzo violento e problematico è il capro espiatorio perfetto.

I tabloid non cercano altro che questo: un nome da far proprio come titolo di copertina dell’omicidio della Roma lussuosa e sfarzosa. Interessa vendere e spettegolare sulla tragedia che distrugge la coppia perfetta.

In casa di Roberto sono trovati dei pantaloni con delle macchie di sangue incrostato: la prova madre, per la Procura. Il giovane folle che, preso dalla rabbia, si intrufola in casa in cerca di soldi e commette un omicidio.

Oltre a lui anche Manuel Winston Reyes, domestico filippino. Ex-maggiordomo della villa, ha rapporti quotidiani con la famiglia, tant’è che Alberica gli aveva prestato un milione di lire. Proprio per questo motivo avevano recentemente litigato molto animatamente, visto che questo denaro non gli era più tornato indietro.

Il test del DNA scagiona Roberto, che scende dalla giostra mediatica. Il sangue sui suoi pantaloni non è quello di Alberica. Sul suo cadavere non spuntano neanche tracce del DNA di Winston.  

I mesi passano. Marcellino ordina dei rilevamenti di impronte digitali sotto le unghie e le suole delle scarpe dei presenti quel giorno. Ma ciò non basta a trovare un colpevole.

Olgiata

Olgiata: i buchi neri dei fondi del Sisde

Tutti i nodi vengono sempre al pettine, compresi i fondi mancanti. Parliamo del SISDE. Si tratta della notizia perfetta. Quella necessaria a smuovere le acque di nuovo.

Uno dei momenti apicali della drammatica stagione che segnò la fine della cosiddetta “prima repubblica” si registra nel 1993. Vengono alla luce dei buchi nei libri contabili del servizio civile segreto: 14 miliardi di lire, sottratti al bilancio del SISDE e depositati a favore di cinque funzionari. Altri 35 miliardi di lire vengono poi individuati a San Marino.

Un’ingente parte era stata usata per pagare la costituzione di un’agenzia viaggi, usata per i viaggi dei membri del SISDE, la Scilla Travel, nata dalle ceneri della vecchia Miura Travel, di proprietà al 60% di Michele Finocchi, amico di Mattei.

Alberica possedeva proprio dei conti svizzeri a nome suo per conto del marito. Così nel 93’ si apre una nuova pista. Mattei è collegato agli affari del SISDE? Perché Finocchi arrivò subito sul luogo del delitto? Pietro avrebbe potuto uccidere la moglie per i soldi?

I due vennero interrogati nuovamente ma nulla da fare. Hanno alibi d’acciaio. Finocchi era in villa per prendere una giacca scordata da Pietro.

Sul delitto dell’Olgiata cala nuovamente l’ombra. Rimangono solo due famiglie, quella di Alberica e quella di Jacono, distrutte. La prima per il dolore della morte della donna, venduto ormai per quattro lire nei giornali. La seconda a causa del marchio che era stato affibbiato, per colpa delle accuse errate, al povero Roberto.

Italo Ormanni, nuovo procuratore, constata l’innocenza dei conti di Alberica. Questi non sono legati allo scandalo del SISDE.

Olgiata
Michele Finocchi

Olgiata: i risvolti del 2008

Eppure, Mattei non si arrende. Passano anni.

Arriviamo al 2008. L’ormai stanco Pietro chiede altri test per il DNA, date le nuove scoperte scientifiche sul campo. Riesaminano così le lenzuola, che ora sono in grado di parlare e di raccontare la verità sul caso.

Il nuovo PM Francesca Loy affida al RIS il compito di analizzare anche l’orologio, il famoso Rolex. Vengono così ritrovate le tracce di Manuel Winston.

Non solo, ma viene constatato che avrebbero potuto incastrare l’assassino molto tempo prima se solo avessero ascoltato le registrazioni delle sue conversazioni telefoniche. In una di queste il filippino dichiara a un ricettatore di essere interessato a vendere i gioielli rubati alla contessa.

Quando lo arrestano, Winston è impassibile. Dopo tutti questi anni, non pensa neanche sia possibile che lo stiano arrestando per il delitto dell’Olgiata, quartiere per cui ha lavorato per anni.

Nonostante le accuse di omicidio, riesce negli anni successivi al crimine a reinventarsi, arrivando a lavorare addirittura per Montezemolo. Con sua moglie è felice. Addirittura, secondo quanto affermato dalla donna durante gli interrogatori, Winston non le disse mai nulla che potesse provare la sua colpevolezza.

Per anni conservò il segreto dell’omicidio di Alberica. Come se non si fosse mai pentito. Non vacillò mai. Quanto è labile il confine tra bene e male? Non lo sapremo mai, ma sappiamo quanto può essere grande l’abisso che li contiene. E Winston, dopo essersi macchiato le mani, vi sprofonda all’interno.

Questo non per l’atto in sé, ma per il tempo con cui è riuscito a conviverci in pace.

Il 9 ottobre del 2012 viene condannato definitivamente a 16 anni di carcere, ma nel 2021 grazie a un indulto e alla liberazione anticipata, viene liberato.

Il delitto dell’Olgiata ha finalmente un assassino.

Scritto da Gaia Vetrano.


Le foto presenti in questo articolo provengono da internet e si ritengono di libero utilizzo. Se un’immagine pubblicata risulta essere protetta da copyright, il legittimo proprietario può contattare lo staff scrivendo all’indirizzo email riportato nella sezione “Contatti” del sito: l’immagine sarà rimossa o accompagnata dalla firma dell’autore.

Articoli Correlati