Festival di Cannes: sguardo alla storia della competizione

di Emanuele Fornito
17 Min.

Mancano ormai pochi giorni alla conclusione del Festival di Cannes, che vedrà la consegna da parte della giuria dell’ambita Palma d’oro al miglior film in competizione quest’anno. Nell’attesa, diamo uno sguardo ad alcuni dei film che hanno vinto questo prestigioso premio nelle (tante) edizioni precedenti del Festival.

E’ stato davvero difficile scegliere i titoli, escludendo a malincuore molti altri, ma ricordiamo che, oltre ad essere questo articolo puramente informativo, premi come questo, o anche come l’Oscar, sono assolutamente marginali, in quanto non vanno in alcun modo a determinare la validità artistica di un’opera, sia essa una vincitrice o neanche selezionata.

Breve excursus sulla storia della Palma d’oro

Il premio, assegnato per la prima volta nel 1939, non ha avuto sempre il nome con il quale lo conosciamo oggi. Difatti, fino al 1954 esso prendeva il nome di Grand Prix of the International Film Festival. Questo venne sostituito l’anno successivo con “Palma d’oro”, in riferimento allo stemma araldico della città di Cannes. La denominazione iniziale fu tuttavia reintrodotta nel 1964 per problemi di copyright e poi definitivamente rimpiazzata dall’odierna nel 1975. Ma partiamo ora con i titoli, presentati in ordine cronologico.

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Roma città aperta (1945)

Capolavoro del regista italiano Roberto Rossellini e manifesto del neorealismo italiano, oltre ad essere una colonna del cinema mondiale. Roma città aperta è un film rivoluzionario, che ha segnato la storia del cinema direttamente, in quanto innovativo per tematiche e modalità, ed indirettamente, in quanto ha influenzato generazioni di registi successivi. Primo film italiano ad aver mai vinto la competizione di Cannes. Ne abbiamo parlato qui.

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La dolce vita (1960)

Tra i migliori film mai fatti, La dolce vita fu un vero successo già all’uscita, e non poteva essere altrimenti. Una riflessione filosofica sulla condizione dell’uomo moderno, la tragicità che viene nascosta dalla barocca mondanità. Un’apoteosi estetica e filosofica unita ad un’inimitabile maestria registica di Federico Fellini, il quale è riuscito a donare alla storia un capolavoro imprescindibile.

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Il Gattopardo (1963)

Tra i film italiani più conosciuti, Il Gattopardo è un vero e proprio cult, tratto da un classico della letteratura italiana. La regia del leggendario Luchino Visconti è accompagnata da un cast per l’epoca importantissimo: Claudia Cardinale, Alain Delon, Burt Lancaster solo per citarne alcuni.

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Les Parapluies de Cherbourg (1964)

Tra i pochi film aderenti alla corrente della Nouvelle Vague ad aver ricevuto la Palma d’oro, Les Parapluies de Cherbourg è un musical diretto da Jacques Demy, tra i più importanti registi francesi, con protagonisti Catherine Deneuve (volto del Festival 2023) e Nino Castelnuovo. Il film non è sicuramente per tutti, in quanto è completamente cantato, ma indubbiamente la meravigliosa scelta cromatica e la regia magistrale di Demy non possono di certo lasciare indifferenti.

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Signore & Signori (1966)

Commedia all’italiana firmata da Pietro Germi, il film è uno spaccato a tratti comico, a tratti satirico, su quella che era la classe medioborghese dell’Italia degli anni ’60. Germi con grande intelligenza e conoscenza cinematografica riesce a mettere insieme un film simbolo del cinema italiano, pilastro del suo genere (prima che la commedia all’italiana venisse capitalizzata e svuotata di ogni senso artistico).

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Blow-Up (1966)

Con Blow-Up si parla di cinema di altissimo livello. Michelangelo Antonioni, tra i più importanti registi della storia, esprime in questo film una profonda riflessione sul ruolo delle immagini e sulla loro fallacia, in una storia coinvolgente e quasi ipnotizzante, come solo Antonioni riusciva a fare.

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La classe operaia va in paradiso (1971); Il caso Mattei (1971)

I due film italiani hanno vinto ex-aequo il premio in questione, ma sono diversi i punti in comune dei due film. Oltre ad essere stati diretti da due dei più importanti registi italiani, rispettivamente Elio Petri e Francesco Rosi, essi sono pilastri del cinema italiano politico.

La classe operaia va in paradiso, secondo film della trilogia della nevrosi, esprime per la prima volta la condizione alienante del lavoro, grazie anche ad una magnifica interpretazione di Gian Maria Volonté. Attore che è protagonista, nei panni di Enrico Mattei, anche de Il caso Mattei, film inchiesta su una delle morti più misteriose della storia repubblicana. Entrambi i film si distinsero per la carica rivoluzionaria e la lucidità con la quale i registi analizzano la realtà.

Taxi Driver (1976)

Capolavoro del regista Martin Scorsese e manifesto della New Hollywood, anche Taxi Driver si distingue per rivoluzionarietà e lucidità analitica. Il film è infatti una profonda riflessione sull’alienazione dell’uomo americano contemporaneo, afflitto dalle proprie nevrosi e dalla solitudine. Un capolavoro senza tempo che ha inoltre lanciato la carriera di Robert De Niro, qui protagonista.

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L’albero degli zoccoli (1978)

Dalla regia del maestro Ermanno Olmi, L’albero degli zoccoli può definirsi una sorta di “post-neorealismo”, nel senso che esso va a raccontare le vite contadine di quattro famiglie bergamasche ma lo fa in senso nostalgico verso tempi e condizioni ormai perdute (per questo non può dirsi un film neorealista vero e proprio).

Nella nostalgia con cui il regista guarda al suo passato egli dona una grandissima opera del cinema italiano, con tantissimi spunti di riflessione. Il film sarà l’ultimo film italiano a vincere la Palma d’oro per molti anni, infatti bisognerà aspettare il 2001 con La stanza del figlio di Nanni Moretti per vedere di nuovo l’Italia trionfare nella competizione.

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Apocalypse Now (1979)

Capolavoro del regista italo-americano Francis Ford Coppola, il film è ormai un cult, e va a mostrare gli orrori della guerra in riferimento a quella combattuta nel Vietnam. Liberamente ispirato al racconto Cuore di tenebra di Joseph Conrad, il film tocca vari stili e si addentra nella parte più recondita della mente dell’uomo, esplorando le sue follie, meschinità e perversioni. Ne abbiamo parlato più approfonditamente qui.

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La ballata di Narayama (1983)

Il regista giapponese Shōhei Imamura (due volte vincitore della competizione nel 1997 con L’anguilla, ex-aequo con Il sapore della ciliegia), pilastro della Nouvelle Vague giapponese, conduce in questo film una sorta di analisi antropologica sulla popolazione giapponese, indagando in particolar modo il rapporto uomo-animale, da un punto di vista tanto ideologico quanto “materiale”. Imamura va infatti a mettere in discussione la solita distanza che l’uomo interpone tra sé e gli animali, in quanto l’uomo, per quanto sia deciso ad elevarsi ed emanciparsi attraverso il duro lavoro, finisce per cedere ai propri istinti. Il film, attraverso un crudo realismo, riesce dunque ad offrire una visione originale e nuova.

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Paris, Texas (1984)

Il leggendario regista Wim Wenders firma con Paris, Texas uno dei suoi capolavori. Il film è infatti incentrato su un uomo che decide volutamente di non parlare e sul suo rapporto con la famiglia: egli era sposato con una donna, scomparsa, con la quale ha avuto un figlio, abbandonato dopo la partenza della donna. Ritrovato da suo fratello, l’uomo decide di ristabilire il rapporto con il bambino e di ritrovare la sua amata. Ne risulta un film con un ritmo chiaramente diverso dal solito, che riesce a trasmettere forte emotività e sentimenti tendenti soprattutto a note nostalgiche, il tutto basato su uno stile fantastico. E’ inoltre il primo successo nella competizione del regista tedesco.

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Pulp Fiction (1994)

Secondo lungometraggio del regista Quentin Tarantino, primo a trionfare nella competizione principale, Pulp Fiction è ormai entrato da tempo nella cultura pop, essendo tra i film più conosciuti. Nel film vengono sicuramente fuori elementi tipici del regista, il quale, come aveva fatto già ne Le iene, dimostra un grande talento per quanto riguarda sceneggiatura e regia. Pulp Fiction è un film sui generis, con tanti elementi pop e che non poteva che diventare un cult.

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Il sapore della ciliegia (1997)

Diretto da uno dei più importanti registi orientali e mondiali, l’iraniano Abbas Kiarostami. Il sapore della ciliegia segue la giornata di un uomo deciso ormai a suicidarsi, ma che vuole dare un’ultima possibilità alla vita andando alla ricerca di motivi per i quali valga la pena viverla. Un film poetico e profondissimo, volto unicamente alla riflessione, come suggerisce anche lo stile ed il ritmo lenti e con pochi dialoghi. Un vero e proprio capolavoro. Primo film iraniano a vincere la competizione.

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The Tree of Life (2011)

Su The Tree of Life c’è poco da poter dire, è un capolavoro dell’arte contemporanea. Attraverso il suo stile incantevole ed elaborato Terrence Malick riesce a condurre un’analisi filosofico-esistenzialista sulla vita e la morte dell’uomo, per poi elevarsi al rapporto tra uomo stesso e natura e poi sull’essenza filosofica della natura stessa, il tutto unito ad elementi autobiografici. Un film dal livello cinematografico davvero elevato.

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Parasite (2019)

Diretto da Bong Joon-Ho, il film ha riscosso parecchio riscontro mediatico grazie anche al suo grande successo agli Oscar. Parasite indaga il conflitto di classe in maniera sopraffina, grazie ad una sapienza registica e ad uno stile davvero notevoli da parte del regista sudcoreano. Inoltre è il primo film sudcoreano a ricevere la Palma d’oro per la competizione principale.

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Scritto da Emanuele Fornito


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