Per l’UE Orban è un dittatore, ma la destra italiana sostiene i suoi valori.

di Emanuele Lo Giudice
7 Min.

Il Parlamento Europeo non ritiene più l’Ungheria una democrazia, con 433 voti a favore la plenaria di Strasburgo bolla Budapest come minaccia ai valori dell’Unione Europea.

Autocrazia elettorale” è la descrizione del regime che Orban ha creato in Ungheria dal 2010, anno in cui divenne Primo Ministro per la seconda volta (la prima dal 1998 al 2002); dal 2010 Fidesz, di cui Orban è Presidente, ha vinto tre elezioni. Fidesz rientra nello spettro dei partiti europei di destra, nazional-conservatori e illiberali, detenendo un’ideologia conservatrice ed euroscettica.

Viktor Orban viene indicato come il creatore di un regime ibrido la cui sussistenza potrebbe minare i valori dello Stato di diritto, uno dei requisiti per l’annessione all’Unione Europea, di cui l’Ungheria è entrata a far parte il 1 Maggio 2004. Non a caso il regime di Orban ha portato avanti negli anni un progressivo affronto ai valori fondamentali dell’Unione, già condannato nel 2018 dall’Europarlamento. La legge anti-lgbt a divieto della “propaganda omosessuale” nonché l’ultimo decreto nei confronti delle donne in procinto di abortire, senza dimenticare l’ideologia secondo la quale solo un piano “pro-natalità” può far sopravvivere l’Ungheria senza che questa si mischi con chi vi immigra sono alcune delle azioni portate avanti dai Governi Orban in questi anni. L’Ungheria ha dato vita ad una normativa che ha destato non poco scalpore, soprattutto a livello europeo in cui alcuni obiettivi fondamentali è necessario che vengano perseguiti e che sussistano. Se nel 2018 i populisti d’Italia si sono astenuti dal voto, esimendosi dal votare insieme agli altri eurodeputati perché contrari alle sanzioni nei confronti di Budapest, nella votazione di ieri la presenza c’è stata e il voto è stato contrario alla proposta.

Il rapporto UE e lo sdegno di Budapest.

Orban ha definito il rapporto del Parlamento Europeo come “una barzelletta”, proprio nel momento in cui a Belgrado riceveva dal Presidente serbo un’alta onorificenza serba. “Il Parlamento Europeo è già più volte che procede in questo modo, se inizialmente pensavamo fosse una cosa importante, ad oggi è una barzelletta” ha sostenuto il Premier ungherese, sbeffeggiando le preoccupazioni dell’europarlamento. Lo sdegno è arrivato anche dall’ala più a destra dell’emiciclo di Strasburgo, dove Identità e Democrazia (ID) e i Conservatori-Riformisti Europei (ECR) hanno votato contro il rapporto, tra i quali si trovano anche i rappresentanti della Lega e di Fratelli d’Italia.

Una nota della delegazione di FdI ha inoltre precisato che “FdI ritiene che sia l’obiettività uno dei prerequisiti di questo rapporto, cosa che non è accaduta”, incolpando il PE di aver condotto un ulteriore attacco politico ad un governo legittimo. Proprio Giorgia Meloni ha rivangato tale nota, sostenendo che l’Ungheria sia una vera democrazia dove “un uomo, il signor Viktor Orban” ha vinto legittimamente le elezioni. La leader di FdI è lontana però dal capire il senso di “democrazia liberale”, secondo Calenda, che non si baserebbe esclusivamente sulle istituzioni ma anche dalla normativa e dalle modalità di attuazione del potere esecutivo. Seguendo la linea di pensiero che FdI ha usato a protezione di Orban, allora anche la Bielorussia (non membro UE) potrebbe considerarsi una democrazia perché Lukashenko è stato (più volte) votato; e si sa bene quanto questo sia lungi dall’essere vero, con tanto di brogli elettorali accertati e una percentuale a favore vertiginosamente alta per un’elezione politica. Il voto contrario da parte di FdI al rapporto del PE trova dunque fondamento nell’appoggio ai valori di Orban, che più volte sono stati considerati in modo positivo dalla figura più in lizza per la Presidenza del Consiglio della Repubblica italiana.

Le divisioni politiche italiane e il rigetto berlusconiano dell’euroscetticismo.

Non sono tardate le reazioni degli altri componenti della scena politica italiana, gran parte dei quali si sono schierati a favore del rapporto del Parlamento Europeo. Conte ha richiesto le scuse di Salvini e Meloni, non considerando possibile un governo di un centrodestra che sposa i valori dell’estremismo ungherese. La risposta più pesante per un centrodestra vicino ad una vittoria ampia alle elezioni è arrivata proprio da Forza Italia, parte della coalizione favorita alle politiche del 25 Settembre. Tajani ha dichiarato che Forza Italia è sì pronta ad un governo con Salvini e Meloni, ma un discostamento dall’Unione Europea e un conseguente incremento dell’euroscetticismo allontanerebbero la componente berlusconiana dall’esecutivo. “Agganciati all’UE o io fuori” è il monito arrivato da Silvio Berlusconi, “la presenza di Forza Italia è garanzia assoluta di una politica liberale, cristiana, europeista e atlantista. Se gli alleati dovessero partire per direzioni diverse noi non ci staremmo”, ha aggiunto Tajani. Insomma, l’auspicio di Salvini riguardo una destra unita incontra i primi ostacoli, sia sulla crisi energetica europea sia sulle posizioni euroscettiche di cui Salvini e Meloni si fanno esponenti sempre più convinti.

In conferenza a stampa è stata posta la questione anche al Premier uscente, Mario Draghi, il quale ha sostenuto di avere in comunanza con l’Europa una certa visione di essa, la quale difende lo Stato di diritto. “Gli alleati dell’Italia sono la Francia, la Germania e tutti quei Paesi che difendono lo Stato di diritto” ha risposto, procedendo col porsi una domanda non del tutto facile: “come si scelgono i propri partner?”. Draghi ha sostenuto che la base di una partnership è sicuramente una condivisione ideologica, ma importante è anche l’interesse degli italiani, dunque bisogna capire quali partner scegliere per proteggere al meglio il popolo che si rappresenta. “Chi conta di più? Datevi voi le risposte”.

Scritto da Emanuele Lo Giudice


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