Iran: proposta la pena di morte per i detenuti politici

di Martina Rizzini
Pubblicato: Ultimo aggiornamento il 6 Min.

«Colpirne uno per educarne cento» è il motto solitamente attribuito al Presidente del Partito Comunista Cinese Mao Zedong. Oggi, decine di anni dopo, la frase riacquisisce lo stesso crudo e drammatico significato all’interno del Parlamento iraniano, dove è richiesta la pena di morte per i manifestanti.

Il parlamento iraniano ha proposto di applicare la pena di morte a tutti i detenuti politici, perché “nemici di Dio”.

Pochi giorni fa, 227 parlamentari su un totale di 290, hanno firmato una lettera aperta chiedendo la pena per migliaia di manifestanti. Quella del Majles dell’Iran (Assemblea Consultiva islamica) è la risposta politica con cui la teocrazia sciita iraniana crede di poter risolvere la questione delle proteste che infiammano le strade delle città iraniane da settimane. Per i «nemici di dio servirebbe una buona lezione», si legge nel testo. «Meritano una condanna e una vendetta divina», ha dichiarato in aula il capo della magistratura Gholamhossein Mohseni-Ejei.

Nel frattempo, secondo ciò che riporta Hrana (agenzia degli attivisti per i diritti umani iraniani) sono 319 i morti contati nelle proteste che stanno dilaniando l’Iran in queste settimane. Più di 15mila gli arresti, migliaia di persone contro le quali i parlamentari iraniani hanno urlato contro invocando la pena di morte. “Unum castigabis, centum emendabis” è ciò a cui viene da pensare, il “castigane uno per castigarne cento” è rientrato come motto diverse volte nella storia.

Dal funzionario Wenggui della dinastia Han, fino a Mao Zedong (il “castigare” divenne “colpire”) nella Rivoluzione culturale del 1966. La questione della punizione del singolo come lezione per la moltitudine intorno è tornata nei banchi parlamentari proprio nel Paese delle Rose, ormai ricoperto dalla cenere dei veli dati alle fiamme in segno di protesta.

Perché sono scoppiate le proteste?

Tutto è iniziato a metà settembre, quando la “polizia della moralità” ha arrestato la 22enne Masha Amini con l’accusa di non star indossando il velo nel modo corretto. La giovane è morta poco dopo, per cause purtroppo ancora dibattute. Nonostante inizialmente si parlasse di un pestaggio da parte della polizia, la successiva autopsia ha riportato l’ipossia come causa che del decesso.

In pratica, una prolungata carenza di ossigeno le avrebbe provocato irrimediabili danni cerebrali e il conseguente deterioramento di molti organi. Le piazze iraniane (e non solo) si sono riempite di manifestanti. Molte donne hanno bruciato l’hijab, altre si sono tagliate i capelli per protestare contro il regime tirannico. La ong Hengaw ha inoltre riportato che la polizia avrebbe anche sparato alcuni proiettili. Sono qui iniziati gli arresti di massa: i giornalisti incarcerati sono stati decine. Tra loro, anche la blogger italiana Alessia Piperno, che è stata liberata nella giornata di ieri.

La pena di morte contro i Mohareb

“Condannateli a morte” è chiò che chiedono i legislatori iraniani ai vertici dello Stato, Magistratura compresa. «Noi come rappresentanti di questa nazione, chiediamo alle autorità, compreso l’apparato giudiziario, di affrontare questi nemici di Dio che, come lo stato Islamico hanno attaccato vite e proprietà e meritano una condanna ed un vendetta divina». I mohareb vanno infatti puniti perché parte dello sconvolgimento che l’Iran sta attraversando ed è proprio la pena di morte quella prevista per i “nemici di Dio”.

«Non venite in piazza. E’ l’ultimo giorno di rivolte», ha detto a fine novembre il comandante Salami facendo trasparire che, se questo non fosse successo, la repressione si sarebbe intensificata. «Quello che sta succedendo è frutto di una cospirazione», ha aggiunto, considerando l’adesione alle politiche occidentali la radice della protesta. Stati Uniti, Gran Bretagna, Arabia Saudita e Israele sono state minacciate e incolpate di essere coinvolte nelle proteste dal comandante delle Guardie Rivoluzionarie Hossein Salami.

La presidente del parlamento europeo Roberta Metsola ha espresso forti dichiarazioni nei confronti del governo teocratico iraniano. In una sessione dell’Eurocamera della scorsa settimana lo ha definito responsabile di una «repressione spietata delle manifestazioni e di violazioni dei diritti umani».

La situazione ha ora preso una piega agghiacciante. I giornali occidentali non hanno ancora comunicato la notizia della lettera, che probabilmente inizierà ad apparire in giornata su tutte le maggiori testate.

Seguiranno aggiornamenti.

Scritto da Gloria Pessina in collaborazione con Emanuele Lo Giudice

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