La chiamavano Federazione di Jugoslavia

di Emanuele Lo Giudice
7 Min.

Eccidi, pulizia etnica, guerre e spostamenti forzati della popolazione. Le guerre jugoslave hanno sconvolto i Balcani nell’ultimo decennio del XX secolo, che successe?

La Jugoslavia di Tito fu un attore importante nel palco mondiale durante la Guerra fredda, essendosi distaccata dall’URSS di Stalin e diventando una sorta di cuscinetto tra i due blocchi. Alla morte di Tito (1980), ciò che il Maresciallo era riuscito a tenere saldo insieme, sebbene difficilmente, venne progressivamente meno. I Balcani subirono infatti uno sconvolgimento grave a partire dal 1990. La volontà di autonomia da parte delle Repubbliche jugoslave diede il via una guerra civile che portò alla completa disintegrazione della Jugoslavia.

Erano economiche e culturali le differenze che dividevano le Repubbliche, all’interno delle quali le diverse entità culturali e religiose erano state in precedenza forzatamente “rinchiuse”. Il crollo del Muro di Berlino e l’inizio del crollo del comunismo sovietico accelerarono gli eventi jugoslavi. Evento iniziale fu il ritiro dei delegati sloveni e croati dall’ultimo Congresso della Lega dei Comunisti di Jugoslavia, nel 1990. Neonazionalismo e razzismo rappresentarono la fine della realtà jugoslava, ma anche la causa di pulizie etniche ed eccidi, che sconvolsero le popolazioni dei Balcani per diversi anni.

Croazia e Slovenia, le prime indipendenze dalla Jugoslavia

Terminata la Guerra fredda, la Jugoslavia perse il ruolo di “stato cuscinetto” tra i due blocchi, vedendo diminuire il proprio valore agli occhi delle altre potenze. L’instabilità, già presente nella Federazione, aumentò ancora di più nel giugno del 1991, quando i parlamenti di Croazia e Slovenia dichiararono la propria indipendenza. Se la Slovenia riuscì in poco tempo ad acquisire l’indipendenza da Belgrado, nonostante un’iniziale risposta dell’Armata Popolare Jugoslava, fu con la Croazia che la Serbia combatté la guerra più violenta. Siglati gli Accordi di Brioni per il congelamento dell’indipendenza delle due Repubbliche per tre mesi, queste vennero riconosciute definitivamente nel 1992. Con la Slovenia si concludeva la guerra dei dieci giorni, ma con la Croazia lo scontro continuò e fu violento.

Il conflitto serbo-croato si acuì soprattutto con la devastazione di Vukovar, città croata assediata nell’ottobre 1991. La spaccatura in seno alla Comunità europea sul futuro della Jugoslavia portò a prevalere la posizione tedesca, la quale era favorevole all’indipendenza di Zagabria e Lubiana. Le minoranze serbe presenti in Croazia, causa dell’inasprimento del conflitto, ottennero la formazione di zone protette dall’ONU, riportate poi definitivamente sotto Zagabria nel 1995.

Bosnia-Erzegovina 1995, Srebrenica e Mladić

Nel 1992 è in Bosnia-Erzegovina che scoppia il conflitto, la quale durata si sarebbe macchiata di sanguinose atrocità. Sono circa 200mila i morti che si contano alla fine del conflitto durato 3 anni, oltre a tre milioni di profughi. Pulizia etnica, deportazioni e massacri sconvolgono la Bosnia fino al 1995, anno in cui si commise il massacro di Srebrenica, compiuto dopo l’assedio di Sarajevo. Tutte le parti presenti nel conflitto (croati, serbi e bosgnacchi, denominazione dei bosniaci musulmani) si macchiarono di crimini, soprattutto la Serbia, militarmente superiore. L’11 Luglio 1995, le milizie serbe del generale Ratko Maldić uccisero quasi 9mila bosgnacchi in quella che era stata dichiarata “zona protetta ONU”. Le vittime sono uomini e bambini d’età compresa tra i 12 e i 77 anni, anche se non se ne conosce il numero esatto, essendo stati rinvenuti solo poco più di 6mila cadaveri (al 2015).

Conclusasi nel 1995, la guerra in Bosnia-Erzegovina portò alla sigla degli Accordi di Dayton. L’accordo tentava di mantenere un apparente Stato bosniaco, diviso però tra due entità (Federazione Croato-Musulmana e Repubblica Srpska) e un distretto autonomo.

Il Kosovo e la Macedonia

Con la conclusione degli Accordi di Dayton la situazione rimase in stallo solo per breve tempo. Le rivolte iniziate nel Kosovo nel 1995 si tramutarono nel 1999 in una vera guerra. Il Kosovo, provincia autonoma della Repubblica di Serbia, veniva considerata una terra santa dai nazionalisti serbi, sebbene il 90% della popolazione fosse albanese e trovasse inaccettabile tale dipendenza.

L’esercito di liberazione kosovaro iniziò una guerriglia contro le truppe della Jugoslavia ormai rimasta (Serbia e Montenegro, dipendente solo dal 2006), divenuta in breve tempo una “guerra di liberazione” agli occhi degli occidentali. Washington decise nel 1998 di porre fine alla liquidazione jugoslava, portando la NATO a bombardare Belgrado per far desistere la Serbia e abbattere Milošević, allora Presidente della Repubblica. L’intervento NATO, sotto la motivazione della “protezione della minoranza albanese”, portò Belgrado ad accettare i compromessi per l’avvio di un piano di pace. La strada per l’indipendenza del Kosovo si apriva e sulla zona veniva stabilito un protettorato internazionale.

A differenza delle altre Repubbliche, la secessione macedone non ebbe spargimenti di sangue o eccidi, anche se fu la terza a dichiarare la propria indipendenza nel 1991. Un conflitto scoppiò nel 2001 quando l’Esercito di Liberazione Nazionale albanese attaccò le forze della Repubblica macedone. La volontà di riunificare gli albanesi in una “Grande Albania” non trovò mai terreno fertile, venendo infatti smorzata dal cessate-il-fuoco del novembre dello stesso anno. Con l’Accordo di Ocrida, la parte albanese abbandonò le proprie tesi secessioniste e riconobbe le istituzioni macedoni. La guerra di Macedonia è considerata l’ultima fase delle guerre jugoslave.

E oggi? Cosa succede nei territori dell’ex Jugoslavia?

Si è purtroppo tornati a parlare con paura dei Balcani negli ultimi mesi, dato che le tensioni tra Kosovo e Serbia sono aumentate vertiginosamente. La paura europea è quella di un nuovo sconvolgimento dei Balcani, dove i contrasti tornano a ripresentarsi in maniera sempre più aspra, proprio come accade in queste settimane tra Pristina e Belgrado. L’auspicio è che le tensioni si allentino e che si arrivi ad accordi di natura diplomatica, anche se tale ipotesi sembra essere ancora lontana dal poter essere completamente applicata.

Scritto da Emanuele Lo Giudice


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