SaturDie Ep.7 – Marco Bergamo: il mostro di Bolzano

di Gaia Vetrano
20 Min.

Chi vive a Bolzano sa di essere al sicuro.

Circondata dalle montagne, è stata più volte eletta come la città con la qualità di vita più alta in Italia. È un luogo tranquillo e, tra gli anni 80’ e 90’, non passa sicuramente alla cronaca.

Il vento freddo soffia sopra la placida e soporifera cittadina, dove tutti i giorni gli abitanti si svegliano e svolgono indisturbati le loro routine. Si alzano, fanno colazione, vanno al lavoro, tornano a casa e si addormentano. Le strade sono tranquille. Pochissimo traffico, raramente si formano le code. Le persone tra loro sono diffidenti, non ci si saluta negli angoli delle vie. Operosa ed efficiente.

Tutto scorre. Le stagioni si alternano. La torrida estate lascia il posto all’autunno, che magicamente si tramuta, sotto gli occhi di tutti, nel gelido e nevoso inverno.

Il 3 gennaio è un giorno come tutti gli altri. L’euforia del nuovo anno è ormai terminata: il 1985 è ufficialmente iniziato.

La monotonia sta stretta a Marco Bergamo. È un animale imprigionato. Anche quando sta all’aria aperta, tra le colline e i boschi, si sente comunque in trappola. Seduto nel suo appartamento della periferia non può far a meno che pensare a quanto la sua vita sia noiosa. Bloccato a casa della mamma casalinga, in una città che non è adatta a giovani come lui. Per di più, i suoi coetanei lo evitano e le ragazze lo snobbano.

È proprio così che deve trascorrere la sua esistenza? Con la mamma sempre presente, il padre indifferente e alla ricerca di qualcuno che possa capirlo? Infondo, è una persona estremamente ordinaria, o almeno così crede.

Il 3 gennaio è una giornata come le altre. Maurizia Mazzotta sta rientrando nella sua casa di Via della Visitazione. Anche lei vive a Bolzano, ma quel che fa non è di nostro interesse. Non è lei la protagonista della nostra storia. Aperta la porta della sua abitazione, lo scenario che le si presenta è raccapricciante.

Per la prima volta i peli sulla schiena degli abitanti della città trentina si rizzano. Ma non per il freddo, ma per la paura.

Il corpo di Marcella Casagrande, 15 anni, figlia di Maurizia, giace a terra senza vita. Colpita da una serie di coltellate e uccisa tramite scannamento.

Nel 1985, la città di Bolzano non è più una città sicura. C’è un omicida che si aggira per le strade. Per molti sarà conosciuto come il killer di prostitute. Ma per voi lettori, stiamo parlando del mostro di Bolzano.

Chi è Marco Bergamo?

Quando Marco Bergamo si guarda allo specchio, si chiede per quale motivo quando passa per le strade della città tutti si voltino a guardarlo.

Sarà forse colpa del baffo? Questo è spiovente, perfettamente curato. No, non può esserlo decisamente.

In realtà, Marco pensa di essere un tipo molto affascinante. È interessato di fotografia, silenzioso abbastanza da risultare misterioso e apprezza le lunghe passeggiate. Poi, la grande cultura in fatto di anatomia umana. E infine, la collezione di coltelli, nota solo al padre operaio di nome Renato, che la ignora. Non sa che suo figlio se ne porta sempre uno dietro, per “proteggersi”.

Le donne. Sono loro i soggetti fin troppo superficiali da non comprenderlo. In diciannove anni solo una fidanzata, che per di più lo ha anche lasciato.

Marco non sa che in realtà le voci girano. Per le strade di Bolzano, l’eco rimbomba molto velocemente, specialmente i pettegolezzi. Così, tutti sanno che era stato visto svolgere atti peccaminosi sul balcone con cui sfoga la sua libido repressa.

Ma non è solo di questo che si parla. Marco ha alle spalle un’infanzia difficile. Prima un ritardo del linguaggio da bambino, in seguito i problemi di obesità e la psoriasi, malattia infiammatoria cronica della pelle di origine autoimmune.

All’uscita del portone di casa, non passa inosservato. Alle sue spalle gli danno del maniaco. Qualcuno si nasconde al suo passaggio. Per questo i genitori lo rinchiudono in casa, per proteggerlo.

Ma quando Marco esce il giorno dell’omicidio della sua vicina di casa, nessuno lo nota.

La morte di Marcella:

Marcella Casagrande è una timida adolescente.

Frequenta l’Istituto magistrale e, come ogni quindicenne, ha tanti sogni nel cassetto, che vengono però spezzati nel 1985.

Nel momento in cui il suo corpo viene ritrovato, la sua vita viene passata al setaccio.

Lei è la classica ragazza di buona famiglia. Quella che definiremmo della porta accanto. Quel giorno stava tornando da scuola. Rientrata a casa le aspettavano un sacco di compiti. Così scarica svogliatamente la sua cartella piena di libri, quaderni e desideri sul tavolo.

Solitamente in pochi bussano alla porta del suo appartamento del sesto piano. Per questo, quando suonano il campanello Marcella ne approfitta per sgranchirsi le gambe. Sull’uscio si presenta un soggetto a lei familiare. Non si fida del tutto di lui, ma questo la intima di farlo entrare.

Marcella non sa che nella tasca interna dei pantaloni porta con sé un coltello. E non sa neanche quali siano le sue reali intenzioni. Quando però vede l’ombra oscura nei suoi occhi, capisce che è arrivata la sua ora. Alcune coltellate le trafiggono la colonna vertebrale. Poi il malintenzionato le squarcia la gola, lasciandola in una pozza di sangue.

Quando la mamma la ritrova distesa per terra urla di dolore. Sul tavolo ancora aperto il quaderno.

Chissà se, in punto di morte, Marcella si sia pentita di aver fatto entrare il diciannovenne un po’ timido, annoiato e per niente ordinario Marco Bergamo.

Il killer di prostitute:

Le indagini dei carabinieri per la morte di Marcella non videro mai, nei mesi successivi, il nome di Marco tra gli indagati. Forse perché nessuno si poteva aspettare che l’adolescente escluso con problemi di obesità e psoriasi potesse realmente compiere un simile delitto.

Finalmente aveva trovato qualcosa che riuscisse a farlo svagare. Lui qui aveva il controllo. Nessuna lo meritava realmente, e Marco ne aveva ormai abbastanza della superficialità di quelle oche da giardino delle sue compaesane. Finalmente avrebbero pagato per la sofferenza che gli avevano provocato. A ogni azione corrisponde una reazione uguale e contraria. L’ago della bilancia doveva puntare verso la giustizia, che adesso aveva un nuovo soldato dalla sua parte.

Nei successivi sei mesi Marco sovrasta Annamaria Cipolletti, quarantunenne che lo aveva affascinato grazie alla sua doppia vita. Forse anche lei cercava di evadere dalla noia di Bolzano. Forse anche lei aveva trovato la sua valvola di sfogo.

Di giorno professoressa di inglese della scuola media “Ugo Foscolo”. La notte diventa “Mirella”, escort di lusso in un locale in via Brennero. Marco non la conosce, ma è attratto dal suo essere minuta, indifesa. Eppure Annamaria, in quanto donna, rimane una minaccia. È pur sempre in grado di ferirlo.

Così Bergamo si reca nell’appartamento della donna come suo cliente. Eppure, non è lì per approfittare dei servizi offerti da Mirella. Nella sua tasca ha il suo amato coltello a serramanico, con una lama gelida da sette centimetri e larga un centimetro e mezzo. Bastano dodici coltellate per far prevalere il suo desiderio indomabile di giustizia. Nuovamente sa di avere il controllo. Sa che nessuna donna può fargli di nuovo del male. Annamaria prova a difendersi ma viene colpita anche lei prima alla schiena, poi al petto e infine dritta al cuore.

Nella sicura Bolzano è la seconda donna a perire per mano di Bergamo. Ma non sarà l’ultima.

I sette anni dopo: l’incubo del mostro di Bolzano

Per i successivi sette anni Marco smette di uccidere. Ormai sa di essere in grado di difendersi, ma non ne ha avuto bisogno. Forse perché troppo sotto il torchio dei suoi genitori. Nonostante questo, la coppia sa che il loro figlio è diventato adulto. Non lo possono ostacolare per sempre. Tanto, a detta sua, gli basta solo un auto, per poter girare per la città.

La sua Ibiza è vecchia, odora di stantio. Ma è rossa. E il rosso si sa, è il colore dell’Eros, della tentazione. Ma anche del sangue.

Dall’altra parte, Bergamo aveva ormai iniziato a lavorare come carpentiere. Adesso è un uomo a modo. Di giorno gira in giacca e cravatta dentro la sua Ibiza rossa e guai a chi osa denigrarlo. La sera però si trasforma. Marco comincia a vedersi assiduamente con prostitute ed escort. Nessuna di loro sospetta che possa essere lui ad aver ucciso così brutalmente quelle due giovani donne negli scorsi anni.

Effettivamente le indagini non avevano portato a nulla e il desiderio viscerale di rivalsa di Bergamo si era momentaneamente placato.

Basta poco per minare il suo ego già fragile, che questa volta si frantuma. Perché lui, tra tutti. Perché proprio lui dopo la psoriasi e l’obesità, deve anche sopportare l’asportazione di un testicolo? Non solo non rispecchia i canoni di bellezza moderni. Ma adesso impotente. Per l’ormai venticinquenne è troppo da sopportare.

All’alba del suo ventiseiesimo compleanno è sul punto di esplodere. La madre lo tratta come se fosse un bambolotto con cui giocare. Il padre lo scruta con pietà, come se fosse un cane bastonato. Dentro al suo appartamento del suo civico 72, Marco si sente nuovamente in gabbia, nonostante la ricorrenza tanto speciale. Ma quel mercoledì sera merita di essere festeggiato. In un attimo si alza, ignorando le lamentele della madre ed esce.

Il tragitto è sempre quello. A bordo della sua automobile si sente al sicuro, nonostante questa non la isoli dalle vecchie megere che lo denigrano per la sua ennesima sventura. L’età non importa: sono le donne il problema. Che ti usano come una sigaretta e poi ti gettano via, calpestandoti.

Bergamo va dritto verso il Colle dei Signori. Con la solita indifferenza di tutti i giorni inizia a scrutare le prostitute sul ciglio della strada, mentre giudica e impreca contro il sesso femminile, che non fa altro che respingerlo.

Per le ragazze che lavorano sul Colle dei Signori, il caldo di agosto è troppo intenso. L’unico desiderio è quello che l’estate termini in fretta. Tra queste c’è Marika Zorzi, di Laives, una forestiera. Si potrebbe dire in cerca di fortuna. In realtà guarda ormai il mondo con svogliatezza, maledicendo sé stessa e quelle sostanze di cui è dipendente e che le fanno dimenticare di avere il controllo del suo corpo.

Bolzano, troppo gelida nelle emozioni, non va bene a Marika, che si trova lì solo per necessità. Lei vispa, diffidente. Gli avventori di quelle zone li guarda con riserbo, soprattutto in quegli ultimi mesi, in cui non si faceva altro che parlare del famoso killer di prostitute.

Quella sera la donna è sola. Le sue “colleghe” non ci sono, ma lei non ha comunque paura. Spera che il famoso “mostro” non si aggiri quella notte.

Marco, appena la vede, si rende subito conto che è lei quella giusta. È piccola, minuta. Eppure lo fissa sfacciatamente, come se lo stesso giudicando. Bergamo accosta la macchina e la fa salire a bordo, con la speranza che non sia come le altre. Che lei sia diversa. Si augura che non le importi solo del suo corpo, ma che abbia il desiderio di conoscerlo.

Marika e Marco si incontrano, ma i due sono in cerca di qualcosa di diverso. Marika non ricerca la poesia, il tempo non le basta e non glielo consente. Non è interessata a trovare l’amore nelle pendici del colle di Bolzano, tantomeno se con il bizzarro Bergamo, che si rende conto della freddezza della donna. Questa tronca i discorsi, preoccupata dallo squallore del contesto, poco rassicurante.

Nonostante la luce fioca dell’illuminazione stradale, Marika scruta gli interni dell’auto. Si rende conto della puzza di stantio e delle muffe. C’è del marcio in Bergamo, ma ormai è troppo tardi.

La ragazza ora vuole solo scendere dalla vettura: capisce di essere in trappola. Ma per sua sfortuna sceglie la tecnica peggiore. Ricorre alla parola, imprecando contro l’uomo. Per Bergamo, Marika si rivela come tutte le altre, che giudica. Che lo addita come il maniaco. Come il guardone. Che gli dà dell’impotente.

Quello che doveva essere il regalo perfetto per la notte del suo compleanno si rivela nell’ennesime due di picche. Un nuovo fallimento in ambito amoroso in grado di riaprire una ferita nell’ego dell’uomo che non si è ancora cicatrizzata. La sua serata è rovinata. Umiliato poco prima del suo compleanno. Maltrattato nuovamente da una donna che, insensibile e malvagia, pensa solo al suo tornaconto e mai alle sensibilità altrui.

La mano di Marco affonda nella tasca dei pantaloni e si ricongiunge dal confortevole manico del suo coltello, che sembra quasi essere stato fatto apposta per il suo palmo. Marika è voltata: sta provando a forzare la sicura dello sportello e non si rende conto che sta per essere colpita a morte. La prima coltellata viene inflitta nella schiena.

L’urlo della donna squarcia il silenzio del colle e rimbomba incontrastato nella valle. Nessuno è però in grado di comprendere la richiesta d’aiuto e il grido si confonde al verso delle cornacchie.

La donna si aggrappa fino alla fine alla vita: usa calci e pugni, necessari soltanto a scardinare pezzi della carrozzeria dell’auto, mentre il suo sangue sgorga e impregna i sedili e i tappetini.

L’Ibiza è rossa come il sangue. Quello di Marika.

L’arresto del mostro di Bolzano:

Il corpo di Marika, dopo la notte del 6 agosto 1992, viene ritrovato seminudo nel colle.

Lacerato da ventisei fendenti. Insieme ad alcuni pezzi dell’auto, tra cui un deflettore antiturbolenze, che consentono alle forze dell’Ordine di risalire alla marca. Inizia la caccia all’uomo.

Il sangue della lucciola ha imbevuto ogni angolo della macchina. Bergamo è nel panico, così decide di intagliare il sedile del passeggero e strappare via l’imbottitura. Rimane così, sudato e sporco, dopo essersi separato di ciò che rimaneva di Marika come spazzatura.

Alle sei del mattino Marco si trova nella frontiera di Bolzano quando viene fermato dalla Polizia, che ritrova nell’auto il portafogli della prostituta e i suoi vestiti. Quando l’uomo scende dalla macchina porta un paio di calzoncini corti e trema leggermente.

Marco Bergamo è arrivato al capolinea.

Messo alle strette è costretto a confessare. A casa sua ritrovano non solo riviste porno, ma anche la mappa che segna la distanza tra la casa del serial killer e l’Istituto magistrale che frequentava Marcella Casagrande.

La polizia riesce finalmente a collegare tra loro i vari casi. Bergamo viene accusato di aver commesso anche gli omicidi di due prostitute: Renate Troger18enne tossicodipendente adescata mentre chiedeva l’autostop e prima di lei Renate Rauch, ventiquattrenne, il cui corpo era stato ritrovato insieme a un messaggio:

“Mi spiace, ma quello che ho fatto, doveva essere fatto e tu lo sapevi: ciao Renate. Firmato M.M.”

E’ proprio questo biglietto, ritrovato sulla bara di Renate nel cimitero di Bolzano, a consentire ai procuratori di affibbiare l’omicidio a Bergamo, che aveva avuto bisogno di firmare il suo stesso delitto. Come un’opera d’arte.

Adesso tocca un’ultima grande sfida: Marco era o meno capace di intendere e volere? La risposta è . Per decidere, il giudice Rispoli aspetta la risposta dei tre professori a tre professori, Ponti, Fornari e Bruno, i quali giunsero alla conclusione che:

“Bergamo è giunto alla perversione estrema: l’omicidio per godimento. Dopo il primo assassinio ha scoperto che uccidendo appagava il suo piacere, e nello stesso tempo distruggeva l’oggetto temuto e odiato: la donna. […] Per Bergamo, uccidere rappresentava ormai l’estrema perversione sadica, la modalità più forte per possedere la donna”.

Dei cinque omicidi, Bergamo ammise di averne commessi solo tre, negando quelli di Renate Troger e Annamaria Cipolletti.  

Il chiuso, quasi mai felice, a volte scontroso e irritabile, poco o affatto portato per le amicizie Marco Bergamo viene condannato a quattro ergastoli e trent’anni di reclusione. Morirà nel carcere di Bollate, Milano, per un’infezione polmonare il 17 ottobre 2017 a cinquantun anni.

Il padre di Marco, per la vergogna, si suiciderà nella soffitta di casa.

Una famiglia che di ordinario aveva decisamente ben poco rimane per sempre la famiglia del mostro.

Nella placida Bolzano può finalmente ritornare la pace.

Scritto da Gaia Vetrano


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