Trasposizione cinematografica dell’omonimo romanzo Premio Strega 2017 dello scrittore Paolo Cognetti, Le otto montagne ha vinto il premio della giuria al 75esimo Festival di Cannes. Quest’anno concorre alla Palma d’oro e, tra gli altri, al David di Donatello per il miglior film.
Trama
Un’amicizia per la vita tra Pietro e Bruno, conosciutosi da ragazzini tra le montagne valdostane, che li porterà a condividere gioie e dolori, monenti di rabbia e di felicità, contrasti e riconciliazioni.
Tra infelicità e amicizia
Quella proposta dai registi Felix Van Groeningen (Beautiful Boy, 2018) e Charlotte Vandermeersch (esordiente alla regia) è un’interpretazione davvero notevole di un romanzo che, già alla sua uscita, aveva trovato molta fortuna. Quella raccontata ne Le otto montagne è infatti una storia con una forte componente introspettiva, in cui i due protagonisti, ma si potrebbe dire l’intera orchestra di personaggi (seppur relativamente pochi), sono dotati di una psicologia molto forte, quasi conflittuale, nelle diverse sfumature attribuibili a questo termine.
I due protagonisti, Pietro e Bruno, sono infatti due ragazzi distanti ma molto simili tra di loro, i quali condividono un risentimento nei confronti dei loro padri, anche se in declinazioni diverse. Tra i due l’amicizia non fatica a nascere, ma l’imprevedibilità della vita li spinge a separarsi per anni.

L’imprevedibilità della vita
Solo la prematura morte di suo padre spingerà Pietro a tornare tra le montagne della Val d’Aosta, lì dove l’amicizia con Bruno era nata: è l’inizio di una toccante storia, dove ogni gesto ha un significato ben più profondo. Da un certo punto di vista, infatti, la storia si rende conforme alla forma mentis di Bruno, un uomo che, come dimostra in una discussione con dei conoscenti di città, è molto legato alla praticità, alle cose tangibili.
E’ così che, per esempio, la costruzione della casa in montagna da parte dei due amici diviene un modo per rendere omaggio e rendere eterna la memoria di quello che negli anni era divenuto il padre di entrambi.

Il conflitto interno ed esterno
Ogni grande storia d’amore è, però, caratterizzata anche da conflitto. Come anticipato nei paragrafi precedenti, infatti, i personaggi sono caratterizzati da un io particolarmente difficile: Bruno, per esempio, entra in conflitto con sé stesso quando realizza che il suo sogno di una vita tra le montagne e “qualche vacca” è inconciliabile con il sostentamento di una ormai formata famiglia, che decide di abbandonare per vivere da solo, così come aveva fatto suo padre con lui.
Pietro, dal suo canto, arriva a capire di aver sprecato anni importanti per cose di cui non aveva neanche più il vago ricordo, perdendo l’opportunità di passare quegli anni con un padre che, nonostante tutto, lo amava, e che aveva ritrovato in Bruno la figura di un figlio che lo aveva lasciato dopo avergli urlato in faccia le proprie meschinità.
D’altronde, questo rapporto conflittuale è, come ci suggerisce il film, alla base di quell’esistenza in bilico tra l’uomo e il ragazzino che Pietro si porterà dietro per tutta la vita, decidendo di viaggiare nei paesi montanari del Nepal e dell’Himalaya.

Il ruolo della natura
Ad essere centrale nel film è poi la natura. Seppur non messe in evidente contrasto, la vita in montagna e la vita in città risultano essere completamente diverse: per tutta la durata del film, attraverso le bellissime sequenze girate sulle catene montuose valdostane, si ha infatti l’impressione di essere completamente fuori dal tempo, tanto che solo dal modo di vestire dei personaggi ci si rende conto di trovarsi tra gli anni ’80 e quelli 2000.
Una natura nella quale Bruno, in particolar modo, sembra essere vitalmente legato, dalla quale ritornerà dopo che i genitori di Pietro lo hanno spinto a studiare, e che, poi, alla fine, prenderà la sua vita dopo una valanga.

Considerazioni finali
In conclusione, Le otto montagne risulta essere una grandissima opera d’introspezione che, grazie a magnifiche inquadrature, ad una fantastica regia e a due grandi interpretazioni di Luca Marinelli ed Alessandro Borghi (ormai tra i più validi attori italiani del momento), riesce a fare breccia nel cuore dello spettatore, il quale finisce per essere travolto completamente dalla storia. Da annoverare è anche la scelta narrativa della voce fuori campo, che si unisce perfettamente alla solennità delle inquadrature proposte nel corso dell’intero film.
Scritto da Emanuele Fornito
Le foto presenti in questo articolo provengono da internet e si ritengono di libero utilizzo. Se un’immagine pubblicata risulta essere protetta da copyright, il legittimo proprietario può contattare lo staff scrivendo all’indirizzo email riportato nella sezione “Contatti” del sito: l’immagine sarà rimossa o accompagnata dalla firma dell’autore.