Gabriele D’Annunzio: il ritratto di un uomo armoniosamente contradditorio

di Costanza Maugeri
Pubblicato: Ultimo aggiornamento il 5 Min.

Ben ritrovati cari lettori e lettrici, oggi vorrei cambiare prospettiva, non ho intenzione di parlarvi di un’opera in particolare, ma di un autore,

Gabriele D’Annunzio: un uomo di contraddizioni

Gabriele D’annunzio, scrittore e poeta italiano del secondo Ottocento, rappresenta ancora oggi una delle personalità più interessanti e contradditorie della Letteratura italiana.

Personalità egocentrica, trascorre la sua intera vita costruendosi l’immagine del poeta monumento. Potremmo definirlo un protodivo, ama mettersi in mostra davanti al suo pubblico: la borghesia, che ama e disprezza allo stesso tempo, non riuscendo ad accettare, in cuor suo, di essere parte egli stesso della medesima classe sociale alla quale si rivolge.

Il bisogno spasmodico di stare sotto i riflettori a lungo andare, lo stanca, è un uomo che, in fondo, sente la necessità della solitudine per ripiegarsi sulla scrittura e tramite essa diffondere salvifica bellezza.

D’annunzio rappresenta a pieno la sua epoca: lo slancio verso la modernità e il legame con l’antichità.

L’aeroplano e la scultura classica in lui suscitano, un seppur differente fascino.

Una perpetua contraddizione che non disgrega il suo animo, lo rende, piuttosto, eternamente unico all’interno del panorama letterario italiano.

Gabriele D’annunzio e il suo rapporto con la borghesia

La critica letteraria tende a semplificare il rapporto di D’Annunzio con la borghesia, tramandoci un suo pieno disprezzo nei confronti di quest’ultima e dei suoi valori.

E’ realmente così?

In realtà il contradditorio D’annunzio, non si smentisce neanche in questo caso.

Egli vive un doppio sentimento: odio e ammirazione per la borghesia, quest’ultima viene cosi tanto sublimata da apparire nella sua vera essenza: pura apparenza valoriale,

Gabriele D’annunzio rappresenta il tipico borghese che, consapevole della vacuità dei valori dominanti li carica di innaturale bellezza, volendosi elevare dalla sua stessa classe sociale, tratta con disprezzo l’esistenza comune, pur rappresentando egli stesso l’uomo comune, tanto che del filosofo tedesco Nietzsche ama il “superuomo”, intesa come potenza e volontà, ma non accetta il suo rifiuto dei valori, annientamento, oserei dire.

Sotto questo punto di vista  è esemplare “Il Piacere” che accanto ad una scarna trama rivelatrice della vita fallimentare di Andrea Sperelli, esteta protagonista dell’opera descrive una Roma barocca vuota e pretenziosa, specchio della vita piena di apparenze, di cui i salotti e i palazzi nobiliari sono la manifestazione.

Quella volta in cui D’Annunzio morì per la prima volta…

La sete di fama di D’annunzio tocca vette tragicomiche.

Il primo volume, che ebbe un notevole successo, di D’Annunzio “Primo Vere” esce nel 1879, un anno dopo sui giornali dell’epoca viene pubblicata la notizia della sua morte avvenuta “cadendo da cavallo sulla strada di Francavilla”.

Una notizia non vera, lo stesso D’Annunzio firmandosi su una cartolina “G. Rutini”, scrisse alla rivista “Il Fanfulla della Domenica” per comunicare la sua morte, pochi giorni prima della pubblicazione della seconde edizione del Volume.

La notizia fa il giro della Penisola Italiana, decine di condoglianze, pensieri struggenti. Dopo qualche qualche giorno ricompare, come se nulla fosse accaduto.

L’onda di dolore provocata dalla finta morte, aveva donato il successo sperato all’Opera e D’Annunzio era morto per la prima volta.

“Io modesto? É il solo difetto che mi onoro di non avere.”

Gabriele D’Annunzio

Scritto da Costanza Maugeri


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