I figli unici crescono davvero tristi e soli?

di Alessio Pio Pierro
4 Min.

Diciamocelo, la presenza di numerosità in una famiglia è una cosa un po’ vecchia e idealizzata.

Abbiamo sorpassato ormai il periodo dove le famiglie per ricevere benefici dallo stato, procreava 7 figli per “la propagazione della razza” o perché serviva la manodopera in campagna.

I pregiudizi sulla figura del figlio unico.

Nonostante i dati Istat dicano che qui in Italia i nuclei familiari con un solo figlio rappresentino la maggioranza dei nuclei con più figli, a causa di radicate tradizioni, la presenza di famiglie del genere, è ancora stigmatizzato.

C’è la visione, un po’ come la si vede con gli animali, che un bambino all’interno di un nucleo familiare debba crescere in compagnia, per la paura che possa diventare introverso o addirittura depresso, un motivo per esempio può essere proprio la mancanza dei genitori durante il periodo di presa di autonomia del bambino che viene colmata con un coetaneo.

La teoria dell’attaccamento di John Bowlby

Nega queste credenze lo psicologo inglese John Bowlby che nel 1969 formulò la teoria dell’attaccamento che si incentra proprio sul periodo prescolare dell’individuo. Bowlby afferma infatti che la personalità di un soggetto cominci sin dai suoi primi anni di vita.
“ogni forma di comportamento che appare in una persona riesce ad ottenere o a mantenere la vicinanza a un individuo preferito”
Per lui l’attaccamento a una figura adulta dalla nascita è fondamentale per poter crescere in sicurezza e affetto, la relazione con i suoi coetanei non è indispensabile come quella genitoriale.

Gli esperimenti sui macachi di H.Harlow.

A confermarlo ci sono gli esperimenti con i machachi di Harlow. Lo psicologo statunitense dimostra in una serie di esperimenti i piccoli di scimmia messi alle prese con una madre fantoccio di metallo con accanto un biberon e una madre coperta da una stoffa morbida e senza biberon.
L’esperimento ha confermato la tesi di Bowlby, i macachi infatti stazionavano la maggior parte del loro tempo con la madre senza biberon, solo quando sentivano il bisogno di nutrirsi si recavano dalla madre di metallo con il biberon. Ciò dimostra che la connessione tra l’infante e la figura genitoriale non dipenda dalla necessità di nutrimento ma dall’affetto e dalla sicurezza datogli. Bowlby notó gli stessi schemi comportamentali adottati anche dai neonati.

In conclusione, Bowlby riteneva che i legami affettivi fossero fondamentali per la sopravvivenza e come spiegato anche dalla strange situation, l’affidabilità e la sicurezza di un bambino è dipendente dalla sua figura di affidamento, non di certo da una figura coetanea, che non è di intralcio ma neppure essenziale.

E dal lato economico?

Come spiegato ampiamente dal Post, alcuni economisti ritengono che una famiglia più numerosa implichi meno risorse da investire per figlio, per l’istruzione e per i beni di prima necessità.

Perché nasce lo stereotipo?

I pregiudizi riguardo la figura del figlio unico all’interno di un nucleo familiare sono dati dalle scarse risorse delle scienze sociali nel periodo Ottocentesco, dove spesso sono state riferite false informazioni da sociologi a causa di uno studio poco accurato e che hanno modellato lo stereotipo presente ancora oggi.

I tempi sono cambiati e di conseguenza anche le nostre condizioni sociali, concezioni e stili di vita si sono evoluti, ma alcuni luoghi comuni rimangono ancora ben radicati e dilaga la disinformazione.

Scritto da Alessio Pio Pierro


Le foto presenti in questo articolo provengono da internet e si ritengono di libero utilizzo. Se un’immagine pubblicata risulta essere protetta da copyright, il legittimo proprietario può contattare lo staff scrivendo all’indirizzo email riportato nella sezione “Contatti” del sito: l’immagine sarà rimossa o accompagnata dalla firma dell’autore.

Articoli Correlati