SaturDie Ep.4 – Il violento massacro del Circeo

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Corre l’anno 1975 e nel Circeo, a Roma, si consuma uno dei più efferati crimini del dopoguerra.

Donatella Colasanti vive nel quartiere popolare romano della Montagnola. Ha diciassette anni e nella vita studia. Come tutte le ragazze della sua età ha tanti sogni nel cassetto e il desiderio di diventare indipendente. Rosaria Lopez ha invece diciannove anni e fa la barista a tempo pieno. Sono due ragazze semplici, che sognano grandi gesti d’amore.

Torre Fungo

La distinzione tra pariolini e boro fa da sempre parte della storia di Roma. L’egemonia del potere appartiene a una piccola cerchia, che si muove credendo di far leva sull’impunità sociale. Parliamo dei giovani ricchi sempre in polo e pantalone, che girano a bordo del nuovo modello della Fiat, con vistosi orologi al polso, gli occhiali a specchio Ray-Ban, millantatori di ville da sogno e il sorriso sul volto di chi sa di avercela fatta.

Donatella e Rosaria sono amiche da molto quando una conoscenza che hanno in comune le invita alla Torre Fungo dell’EUR per presentargli due di loro, Angelo Izzo e Giovanni Guido. Questi fanno subito una bella impressione sulle giovani: sono sorridenti, affascinanti e ai loro occhi educati.

I due appartengono alla “Roma bene”, quella descritta da Carlo Lizzani. Membri dell’élite altolocata narrata da quest’ultimo, che all’apparenza si mostra rispettabile ma che in realtà nasconde tutto il marcio della società capitolina. Perché nell’estremismo convivono assieme tipi umani diversi. E la loro apparente tranquillità non impedisce, ma quasi incoraggia, agli atti di violenza più disumani.

Izzo, Guido e il terzo, Andrea Ghira non sono da meno. Insieme invitano le due a una festa, ma si tratta di un inganno. Quando Donatella e Rosaria accettano non sanno ancora di star passando alla storia come le vittime del massacro del Circeo.

Chi sono Izzo, Guido e Ghira, i fautori del massacro?

Angelo Izzo

La legge conosce già Angelo Izzo: un anno prima aveva violentato due ragazzine e perciò era stato condannato a due anni e mezzo di reclusione, mai scontati a seguito di sospensione condizionale della pena. Dei tre è sicuramente il più sadico e studia medicina e chirurgia alla Sapienza, anche se frequenta saltuariamente.

Suo padre è un costruttore e la madre, laureata in lettere, si occupa della famiglia. Ha vent’anni e vive nel quartiere Trieste, al confine con i Parioli. Pratica sport e a tredici anni entrò a far parte della Giovane Italia, un’associazione studentesca del Movimento Sociale Italiano.

Al liceo conosce Giovanni Guido, con cui si era macchiato di atti di bullismo e angherie nei confronti dei suoi compagni al San Leone Magno. Un professore della Cattolica gli aveva infine diagnosticato una nevrosi maniacodepressiva per ipo – sviluppo dell’organo sessuale.

Giovanni, detto Gianni, è uno studente di architettura di diciannove anni, figlio del più noto Raffaele Guido, professionista di banca del quartiere Trieste. Insieme a Izzo aveva commesso una rapina a mano armata che gli era costata venti mesi nel carcere di Rebibbia. È indifferente alla politica e si lega particolarmente al ventiduenne Andrea Ghira.

Quest’ultimo è il figlio dell’amato imprenditore edile Aldo Ghira. Fin dagli anni del liceo classico Giulio Cesare si lega all’ambiente della destra estrema e diventa ammiratore del capo del Clan dei marsigliesi, un’organizzazione di stampo mafiosa nata a Roma due anni prima, Jacques Berenguer. Ha alle spalle una prima condanna per manifestazione sediziosa, minaccia a mano armata e lesioni aggravate. E poi due anni prima, nel 1973, era stato condannato a cinque anni per rapina aggravata e violazione di domicilio, di cui sconterà pochi mesi.

Nonostante l’aspetto e l’aria pulita, sono violenti, feroci e sadici. Si fa fatica a pensare nella società odierna che coloro che hanno già la ricchezza, la fama o l’amore della propria famiglia, possano commettere crimini viscidi e malati. Tutti e tre cercano un modo per festeggiare la prematura uscita di prigione di Ghira. Bramano alcool, droga e la compagnia di alcune ragazze di bell’aspetto.

Le torture di Donatella e Rosaria:

Izzo e Guido, incontrate Donatella e Rosaria, non perdono la loro occasione. Sono due ragazze di borgata, semplici, sorridenti e innocenti. Le invitano a una presunta festa che si sarebbe tenuta a casa di un loro amico a Lavinio, frazione di Anzio, e le dicono di portare un’amica. Le due accettano, convinte di poter passare una serata spensierata e felici di aver conosciuto quelli che potrebbero essere i loro principi azzurri. Così si danno appuntamento per il 29 settembre davanti alla Torre Fungo.

Fiat 127

A presentarsi sono soltanto loro due, la terza all’ultimo decide di non unirsi alla comitiva. I due ragazzi sono puntuali: non fanno aspettare di un minuto di troppo Donatella e Rosaria. A guidare è Guido con la nuova Fiat 127 bianca presa in prestito dal padre, che in quei giorni era fuori Roma per lavoro. Donatella e Rosaria entrano in macchina e subito partono, alla volta del Lavinio.

Delle due, è Donatella a rendersi subito conto che qualcosa non va. I ragazzi prendono infatti una strada diversa. Sono le 18.20 quando arrivano a Villa Moresca, una dimora di proprietà della famiglia di Ghira, situata nel comune di San Felice Circeo. Villa a tre piani con vista mare, un giardino spazioso e molto isolata. Notata la confusione, Izzo e Guido gli dicono che dovevano prendere il loro amico Andrea e che poi si sarebbero diretti verso la festa.

Le due li seguono in casa, dove rimangono per un paio di ore a chiacchierare e ascoltare musica. Di Ghira ancora nessuna traccia.

A un certo punto la favola di Donatella e Rosaria si trasforma nel vero incubo. Guido e Izzo cominciano a fare avanti avances sessuali che pian piano diventano più pretenziose, fino a quando uno dei due esce fuori una pistola. Strappano loro i vestiti di dosso e le minacciano. Entrambi urlano di far parte del Clan dei Marsigliesi e che il loro capo Jacques – cioè Ghira – gli aveva ordinato di rapire due ragazze.

Nonostante i tentativi, è impossibile resistere alla furia e alla violenza dei due ragazzi, che le rinchiudono in bagno tra sevizie e bastonate. Rosaria perde la testa in preda al panico, mentre Donatella tenta di rassicurarla, ma non basta per muovere a compassione gli animi dei due. A questi si aggiunge Ghira e per un intero giorno e una notte molestano le due, massacrandole di schiaffi e insulti.

A turno Donatella e Rosaria sono tirate fuori dal bagno e vengono sottoposte ai peggiori soprusi e perversioni. Danno loro delle pezzenti, delle accattone. Proclamano il loro odio verso le donne, elogiando invece il Clan dei Marsigliesi. Qualcuno prende addirittura una siringa, drogandole.

Izzo addirittura finito il suo turno da aguzzino si riveste e torna a casa dai suoi per l’ora di cena, per poi ritornare dai suoi amici a Villa Moresca.

Rosaria Lopez finirà affogata per mano di Ghira nella vasca da bagno del piano di sopra, rimanendo inghiottita nell’incubo del Circeo. Tra le due era quella che opponeva di più resistenza, dovevano liberarsene. Donatella invece sfrutta le sue doti di attrice. I tre provano prima a strangolarla con una cintura, senza alcun risultato. In un momento di loro distrazione riesce a scappare e prendere in mano il telefono per chiamare la polizia, ma viene riacciuffata e colpita a sprangate con una mazza di ferro. A quel punto la ragazza casca a terra e finge di essere morta.

Giovani Guido

Ai tre rimane il compito di disfarsi dei loro corpi: le infilano nel portabagagli della Fiat 127 imballate nella plastica e ripartono lasciandosi la villa del Circeo alle spalle, diretti verso Roma. Arrivati nei pressi di casa di Guido gli viene però fame, e si fermano quindi per una pizza. Si recano quindi in viale Pola, nel quartiere Trieste, lasciando la vettura parcheggiata.

A quel punto, Donatella comincia a urlare, seppur sotto shock. Sbatte ripetutamente le mani sulle pareti dell’auto, gridando a più non posso. L’orologio segna le 22.50 del 1° ottobre quando una guardia giurata in pensione sente i lamenti della ragazza e avverte i carabinieri. Da lì a poco una volante si reca sul posto, liberandole.

Donatella viene portata subito in ospedale. Ha il volto tumefatto, gli occhi azzurri pieni di shock e mormora frasi sconnesse. Insieme a lei una storia macabra da raccontare, che entra di diritto tra le pagine più oscure della storia del nostro paese. Le diagnosticarono diverse ferite gravi e la frattura del naso, con prognosi di oltre trenta giorni, oltre ai gravissimi danni psicologici.

Dalla targa si risale subito a Guido e poi ai suoi due amici. Izzo e Guido vengono arrestati entro poche ore, mentre Ghira, riesce a scappare, lasciando una lettera ai compagni, in cui gli assicura che avrebbe ucciso lui stesso Donatella se avesse parlato. Per lui, ciò che è successo al Circeo rimane al Circeo.

Il processo e i mesi successivi al massacro del Circeo

Gesualdo Simonetti, maresciallo dei Carabinieri, con l’aiuto della sopravvissuta Donatella, ricostruisce le dinamiche del massacro del Circeo.

La Colasanti si costituisce come parte civile del processo insieme a molti movimenti femministi e la segue l’avvocata Tina Lagostena Bassi. Il 29 luglio 1976 arriva la sentenza in primo grado: Gianni Guido confessa subito di aver preso parte al massacro e fa i nomi dei due compagni. Sono condannati all’ergastolo senza alcuna attenuante Izzo e Guido e, in contumacia, Ghira.

Quest’ultimo è infatti latitante in Spagna, dove si arruola con il nome di Massimo Testa de Andres nel Tercio (legione straniera spagnola). Sarà espulso nel 94’ per abuso di stupefacenti. Nel 2005 sarà riesumato un cadavere a Melilla che si attribuirà proprio a Ghira, morto lì per overdose.

Durante i mesi passati in carcere Angelo Izzo collabora con la magistratura, vantandosi dei rapporti confidenziali che ha con gli altri carcerati di estrema destra. Offre le sue ricostruzioni sulle stragi di piazza Fontana, di Bologna e di piazza della Loggia, sugli omicidi di Mino Pecorelli, Fausto e Aio e Piersanti Mattarella, sulla morte di Giorgiana Masi e su molti altri episodi di terrorismo e di mafia. Alcune versioni ritrovano riscontro, altre no.

Riguardo all’omicidio della Masi riconosce le armi del delitto come di proprietà di Ghira mentre fa i nomi di Valerio Fioravanti e Gilberto Cavallini come colpevoli dell’omicidio Mattarella, membri dei Nuclei Armati Rivoluzionari, movimento neofascista.

Nel 77′ insieme a Guido prova a evadere dal carcere di Latina, prendendo in ostaggio una delle guardie carcerarie. Ci riprova undici anni dopo da Paliano. Ci riesce nel 93′, approfittando di un permesso premio. Scappa così dal carcere di Alessandria ed espatria in Francia, dove verrà nuovamente catturato.

Guido ottiene invece uno sconto della pena a trent’anni e, dopo il primo tentativo di fuga fallito, ci riprova nuovamente nell’81′, riuscendo a uscire da San Grimignano. Si rifugia a Buenos Aires, dove viene riconosciuto e arrestato. In attesa dell’estradizione, riesce ancora a scappare e raggiunge il Libano. Nel 1994 sarà di nuovo catturato a Panama.

Nel 2004 Izzo otterrà la semilibertà e l’anno dopo si macchierà di un secondo duplice omicidio. Toglierà la vita a Ferrazzano – in provincia di Campobasso – a Maria Carmela e Valentina Maiorano, rispettivamente moglie e figlia di Giovanni Maiorano, ex affiliato della Sacra corona unita, organizzazione criminale di stampo mafioso pugliese.

Sarà nuovamente condannato all’ergastolo.

Essere pariolino a Roma negli anni 70 significa solo una cosa. È il nero che predomina questo racconto. La violenza cieca e bieca degli alti ranghi della società che si scontra contro i più deboli. Contro chi una voce non ha.

Il massacro del Circeo rimarrà nella storia una delle pagine più oscure della Capitale. Una storia di perversione, di sevizie, di stili di vita malati, di classi sociali a confronto e di tanto male, che riflette il macrocosmo violento dell’Italia degli anni di Piombo.

Una di quelle storie che si può raccontare solo di Sabato.

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