Ipnosi: che cos’è e cosa c’è di vero

di Fornito Emanuele
5 Min.

L’ipnosi è ormai parte dell’immaginario comune e, grazie a film, serie TV e letteratura, è subito associata a processi psicoanalitici o a fenomeni di magia. Ma da dove nasce?

Dalla metà del settecento a fine ottocento

La nascita di questa tecnica ancora oggi controversa, è fatta risalire alla Vienna della seconda metà del ‘700, dove un medico, tale Franz Anton Mesmer, ipotizzò che alcuni disturbi fossero dovuti ad un “blocco magnetico animale”, e che quindi fosse necessario un intervento esterno con dei magneti per ristabilire un normale “flusso”. Ciò vi potrà sembrare assurdo, ai limiti del gioco di prestigio, ma ai tempi fu una teoria scientifica che, seppur smentita dopo poco, ottenne grandi successi e, soprattutto, grande interesse.

Ad essere attratti dallo strano ed inspiegabile fenomeno furono, anche a distanza di decenni, in molti: da James Braid, che diede il nome alla tecnica (dal dio greco del sonno Hypnos, in riferimento allo stato sonnolente indotto tipico dell’ipnosi), a Josef Breuer, che utilizzò la tecnica per curare l’isteria e che influenzerà pesantemente gli studi di Sigmund Freud.

Cosa c’è di vero nell’ipnosi?

L’ipnosi, ad oggi, non ha una confutazione, tantomeno una conferma scientifica. Innanzitutto, è bene precisare che non è possibile attuare la tecnica senza che il soggetto sia disposto a farsi ipnotizzare. Questa implicazione risulta necessaria e sufficiente per comprendere la verità dietro il fenomeno. Infatti, se da una parte le tenciche di neuroimaging hanno evidenziato alterazioni dell’attività cerebrale, dovute ad un’inibizione del cosiddetto “controllo centrale” cognitivo, che porterebbero all’ipnosi[1] (deduzioni sostenute peraltro dalla teoria della dissociazione della coscienza[2]), dall’altra le teorie sociocognitive spiegano, anche in maniera abbastanza verosimile, come l’ipnosi non sia altro che il frutto delle aspettative soggettive di coloro che si sottopongono a tale pratica[3], una conclusione che, oltre ad essere in linea con la premessa fatta precedentemente, non entra affatto in contrasto con i risultati dell’imaging cerebrale.

ipnosi
©NLP PW (fonte)

Le conseguenze del fenomeno

È innegabile che il “successo” che ancora oggi ottiene l’ipnosi sia largamente dovuto al velo di mistero e stupore che la tecnica genera. Non a caso, dalla pseudoscienza l’ipnosi è divenuta ben presto parte delle performance “sovrannaturali” degli spettacoli di magia, studiati nei dettagli per rendere al massimo l’illusione di una tecnica fuori dall’ordinario. Ma se la magìa, come si sa, ci regala una manciata di stupore grazie alle illusioni che riesce a creare, è anche vero che l’ipnosi ha delle conseguenze ben più gravi.

Essere ipnotizzati, come si è detto, presuppone in primo luogo una volontà del soggetto di esserlo, e questo conduce ad una situazione di estrema vulnerabilità di quest’ultimo che, totalmente condizionato, è completamente nelle mani dell’ipnotizzatore che, se in malafede, è in grado di manipolare il soggetto e portarlo a credere di aver compiuto o di aver assistito ad eventi mai accaduti, per quella che prende il nome di False memory syndrome: come abbiamo visto nell’articolo dedicato, essa può portare a serie circostanze dal punto di vista legale, come false accuse o false testimonianze.


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Bibliografia

[1]Cojan, Y., Piguet, C., & Vuilleumier, P. (2015). What makes your brain suggestible? Hypnotizability is associated with differential brain activity during attention outside hypnosis. NeuroImage, 117, 367–374. https://doi.org/10.1016/j.neuroimage.2015.05.076

[2]Kihlstrom, J. F. (1985). Hypnosis. Annual Review of Psychology, 36, 385–418. https://doi.org/10.1146/annurev.ps.36.020185.002125

[3a]Kirsch I. (1994). Clinical hypnosis as a nondeceptive placebo: empirically derived techniques. The American journal of clinical hypnosis, 37(2), 95–106. https://doi.org/10.1080/00029157.1994.10403122 ;

[3b]Gwynn, M. I., & Spanos, N. P. (2018). Hypnotic responsiveness, nonhypnotic suggestibility, and responsiveness to social influence. In Hypnosis and imagination (pp. 147-175). Routledge.

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