L’autocrate imbarazzante, nulla di eclatante nel suo discorso

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Le parole che Putin ha rivolto oggi al mondo provengono da un essere umano altamente consapevole di ciò che dice. È il mondo, sì, quello cui Putin si è rivolto, non solamente ai russi, ai quali (zoppicando) si è tentato di far crede che la loro attenzione fosse l’unica gradita ai vertici governativi del Cremlino. La propaganda ha adornato il tanto atteso discorso di patriottismo e legittimità storica, lasciando presagire un discorso di grandezza “strepitosa”, ironicamente apostrofando le parole con cui la comunicazione televisiva moscovita ha fomentato gli animi in questi ultimi giorni. Quello che ci rimane oggi è un mero lamentio malinconico, lo sguardo alle grandezze del passato che Putin sa di non poter eguagliare.

Più di un’ora di discorsi sacralizzanti, inni alla vittoria e alla grandezza della Russia che tanto in pericolo si trova, “costretta” a prendere decisioni che, se si legge tra le righe, fosse la storia andata al contrario, mai si sarebbero ritenute necessarie. La delegittimizzazione di Putin e della schiera dei suoi simili trasuda da ogni singola porzione di discorso, utile forse a rassicurare il fronte interno che “no, la Russia (cioè Putin), non l’avrebbe mai fatto”.

Nulla di nuovo, certo, quasi ogni discorso di Putin è ormai un auto-assolvimento e un “sono stati loro”; a lungo andare l’unica analisi che si può fare è che la situazione è ormai diventata noiosa. Stavolta però c’è qualcosa di nuovo, forse aggiunto all’ultimo minuto a causa della pernacchia che Biden gli ha fatto da Kyiv, o forse meticolosamente voluto perché ormai anche loro (i russi, o meglio, chi li governa) sanno bene la condizione della realtà. Si è anche fatto una passeggiata di 150 metri per staccare il discorso dalla politica e renderlo accattivante per tutti coloro che progressivamente stanno perdendo fiducia nei politici. Al Godiny Dvor (monumento vicino al Cremlino), Putin si è innalzato a rassicuratore della patria, gran giurì dei reati dell’occidente, reo di aver in primis perso la fede, e anche a gran democratico.

Bandiere ai lati e platea silenziosa, scrosciante nell’applauso finale ma seriosa durante il discorso. Parlamentari, governo, governatori delle regioni, corti e giornalisti (russi e amici, si noti bene) erano tutti al cospetto di chi, sebbene annualmente previsto da Costituzione, l’ultimo discorso all’Unione lo aveva tenuto nel lontano 2021.

Una grande festa a reti unificate per una manciata di vaneggiamenti, non si sa ancora bene se provenienti da qualche (a noi) oscura debilitazione medica di Putin o se volontariamente previsti. Forse ci piacerebbe fermarci alla prima ipotesi, ossia che Putin è malato, che gli piacciono i grandi discorsi e che tanto è tutta fuffa. Potrebbe, ma la fuffa Putin la racconta guardando negli occhi qualche rappresentante dei militari dell’Operazione Militare Speciale, termine moscovita per intendere “guerra ibrida” o “guerra fallimentare”, a libera interpretazione.

Putin è ben coscienzioso di come sta andando in territorio ucraino, delle perdite subite e anche del logoramento che va avanti da un anno. Fallita la missione di prendere Kyiv in tre giorni per “regalare un governo degno di chiamarsi tale agli ucraini”, Putin punta il dito contro altri, crogiolandosi in accuse e tentando in qualche divertente modo di salvare le fondamenta che tengono il suo regime. In realtà gli ucraini gli stanno anche simpatici, tanto che Mosca non è in guerra con loro, ma con l’Occidente che dell’Ucraina ne ha fatto uno Stato nazista anti-russo. Li bombarda comunque, perché, a rigor di logica, i cittadini sono lo Stato e il governo la loro rappresentanza. Quindi sì, non ce l’ha con loro, vuole salvarli, ma Kherson la distrugge, Mariupol la sfigura e Kyiv ogni tanto la prende di mira.

Putin necessita più di ogni altra cosa una vittoria, sia per eliminare l’ipotesi di un golpe interno, che per non rimetterci la faccia della Russia in mondovisione. Sta preparando il popolo russo ad una guerra lunga, tanto che la Russia può combattere all’infinito perché “indistruttibile sul campo”, porre fine alla mattanza sta nelle mani degli altri, non certo nelle sue. Tra le tante cose dette, pesanti alle orecchie di chi, in platea, ogni tanto si toccava il viso per svegliarsi, Putin ha anche parlato delle elezioni del 2024. Saranno democratiche assicura, e già qui il pavimento sotto di lui trema, come se ora la Russia potesse permettere un cambiamento esecutivo in modo libero e democratico.

E se poi vince qualche malevolo oppositore e la guerra finisce? non è prevedibile una destalinizzazione krusceviana contemporanea, per carità. Le ipotesi degli analisti sono tante, tra cui risalta quella secondo cui potrebbe vincere un successore da lui designato, che gli permetterebbe di uscire di scena per un po’, salvo poi tornarci patriotticamente salvando i casini creati dal suo designato successore.

Il discorso di Putin è divertente, a tratti, perché sottolinea a gran carattere che la realtà è una, ma lui non la conosce. Anzi, la conosce, ma non vuole (né può) ammetterlo a chi ha davanti. “Completamente fuori dalla realtà” sono le parole di chi, fino a qualche anno fa, scriveva i suoi discorsi, “ha puntato a rassicurare l’interno che va tutto bene”.

Ultimi, ma non per importanza, i richiami al nucleare, alla teoria di difesa russa, agli americani, alle devianze omosessuali occidentali (c’era Cirillo I in prima fila a cui serviva qualcosa di galvanizzante da sentire) e al New START, da cui la Russia è ad oggi “costretta” a sospendere la propria adesione.

Cos’è il New START? il Trattato del 2010 sulla riduzione delle armi nucleari è stato firmato a Praga da Obama e Medvedev (che dell’atomica oggi ne fa il proprio sogno proibito) con l’obiettivo di eludere la natura umana e proteggere il mondo da una fine catastrofica. La Russia comunque si è trovata costretta a sospendere la propria adesione ma tranquilli, Putin non userà il nucleare, almeno fino a quando non lo faranno gli americani per primi. Quindi possiamo stare tutti tranquilli, tra mille rigiri è proprio Putin che ci protegge dal “diavolo occidentale” che noi occidentali stessi abbiamo creato e puntato contro la Russia.

Scritto da Emanuele Lo Giudice


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