Il Sorpasso (1962): un racconto di vita dolce dal sapore amaro

di Emanuele Fornito
8 Min.

Trama

In una Roma deserta a causa del Ferragosto, Bruno (Vittorio Gassman), un quarantenne estroverso e “nostalgico” dei propri anni giovanili, e Roberto (Jean-Louis Trintignant), un giovane studente universitario timido e poco propenso allo svago, si incontrano, trascorrendo insieme una giornata che si rivelerà, per entrambi, un’avventura di vita.

Recensione

Era il dicembre di sessant’anni fa quando, nelle sale italiane, Il Sorpasso fece il suo debutto, destinato a divenire una vera e propria pietra miliare del cinema italiano ed un capolavoro intramontabile ed iconico, nonché uno dei maggiori rappresentanti della cosiddetta commedia all’italiana (quando essa aveva ancora un fine artistico, morale e sociale, al contrario della degenerata commedia all’italiana degli ultimi decenni).

Il reparto tecnico ad oggi non può che essere considerato eccezionale: alla regia troviamo Dino Risi (che con questo film firma probabilmente il suo capolavoro) che, assieme a cineasti del calibro di Ettore Scola e Ruggero Maccari, scrive anche soggetto e sceneggiatura.

Una delle scene iniziali; in secondo piano l’iconica Lancia Aurelia B24

La genialità de Il Sorpasso è la sua duplice importanza: un’importanza di tipo sociale e un’importanza di tipo filosofico-esistenzialista.
Dal punto di vista sociale, quella che Dino Risi offre è un’analisi complessiva di quello che fu, dal punto di vista socio-culturale, il boom economico italiano. Difatti, già dalle prime sequenze, le panoramiche compiute sulla zona della Balduina (che in quegli anni rappresentava la rinascita economica a causa della sua recente costruzione e per l’affluenza dell’altoborghesia) suggeriscono uno scenario completamente diverso dai paesaggi “rustici” o tradizionali italiani: non lunghe distese naturali ma condomini voluti dall’imprenditoria edilizia per l’utilizzo da parte di importanti professionisti e personaggi importanti di quell’epoca. In realtà, si può notare di come l’intera narrazione si svolga su uno sfondo che va inevitabilmente a rappresentare le diverse realtà dell’Italia: la nuova usanza di partire in villeggiatura fuori città, la vitalità dei locali notturni ma anche l’Italia conservatrice che viene incarnata dagli zii di Roberto. Il tutto viene compiuto con un’impressionante maestria di Risi, che riesce a donare a Il Sorpasso quel valore storico che rende il film stesso un vero capolavoro.

Vittorio Gassman e Jean-Louis Trintignant in una scena del film

Dal punto di vista narrativo, il film pone le sue basi sull’opposizione dei due protagonisti. Bruno e Roberto sono difatti due poli diametricalmente opposti: Il primo è un uomo che, nonostante la sua età matura, sembra non aver accettato il passare degli anni, decidendo di continuare a vivere giorno per giorno alla ricerca del divertimento continuo; il secondo è invece un giovane studente, devoto ai suoi studi di giurisprudenza, tanto da restare a casa anche durante le giornate di festa, allontanandosi completamente da quel mondo giovanile fatto di amicizie, amori e divertimenti.

Risulta dunque chiaro che la caratterizzazione psicologica dei due personaggi innalza Il Sorpasso ad un livello molto più alto di una mera commedia fine alla risata superficiale: il lavoro degli sceneggiatori risulta a questo proposito notevole.

Come due magneti opposti, i due protagonisti non potevano che incontrarsi. Il punto di vista è posto sul personaggio di Roberto, di cui lo spettatore riesce ad ascoltare i pensieri che vengono inseriti di tanto in tanto con una voce fuori campo, usati per esprimere la netta distanza che il personaggio antepone tra i propri pensieri e le proprie azioni: durante l’intera durata del film, infatti, Roberto esprime continui pensieri avversi al modo di fare di Bruno, restando sempre in bilico tra continuare il “viaggio” intrapreso o tornare a casa.

Nella realtà dei fatti, tuttavia, egli non riesce mai a dire di no all’altro, il quale riesce a trascinare con leggerezza e facilità il ragazzo verso le esperienze più disparate, come un fratello maggiore che decide di divertirsi con il minore. Naturalmente, bisogna interpretare i due protagonisti come archetipi dell’uomo moderno: da una parte il riservato futuro professionista, dall’altra il disinvolto medioborghese.

Frame tratto da una scena de Il Sorpasso

Risulta chiaro, alla luce di quanto detto fino ad ora, che il film procede per dicotomie: è dicotomica anche l’importante riflessione esistenzialistica che trova la sua esplicitazione nel tragico finale. Analizzando l’intero svolgersi dei fatti è possibile notare di come Bruno e Roberto siano anche l’incarnazione di due stili di vita completamente differenti. Come fa anche nel film, il personaggio interpretato brillantemente da Vittorio Gassman insegna a viversi la vita, indipendentemente dai problemi che si incontrano durante il percorso. Il suo è un invito a cogliere qualunque occasione possibile per vivere a pieno l’oggi, senza preoccuparsi troppo del domani. Roberto, invece, insegna un attaccamento radicato alla propria carriera, a costo di rinunciare a tutto il resto, come amici e famiglia.

Una scena del film

Come anticipato poco fa, il finale del film è decisamente drammatico: in esso viene rappresentata la morte in un incidente stradale del giovane Roberto, morto proprio quando aveva finalmente compreso l’importanza di vivere la vita. Cosa volevano esprimere Risi, Scola e Maccari attraverso un finale così tragico (tanto da opporsi all’umore dell’intero film)? Ebbene, essi ci suggeriscono di non sprecare il nostro tempo nel perseguimento totalizzante di strade che spesso vengono imposte dall’alto, ma di cogliere la bellezza della gioventù e del mondo che ci circonda, cercando di creare ricordi carichi di emozioni, arricchendo giorno per giorno le nostre vite, poiché, come insegna il poeta latino Orazio (e ripreso da Lorenzo de’ Medici nel suo Il trionfo di Bacco e Arianna), è fondamentale cogliere (e quindi raccogliere con cura) il giorno, in quanto non abbiamo certezza del domani. Chiaramente i due protagonisti sono archetipi volutamente estremizzati nella loro psicologia dagli sceneggiatori, al fine di promuovere una profonda morale: come spesso accade quando ci si trova davanti a due estremismi, infatti, la soluzione migliore sta nel mezzo. E’ per questo motivo che bisogna far attenzione a non estremizzare quanto espresso poc’anzi: è importante trovare il giusto equilibrio nelle azioni che si compiono. Ancora una volta è Orazio a esserci d’aiuto:

La virtù è il punto medio fra due difetti, da entrambi equidistante.

Quinto Orazio Flacco, Epistularum Liber Primus, XVIII, IX

Scritto da Emanuele Fornito



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