Questo articolo nasce da una riflessione: quante volte incontrando una persona le abbiamo cucito addosso un pregiudizio? E quante volte abbiamo sofferto perchè quell’abito lo hanno cucito addosso a noi?
Questa è la storia di un ragazzo soffocato da i pregiudizi, così schiaccianti che Malpelo, ad un certo punto, crede di essere così come lo raccontano.
Inquadriamo l’opera….

Rosso Malpelo è una novella dello scrittore catanese Giovanni Verga, esse è pubblicata per la prima volta su Il Fanfulla nel 1878, due anni dopo verrà inserita nella raccolta Vita dei campi.
La novella si inquadra pienamente nel Verismo, offrendo uno spaccato sociale crudo della vita lavorativa nelle cave siciliane; l’autore è nascosto, anche se dopo, vedremo come Verga utilizzando magistralmente una tecnica narrativa lascia intravedere il suo punto di vista.
Una realtà ostile fatta di sudore, pregiudizi, sangue, sofferenza e morte in cui la voce narrante incarna la voce giudicante del popolo.
“Malpelo” si chiamava così perché aveva i capelli rossi; ed aveva i capelli rossi perché
Da Rosso Malpelo
era un ragazzo malizioso e cattivo, che prometteva di riescire un fior di birbone.
Rosso Malpelo: il cattivo ragazzo dai capelli rossi

Rosso Malpelo ha i capelli rossi, peculiarità fisica che lo lega alla malvagità demoniaca e che lo rende vittima di pregiudizio popolare ,anche da parte della sorella e della madre.
Egli accetta l’emarginazione e la cattiveria di cui è fatto oggetto perchè è convinto che sia ciò a cui è destinato per natura, per tale motivo rappresenta un “vinto”.
Sicché tutti alla cava della rena rossa lo chiamavano “Malpelo”; e persino sua madre, col sentirgli dir sempre a quel modo, aveva quasi dimenticato il suo nome di battesimo.
Da Rosso Malpelo
Del resto, ella lo vedeva soltanto il sabato sera, quando tornava a casa con quei pochi

Malpelo lavora insieme al padre in una cava di sabbia siciliana, proprio il padre detto “Il bestia “con riferimento alla fatica fisica che comporta la professione che svolge, è una delle poche persone a dimostrare amore al ragazzo.
La sorte del padre è tragica: trova la morte durante una frana di sabbia che lo seppellisce vivo.
Il dolore per il lutto del genitore incattivisce il protagonista che mostra di avere degli atteggiamenti crudeli con chi vive in una condizione peggiore della sua, tra cui il suo unico amico Ranocchio, anche quest’ultimo troverà la morte a causa delle disumane condizioni lavorative.
Malpelo non è cattivo, è solo un ragazzo provato dalle vicissitudini di vita, alle quali reagisce con rabbia, facendo intravedere un grandissimo bisogno d’amore.
Si offre volontario per un’esplorazione nella cava, ma si perde nei meandri di essa. Scompare nell’indifferenza, cadendo nell’oblio di tutta la comunità.
Così si persero persin le ossa di “Malpelo”, e i ragazzi della cava abbassano la voce
Da Rosso malpelo
quando parlano di lui nel sotterraneo, ché hanno paura di vederselo comparire dinanzi,
coi capelli rossi e gli occhiacci grigi.
Rosso Malpelo e la tecnica dello straniamento
Giovanni Verga utilizza due tecniche per rendere l’opera estremamente reale.
La regressione: l’autore persona colta regredisce ala condizione sociale del popolo per rappresentare al meglio la voce di quest’ultimo.
Lo straniamento: questa tecnica narrativa consiste nell’adottare nella narrazione un punto di vista “estraneo” a ciò che viene descritto, il fine è creare delle situazioni paradossali che mettono “a disagio” il lettore, poichè le percepisce lontane dal suo sentire e da quello dell’autore.
In Rosso Malpelo Verga scrive:
“Malpelo” si chiamava così perché aveva i capelli rossi; ed aveva i capelli rossi perché
era un ragazzo malizioso e cattivo
Tale affermazione rappresenta una distorsione logica della realtà manipolata dalla credenza popolare, che legittima il pregiudizio su Malpelo, affermando che ha i capelli rossi.
Come possiamo ben percepire tale assunto ci appare insensato e avulso, dandoci, così la possibilità di riflettere. E dalla percezione del distacco emotivo, infatti, che nasce la riflessione.
Voglio concludere questi 3 minuti di letteratura invitando noi stessi ad incontrare l’altro prima di cucirgli addosso quel maledetto vestito perchè chi abbiamo di fronte vive il dolore, la rabbia, la delusione esattamente come noi e noi, si proprio noi, possiamo con un solo gesto accarezzare o graffiare la sua sofferenza, fare scendere una lacrima o fare nascere un sorriso.
Ogni persona che incontri sta combattendo una battaglia di cui non sai nulla. Sii gentile, sempre.
Scritto da Costanza Maugeri
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Fonti: A tutt’arte, Enciclopedia Treccani