La dimostrazione che non siamo multitasking si chiama effetto Zeigarnik

di Alessio Pio Pierro
7 Min.

L’effetto Zeigarnik, la tendenza psicologica che attui ma che non sai cosa sia.

Sono le 21, la tua giornata lavorativa o di studio è giunta al termine. La pizza surgelata è nel forno e mentre aspetti che la mozzarella importata dall’america presente su di essa si sciolga, apri Netflix per scegliere con cosa accompagnarla. Visto che hai terminato la lista dei possibili film da guardare, cerchi una serie. Desideri una che ti coinvolga e che ti spinga a vederla fino all’ultimo episodio così da fare le 4 e di iniziare la prossima giornata con 2 ore di sonno.

Hai le idee chiare, «serie thriller, scelgo te». La pizza è pronta, la serie è stata scelta, la serata può iniziare.

Volano i primi 5 episodi, la trama stranamente ti ha preso al punto che forse un’altra pizza surgelata te la fai. Arrivi all’ottavo episodio, il protagonista si trova in una via buia da solo quando ad un tratto uno sparo si lascia sentire mentre l’inquadratura si riversa sull’alto.

Cos’è successo, è morto? Chi l’avrà sparato? Vuoi scoprirlo all’istante, al costo di finirti anche l’ultima pizza in frigo, ma la tua curiosità viene istantaneamente fermata da Netflix, che non ti consiglia di vedere il “prossimo episodio”. La prima stagione della serie è finita e la seconda uscirà tra 3 anni, forse. Alla fine la pizza te la mangi comunque, ma sai già che la notte di sicuro non la passerai dormendo.

Una situazione del genere sarà successa a chiunque tra voi che state leggendo, e ciò che accade ha un nome, cliffhanger.

Cos’è il Cliffhanger

Il cliffhanger non è che un espediente narrativo in cui la narrazione si conclude con una interruzione brusca in corrispondenza di un colpo di scena o di un altro momento culminante caratterizzato da una forte suspense. 

Letteralmente significa “colui che è appeso alla scogliera“, come viene spiegato da hallofseries.com: «Pare che ciò derivi da un episodio del romanzo Due occhi azzurri di Thomas Hardy. Un capitolo di tale opera infatti si chiudeva con Henry Knight, uno dei protagonisti, rimasto appeso ad una scogliera: sarebbe morto? Sarebbe sopravvissuto? Una scena capace di lasciare così tanto in ansia e nel più grande sconforto il lettore da divenire l’antonomasia dell’attesa stessa»

Questo oggigiorno, è un elemento imprescindibile presente in ogni opera della cultura cinematografica e non. Esso è strettamente collegato con il concetto di effetto Zeigarnik, ciò di cui vi parleremo in questo articolo.

L’effetto Zeigarnik

L’effetto Zeigarnik è uno stato mentale di tensione causato da un compito non portato a termine.

Prima di addentrarci nello specifico di questo concetto, vi raccontiamo un pò di storia.

L’effetto Zeigarnik prende il nome dalla psicologa lituana degli anni ’20 che lo ha teorizzato e scoperto, Bluma Zeigarnik.

effetto Zeigarnik

Essa lo scoprì stando seduta ad un cafè e notando gli atteggiamenti dei camerieri. Capì che riuscivano tranquillamente a svolgere un’ordinazione, ma appena terminata la dimenticavano completamente.

Da questa osservazione in lei scaturì una riflessione. Ipotizzò che un compito non portato a termine crei una tensione psichica che facilita e motiva il proposito di completare l’attività e impedisce alla mente di concentrarsi in altri processi cognitivi.

Per verificarlo, fece risolvere rompicapi e puzzle a 22 volontari. Ogni tanto, interrompeva qualcuno di loro. Scoprì che le persone ricordavano meglio cosa stavano facendo quando venivano interrotti piuttosto che quando avevano finito il loro lavoro.

Quindi cos’è questo effetto Zeigarnik? Come avrete già capito, è la tendenza a ricordare i compiti o le azioni incompiute o interrotte con maggior facilità di quelle completate.

Fu una grande scoperta al tempo per capire come funzionassero i nostri processi cognitivi, ma anche oggi svolge un ruolo di rilevata importanza.

L’annullamento del concetto di “Multitasking” grazie all’effetto Zeigarnik

Viviamo in una società che ci chiede costantemente di essere il più produttivi possibile e, per farlo, siamo costretti a dover fare più cose contemporaneamente. Negli anni è stato sempre più utilizzato il concetto di multitasking (multiprocessualità), ossia l’abilità di svolgere più cose nello stesso momento.

Ma la nostra mente può sorbirsi tutto questo carico?

L’effetto Zeigarnik sembra negare tutto ciò. Difatti – come già spiegato – le interruzioni generano stress e finiscono per rallentare i tempi di esecuzione, facendo calare la produttività. Quindi si ha spesso l’effetto opposto di ciò che si desidera ottenere svolgendo più azioni simultaneamente.

C’è da sottolineare, tra l’altro, che quando ci sembra riuscirci si tratta invece di un’illusione.

Sandra Bond Chapman, fondatrice del Center for Brain Health dell’Università di Dallas ha affermato: «Quando eseguiamo più compiti alla volta, il lobo frontale del cervello (che gestisce l’attenzione) non essendo programmato per il Multitasking, è costretto a dividersi freneticamente fra un compito e l’altro».

L’esecuzione contemporanea di più attività costringe i neuroni a un superlavoro per il quale non sono programmati e provoca un rialzo dei livelli di cortisolo, l’ormone dello stress.

Ciò che conclude uno studio dell’Università del Sussex, sembra essere ancora peggio. Nelle persone che utilizzano simultaneamente le nuove tecnologie (Media Multitasking) ha riscontrato addirittura una mutazione nella struttura del cervello. Precisamente, una diminuita densità della materia grigia nella regione della corteccia cingolata anteriore (ACC), che ha a che fare con l’attenzione e la gestione degli stimoli che giungono dall’esterno.

Ciò sembra confermare che il Multitasking riduce la capacità di attenzione e aumenta il rischio di ansia e depressione. Il cervello mette in atto una sorta di sistema di difesa e si modifica bypassando la capacità di rimanere attento, in quanto gli viene richiesto altro.

In conclusione…

Conoscere tendenze come l’effetto Zeigarnik, può aiutarci a rallentare le nostre vite e a non accettare neologismi contro-produttivi alla nostra salute. Diamo all’uomo il tempo dell’ozio.

Scritto da Alessio Pio Pierro

Fonti: Best5, Wikipedia, Psiconline, Hallofseries


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