Quella volta in cui Mussolini prese in giro Hitler

di Emanuele Lo Giudice
8 Min.

Una lista con richieste draconiane, un’alleanza stretta nel 1939 e l’impreparazione militare del Regno d’Italia allo scoppio della seconda guerra mondiale. Quale fu il tentativo di Mussolini per rallentare l’entrata in guerra del Paese?

Un inganno che servì a poco, forse solo per rimandare di qualche tempo l’entrata in guerra dell’Italia. D’altronde Mussolini lo sapeva bene che una guerra in Europa era inevitabile, arresosi ormai all’idea di poter in qualche modo rallentare il revisionismo tedesco. Hitler mirava all’Europa e mirava in grande, ma nel 1938 fu poca la durezza con cui si cercò di limitarne i danni.

Vittorioso degli eventi del 1938 ed entusiasmato del loro decorso nell’anno successivo, Hitler era pronto a spingersi anche oltre. La Cecoslovacchia era ormai sparita, colpa di una Conferenza in cui l’asse anglo-francese ebbe poco polso, così come l’integrità austriaca, ormai parte del III Reich. Il poco appoggio che Mussolini ebbe dagli anglo-francesi lo spinse ad approcciarsi alla Germania, con la quale, sebbene iniziali attriti dovuti alla questione austriaca, Mussolini strinse un’alleanza nel Maggio del 1939.

Mussolini e Ciano (Ministro degli Esteri) erano ben consapevoli dell’impreparazione militare italiana, certamente al di sotto della potenza tedesca. Con il Patto d’acciaio (Stahlpakt) l’Italia si unì fortemente alla Germania, sancendo l’inizio della fine del Regno.

Mussolini-Hitler: un’intesa non sempre positiva

Nonostante si possa pensare che l’intesa tra Mussolini e Hitler sia stata rosea sin da subito, la verità è lievemente diversa. Hitler guardava Mussolini con ammirazione, prendendo in considerazione soprattutto il fatto che questo fosse alla guida dell’Italia già da 10 anni prima dell’avvento del nazionalsocialismo in Germania. Gli attriti iniziali tra i due furono comunque molto ampi, specialmente sulle aree cui Hitler puntava.

Hitler aveva delineato il suo pensiero politico nel Mein Kampf, saggio autobiografico scritto in parte durante la sua incarcerazione nel 1925 e base di quello che sarebbe stata l’ideologia tedesca attuata negli anni ‘30 e ‘40. Nelle mire espansionistiche hitleriane rientrava l’Austria, guardata con bramosia da Hitler già dai primi anni del proprio regime. Mussolini gradiva poco il revisionismo tedesco, soprattutto considerando l’Austria come un’area d’influenza italiana e facendosene il più strenuo difensore. Far espandere il III Reich in Austria avrebbe significato avere i tedeschi al confine con l’Italia, cosa che Mussolini voleva evitare.

Nonostante il tentativo di arrestare il dinamismo tedesco, anche dando vita a un fronte d’intesa anglo-franco-italiano, Mussolini allentò la propria fermezza antirevisionista nel tempo. Sebbene far inglobare l’Austria dalla Germania nazista avrebbe significato scombinare l’equilibrio europeo nato dopo la Grande guerra, Mussolini ammise l’avvicinamento austro-tedesco nel 1938, ormai consapevole che l’Anschluss sarebbe stato un evento ormai inevitabile. Né la Francia né la Gran Bretagna avevano dimostrato fermezza completa nel contrastare le mire hitleriane, debolezza che spinse Mussolini a distaccarsene per guardare altrove.

Stahlpakt, il “Patto di Sangue” di Mussolini

Hitler e Ciano

Ad Anschluss concluso e a smembramento della Cecoslovacchia avviato, la Germania iniziò a premere per un’alleanza con l’Italia. Ribbentrop, Ministro degli Esteri tedesco, spiegò a Ciano e Mussolini che entro pochi anni una guerra contro la Francia e l’Inghilterra sarebbe stata inevitabile. Tale inevitabilità proveniva da legami stretti tra i due paesi e dal supporto indiretto degli Stati Uniti, contro i quali il dinamismo tedesco doveva battersi. L’alleanza sarebbe dovuta essere tempestiva e necessaria, agli occhi dei tedeschi.

Con qualche insicurezza iniziale, Mussolini entrò nel giogo tedesco nel Gennaio 1939, accettando la proposta di Berlino e abbandonando ormai qualsiasi tipologia di intesa con le democrazie occidentali. Il “Patto di Sangue” di Mussolini, nome sostituito poi con “Patto d’acciaio”, prevedeva aiuto politico e diplomatico tra i due contraenti, oltre che militare nel caso di conflitto armato. La natura difensiva-offensiva del Patto portava l’Italia direttamente in guerra, avendo il Patto un casus foederis (circostanza necessaria all’attuazione del patto) molto generico. Consultazioni bilaterali e rinuncia a paci separate concludevano il quadro con cui Hitler legò a sé l’Italia, volendone fare un’alleata per impedire che si ricreasse l’Intesa della Grande guerra contro cui la Germania aveva perso.

La presa in giro e il (breve) ritardo per la guerra

Consapevole dell’impreparazione militare italiana e della necessità di almeno altri tre anni per raggiungere gli obiettivi previsti, Mussolini inizialmente tergiversò. Ribbentrop cercò di rassicurare il governo italiano indicando un lasso di tempo di non meno 4-5 anni prima di un’eventuale futura guerra, riuscendo infine a convincere Roma. Hitler, però, riunì i propri generali per discutere della questione polacca poco dopo la firma del Patto d’acciaio, venendo meno alle rassicurazioni fatte a Mussolini.

“Le provocazioni della Polonia richiedono un’azione tedesca urgente” fu quello che venne detto a Roma poco dopo la firma del Patto Ribbentrop-Molotov. Se la Germania avesse attaccato la Polonia, l’Italia sarebbe dovuta scendere in guerra, eventualità non presa in considerazione da Mussolini per i motivi più volte spiegati ad Hitler. Hitler chiese allora di cosa l’Italia avesse bisogno, così da poterla spingere in guerra nel caso la Polonia non avesse accettato le trattative.

Richiamata d’urgenza una riunione a Palazzo Venezia, Mussolini redasse una lista (di cui alcune aggiunte fatte di propria mano) di ciò che l’Italia necessitava da Berlino. Esagerata appositamente, la “lista del molibdeno” respinse, almeno temporaneamente, l’ipotesi del coinvolgimento italiano in guerra. Nella lista, il cui nome faceva riferimento alle centinaia tonnellate richieste di Molibdeno, utile alla costruzione degli armamenti, Mussolini inserì un’ingente quantità di materiale. Artiglieria contraerea e milioni di tonnellate di rifornimento aggiuntivo vennero richieste a Berlino, con l’intento di farla desistere dal volere l’Italia al proprio fianco. Le richieste, secondo i calcoli, avrebbero necessitato di più di 17mila treni per essere soddisfatte.

Impossibilitato a provvedere “subito”, come richiesto dall’ambasciatore italiano che presentò la lista, Hitler rimandò l’entrata in guerra dell’Italia, dando vittoria alla furbizia italiana.

Sarà la volontà di sedere al tavolo dei vincitori, eventualità che Mussolini considerava possibile dopo le prime vittorie di Hitler in Europa, a spingere l’Italia in guerra. Quello del 10 Giugno 1940 fu un suicidio totale.

Scritto da Emanuele Lo Giudice


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