Il signore delle formiche è un film del 2022 con la regia di Gianni Amelio, presentato alla 79a edizione della Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia, ricostruisce e reinterpreta l’Italia bigotta e religiosa degli anni ’60.

Il film ha ricevuto ben 11 candidature ai David di Donatello ed è ispirato ai fatti di cronaca che vedono come protagonista l’intellettuale Aldo Braibanti. Una denuncia aperta verso l’Italia degli anni ’60 che tanto non si discosta dalla società odierna.
Il signore delle formiche: la denuncia all’Italia bigotta e omofoba
Ci troviamo negli anni Sessanta, il drammaturgo e poeta Aldo Braibanti fu condannato a nove anni di reclusione con l’accusa di plagio, cioè di aver sottomesso alla sua volontà, in senso fisico e psicologico, un suo studente e amico da poco maggiorenne.
Il ragazzo, per volere della famiglia, venne rinchiuso in un ospedale psichiatrico e sottoposto a una serie di devastanti elettroshock, perché “guarisse” da quell’influsso “diabolico”. Alcuni anni dopo, il reato di plagio venne cancellato dal codice penale. Ma in realtà era servito per mettere sotto accusa i “diversi” di ogni genere, i fuorilegge della norma.
Prendendo spunto da fatti realmente accaduti, il film racconta una storia a più voci, dove, accanto all’imputato, prendono corpo i famigliari e gli amici, gli accusatori e i sostenitori, e un’opinione pubblica per lo più distratta o indifferente. Solo un giornalista s’impegna a ricostruire la verità, affrontando sospetti e censure.
Gianni Amelio ha da sempre a cuore i temi sociali e l’attualità. Il regista di Hammamet questa volta vuole portare all’attenzione dei suoi spettatori la lotta ai diritti civili, l’omofobia e l’oscurantismo religioso che vigeva negli anni Sessanta in Italia.
Esamina minuziosamente quella che era la situazione sociale e ideologico-istituzionale del tempo e lo fa affondando le radici in una storia di cronaca. Amelio opta per una narrazione dei fatti sospesa a metà tra il fittizio e il biografico, risultando però calante e talvolta confuso.
La rivoluzione per la libertà intellettuale

Quello di Gianni Amelio è un film che tratta, senza filtri, il disagio dell’omosessualità in una società negazionista ed eterodossa. Lo script della pellicola, a differenza dell’idea di partenza, appare tuttavia confuso e sotto certi aspetti eccessivamente romanzato.
Le vicende tra i personaggi sono, infatti, liberamente reinterpretate senza però eroicizzare il personaggio di Braibanti. Mostra il volto severo e ipocrita del tempo, alterna scene in manicomio ad altre di proteste rivoluzionarie del Partito Radicale per la libertà individuale, racconta l’Italia senza filtri. Con le sue ambientazioni e i suoi quadri sapientemente curati, la pellicola mira ad evidenziare come, sessant’anni dopo, permane la discriminazione e il senso d’inquisizione, seppur mascherato, nell’Italia odierna.
Io non sono come loro, ma sono anche come loro
da Il signore delle formiche
Buon film, ma con qualche inesattezza storica

Seppur Il signore delle formiche abbia tutte le carte in regola per essere un buon film, non manca certo di note stonate.
Se la parte tecnico-pratica del film ci offre una buona fotografia, inquadrature fisse e profondità estetica, composizioni sinuose e scelte sceniche di rilievo dove emerge la bravura del regista, la sceneggiatura viene meno.
Il film risulta essere molto didascalico e scolastico, i personaggi non hanno una reale evoluzione risultando essere abbastanza piatti. La narrazione sembra voler puntare l’attenzione sull’accusa religiosa e sociale venendo meno all’accuratezza storica. Durante la pellicola vediamo omessa la reale posizione de l’Unità in favore di Braibanti e contro la sentenza. Il cronista dell’Unità che seguì il caso – nel film interpretato un talentuoso Elio Germano – fu sostenuto dalla direzione del giornale.

Il processo che occupa gran parte del film è descritto e diretto in modo mirabile. Luigi Lo Coscio, nei panni del protagonista, ne offre un ritratto sobrio e coerente, un’interpretazione pulita e degna di nota anche quella dell’esordiente Leonardo Maltese che si presta nel ruolo di Ettore Tagliaferri. Nel passaggio di eccessi di una società divisa e parallela i due ne sembrano quasi del tutto distaccati, semplici nella loro complessità.
Questo processo è davvero lo specchio del nostro Paese nell’aspetto più retrivo, più meschino. più criminale. È per quello che devi combattere
da Il signore delle formiche
La narrazione risulta frammentata nel montaggio, difatti, si ha un’alternarsi si scene avanti e dietro nel tempo. Il film coinvolge poco emozionalmente e risulta essere molto sterile sotto questo punto di vista.
Merita una menzione la scena in tribunale in cui incontriamo Ettore Tagliaferri, provato dalle cure in manicomio, che racconta la natura la sua verione dei fatti evidenziando quanto la natura del loro amore sia dettata da sentimenti comuni.
In conclusione
Ritengo che Il signore delle formiche sia un buon prodotto. Il regista lascia parlare il processo mostrando, senza ulteriori indugi, un paese ipocrita, delirante e menzognero. Una lente d’ingrandimento su una pagina nera della cronaca Italiana che non dovrebbe essere dimenticata.
Scritto da Nina D’Amato
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