Il rapporto Neet e la disoccupazione giovanile in Italia

di Elisa Quadrelli
Pubblicato: Ultimo aggiornamento il 10 Min.

È stato da poco pubblicato, l’8 Novembre 2022, il rapporto “NEET tra disuguaglianze e divari. Alla ricerca di nuove politiche pubbliche” redatto dalla Confederazione Generale Italiana del Lavoro (CGIL) in collaborazione con ActionAid, associazione internazionale. Secondo la definizione fornita dall’Eurostat i Neet sono giovani dai 15 ai 29 anni che al momento della rilevazione dei dati non lavorano, né studiano e non partecipano a nessun tipo di formazione professionale. In Italia questi giovani arrivano fino ai 34 anni. Confrontati i dati italiani con quelli europei, risulta che tutte le regioni italiane superano la media dei Neet calcolata sulla popolazione giovanile in Europa nell’anno 2020, che resta al 15%.

Neet in Italia: quanti e perché 

I Neet in Italia sono maggiormente donneresidenti nel sud della penisola, in età adulta e con licenza media o superiore. Si possono distinguere peró, grazie al dettagliato rapporto, anche diverse fasce interne al gruppo dei Neet. Diverse fasce con diverse caratteristiche vanno considerate per poter capire come sia disposto il fenomeno sul suolo italiano e come cambiare la situazione. Per poter procedere a tali scopi è necessario considerare la definizione di Neet non come un’etichetta da affibbiarema come un esito visibile di una serie di eventi, che ne hanno determinato esistenza e persistenza. Considerarlo un’etichetta discrimina quelli che verrebbero considerati “nullafacenti” in un unico gruppo, che guarda caso riguarda la fascia di popolazione che dovrebbe rappresentare il futuro di questo paese. È importante conoscere i Neet e le loro ragioni, per comprendere il fenomeno.

“Appaiono evidenti alcuni elementi che, da almeno quarant’anni, ci caratterizzano come un Paese poco attento alle sue generazioni più giovani.” 

Riferisce a questa maniera la professoressa Giustina Orientale Caputo nella sua prima analisi del caso Neet, nell’atto di spiegare come la questione Neet non sia assolutamente una novità. Le responsabilità inoltre sono da suddividere tra chi si occupa di offrire lavoro ed opportunità e chi le riceve. La professoressa, che insegna Sociologia dei Processi Economici e del Lavoro all’Universitá Federico II di Napoli, aggiunge la discriminazione per etá e per genere tra i fattori concatenanti che determinano la problematica. Spiega cosí come emerge un caso unico italiano in tutta Europa per numeri e per fenomenologia: la disoccupazione giovanile.

Neet in Italia: chi sono?

È l’ISTAT a fornire una prima distinzione tra Neet disoccupati e Neet inattivi. I Neet disoccupati possono non essere occupati, senza nemmeno un lavoro saltuario, oppure essere attivamente in cerca di occupazione, o infine essere immediatamente disponibili a lavorare. Coloro che invece non cercano attivamente lavoro, nè sono occupati, sono appunto Neet inattivi.

Un ulteriore modo di distinguere i diversi giovani disoccupati e le loro ragioni ha a che fare con la fascia d’etá. 

Il rapporto Neet identifica un primo gruppo di “Giovanissimi/e fuori dalla scuola”: ragazzi dai 15 ai 19 anni, senza esperienza lavorativa e inattivi, con la sola licenza media. Non sono molti e non sono localizzabili in una sola area di densità. 

Poi si distingue una seconda fascia di giovani dai 20 ai 24 anni, alla ricerca di una prima occupazione. Principalmente residenti nel regioni del Mezzogiorno, hanno la cittadinanza e il diploma superiore. Soprattutto di genere maschile, risiedono in grandi città. Sono loro a costituire la fascia piú numerosa, che riflette la difficoltà ad inserirsi nel mercato del lavoro

Il terzo gruppo include persone tra i 25 e i 29 anni, ex-occupati in cerca di un nuovo lavoro, dopo aver perso o abbandonato un’occupazione precedente. Bisogna soffermarsi in questo caso nel fare presente la preponderanza di contratti a tempo determinato, che non permettono di costruirsi prospettive a lungo termine. La conseguenza di ciò è evidente, con esperienze di lavoro frastagliate ed eterogenee, ma anche difficoltose nella loro intermittenza. Si trovano in questa fascia principalmente maschi con alto livello di istruzione, che percepiscono un sussidio di disoccupazione, localizzati maggiormente nel centro della penisola.

Infine, troviamo la fascia degli “Scoraggiate/i”: giovani tra i 30 e i 34 anni con precedenti esperienze lavorative ad ora peró inattivi. Si tratta soprattutto di donne, che si è rilevato fatichino ad uscire dalla condizione di Neet. In questa fascia ci sono bassi livelli di istruzione, che arrivano al diploma professionale ed è presente la cittadinanza straniera: testimonianze statistiche di disuguaglianze strutturali, che si riflettono in una sofferenza diffusa, complessa e profonda. 

L’intervento che c’è e quello che serve

Secondo il segretario confederale della Cgil, Christian Ferrari “Occorre modificare la narrazione sui giovani nel dibattito pubblico, per ridare loro centralità nelle politiche e negli interventi dei prossimi anni. I giovani non sono il problema del nostro Paese, ma una straordinaria risorsa fin qui inespressa. Le condizioni di contesto, infatti, li hanno relegati troppo spesso in una situazione di esclusione sociale come quella dei Neet”.

Se l’Europa mette a disposizione fondi ed opportunità per migliorare la situazione, essi andrebbero sfruttati, così spiega ulteriormente Ferrari, dopo aver indirizzato l’attenzione sulla necessità di provvedimenti per contrastare il precariato e favorire l’ingresso al mondo del lavoro.

Garanzia Giovani è un complesso intervento avviato nel biennio 2015-2016, dedicato a supportare l’approdo dei NEET al mercato del lavoro. Questo programma presenta difficoltà nel raggiungere giovani provenienti da ambienti sociali caratterizzati dal difficile accesso ad opportunità. Tale impedimento deriva da condizioni socioeconomiche di povertá, con mancate di possibilità di affiliazione alle reti dei servizi competenti, ma anche di poter restare all’interno di questi contesti. 

La misura 1D «Intercettazione e attivazione di giovani NEET svantaggiati» di Garanzia Giovani, introdotta nel 2019 sarebbe dovuta partire dal coinvolgimento di giovani interni a nuclei familiari richiedenti il Reddito di Cittadinanza (RdC). Purtroppo non si sono evidenziati particolari interventi a partire da questa misura, rivelatasi quasi fallimentare, con progetti specifici attivi solo in Veneto, Toscana e Campania.  

È inoltre considerato riduttivo l’approccio di tipo economico nel coinvolgimento dei giovani, che presenta una fallacia nell’individuazione di marginalità di natura sociale nelle fasce deboli della popolazione.

Il Reddito di Cittadinanza si é rivelato invece negli ultimi anni un utile strumento per avvicinare giovani a realtà come quelle del Centro per l’Impiego, che favoriscono la possibilità di occupazione e di integrazione nella comunità. 

Da dove partire?

Per risollevare la situazione è importante considerare la disuguaglianza determinata sia dalle condizioni socioeconomiche di partenza, che penalizzano chi non ha gli stessi strumenti di partenza che offre una famiglia benestante. È importante considerare anche la presenza nel mercato del lavoro di proposte economicamente poco dignitose che i lavoratori rischiano di essere costretti ad accettare, pena la disoccupazione e lo sfinimento. Tutte questioni che riportano nel mirino la necessità dell’introduzione di un salario minimo. 

Sono importanti da considerare le disparità nelle offerte di lavoro alle donne rispetto a quelle destinate al genere maschile. C’è infatti una poca inclusivitá, sorprendentemente proprio di Neet donne che hanno precedenti esperienze di lavoro e vengono, ad una giovane età, escluse dal mercato del lavoro. 

È anche l’etá motivo di esclusione, determinando il caso italiano che eccede la fascia europea di Neet, che arriva solo a 29 anni. Rilevata significativa è la disparità anche tra il nord ed il sud del paese, già presente in molti altri ambiti e da considerare nell’orizzonte delle soluzioni.

Il ruolo delle scuole nell’impedire la marginalizzazione di fasce deboli della popolazione, favorendone l’avviamento al lavoro, è fondamentale. È compito anche degli insegnanti aiutare a far diminuire il livello di dispersione scolastica, che può in un effetto domino ridurre le possibilità di lavoro di chi abbandona la scuola prima del tempo. 

Probabilmente una revisione dei progetti e delle proposte di Alternanza Scuola Lavoro aiuterebbe il passaggio dal mondo dell’istruzione a quello lavorativo, oltre ad un possibile contenimento delle morti di giovani mandati a lavorare in contesti poco sicuri e poco formativi. 

Infine è importante considerare che molti giovani con una preparazione universitaria di alto livello vengono impiegati in mansioni molto al di sotto delle loro capacità, portandoli a cercare altrove opportunità di lavoro e togliendo all’Italia importanti risorse. Non sono loro peró gli unici a scappare, ma anche la manodopera di settori come il secondario a cercare opportunità altrove. 

Il rapporto sui Neet è un doveroso report di una realtà che bisogna smettere di accettare come unica possibile, per iniziare a cambiarla. 

Scritto da Elisa Quadrelli

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