Lignano: rifiuta le cure e insulta il medico perché nero

di Elisa Quadrelli
5 Min.

Andi Nganso sporge denuncia e invita a rompere il silenzio

Durante il suo turno notturno al pronto soccorso di Lignano Sabbiadoro, il medico in medicina d’urgenza Andi Nganso è stato coperto, per circa venti minuti, da insulti razzisti da parte del paziente 60enne che gli era stato affidato. È riuscito fortunatamente a registrare alcuni degli epiteti, con l’intento di sporgere denuncia. Il team legale dell’avvocata Cathy La Torre, WildSide-Human First ha accettato il caso pro-bono, ricordando a tutti che “l’odio si combatte con ogni mezzo, anche quello legale”. Si apre inevitabilmente una questione piú ampia: Andi Nganso racconta di non essere il primo a subire tale trattamento nell’esercizio della sua professione.

Chi è Andi Nganso?

Andi Nganso è un medico 35enne originario del Camerun, in Italia dal 2006 ha intrapreso gli studi nelle cittá di Parma e di Varese: rispettivamente Economia Aziendale e poi Medicina. Ha lavorato con la Croce Rossa Italiana nei centri d’accoglienza di Lampedusa e Bresso e tuttora lavora in Veneto, presso la struttura di Primo Intervento di Lignano Sabbiadoro, dove la notte del 17 agosto è stato profondamente offeso con insulti originati dall’odio razziale.

Andi Nganso

L’accaduto

Un 60enne con ferite da escoriazioni è stato trasportato dall’ambulanza al Pronto Soccorso.
L’infermiera che ha interagito con l’uomo prima di Andi Nganso ha riferito a quest’ultimo di aver ricevuto commenti misogini. Tali commenti di odio si sono convertiti in insulti razzisti nei confronti di Andi, che impossibilitato a proseguire una comunicazione efficace con il paziente, si è visto costretto ad allertare le forze dell’ordine. Infatti il paziente, tra un insulto e l’altro, ha rifiutato le cure di Andi, in quanto ritenesse inaccettabile che fosse un medico di colore.

L’episodio che ha visto come protagonista Andi Nganso non è unico nel suo genere. Egli stesso riferisce come episodi di questo tipo siano all’ordine del giorno anche tra medici ed infermieri, ma purtroppo non sempre si riesce a riferire dell’accaduto perchè denunciare tali episodi è un privilegio, un atto che richiede una certa dose di coraggio, nonchè speranza di ricevere un aiuto dalle istituzioni. Solo alla fine di Luglio si piangeva Alika Ogorchukwu, uomo di 39 anni di origini nigeriane, ammazzato brutalmente a Civitanova Marche dalla violenza razzista e ingiustificata di Filippo Ferlazzo.

Alika Ogorchukwu

La Legittimazione della violenza

Studi di stampo psicosociale affrontano da anni il tema della violenza razzista (e non solo), spiegando come certe brutalitá diventino accettabili nella mente di chi le compie. Gli epiteti razzisti hanno un ruolo fondamentale nella legittimazione della violenza: riducendo una persona come inferiore spesso le si toglie la possibilitá di essere riconosciuta come essere umano, portandola al livello di un oggetto o di un animale, di un qualcosa di estraneo e sbagliato, da espellere. Denigrando una persona a questo modo, si elimina l’empatia che ci accomuna come esseri umani, finendo per non provarla nei confronti della persona discriminata: è cosí che la violenza diviene “accettabile” per chi la compie.

Scritto da Elisa Quadrelli


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