Ekaterinburg 1918: i gioielli non fermarono i proiettili

di Emanuele Lo Giudice
11 Min.

La fine dei Romanov, l’ultima famiglia imperiale. Deposti durante la Rivoluzione di Febbraio, con la morte di Nicola II di Russia ad Ekaterinburg si chiude per sempre la storia dello Zar.

Un mese dopo lo scoppio della Rivoluzione russa, che spinse il paese ad uscire dalla Prima guerra mondiale, Nicola II di Russia abdicò al trono, divenendo agli occhi dei bolscevichi solamente “Nicola Romanov”. Dopo tre secoli di potere, la fine della famiglia Romanov arrivò in una notte del Luglio 1918, quando morì giustiziata ad Ekaterinburg

Ancora oggi vi sono versioni discordanti sugli avvenimenti della notte tra il 16 e il 17 Luglio 1918. Nonostante rapporti sull’esecuzione e testimonianze, la fine dei Romanov non si esime dall’essere raccontata in maniera diversa ogni volta che ne se parla. C’è chi narra la vicende con crudeltà, chi ne parla con rancore o con nausea. C’è anche chi ne parla con malinconia, sostenendo che alcuni membri reali non siano in realtà morti, ma che siano rimasti in vita e fuggiti dalla Russia

Fu nel 1979 che il sito ove i corpi erano stati dati alle fiamme venne ritrovato, ma solo anni dopo ne venne resa pubblica l’esistenza. Nel quadro della Glasnost’, la trasparenza gorbachioviana e la caduta dell’Unione Sovietica portarono agli occhi del mondo la fine brutale dell’ultima famiglia imperiale russa. “Vittime di repressione politica” citava il resoconto di un lungo processo legale che si concluse nel 2008. Otto anni prima la Chiesa ortodossa russa canonizzò la famiglia Romanov e la indicò come “martire della Passione”.

“Nicola II il sanguinario” credeva che l’amassero

Nicola II di Russia (Nikolaj Aleksandrovič Romanov), l’ultimo Zar

Al trono al 1864, Nicola II succedette a suo padre Alessandro III, morto di nefrite all’età di 49 anni. Figlio maggiore, Nicolaj divenne Nicola II di Russia in un impero di vasta grandezza, ma ormai quasi giunto al capolinea. Descritto come un uomo limitato e privo di immaginazione, Nicola II risultò insicuro e incapace di governare un impero in anni come quelli del primo novecento. Fervido sostenitore del suo diritto divino di governare, furono pochi i successi che Nicola II ebbe come zar. La perdita della guerra contro il Giappone (1904-1905) quasi portò al rovesciamento dello zar, rivoluzione non eliminata completamente ma semplicemente rimandata a dodici anni dopo. Nicola II, credendo di essere ben voluto dal popolo, escludeva qualsiasi ipotesi che la sua figura potesse un giorno venire meno. Non mancò comunque di eliminare qualsiasi probabile limitazione al suo potere, debilitando in partenza, per esempio, la Duma istituita dopo la Rivoluzione del 1905.

L’entrata dell’impero russo nella prima guerra mondiale segnò la fine del potere zarista, il cui imperatore rimase cieco dinnanzi al calo che il suo prestigio aveva avuto nel decennio precedente. Di opinioni diverse rispetto a quelle dello Zar, i suoi sudditi l’avevano additato come “Nicola II il sanguinario”, allontanandosi dalla figura che per tre secoli aveva guidato l’impero nel corso della storia. Accanto a Nicola II vi era Aleksandra Fëdorovna Romanova, nata ”d’Assia e di Renania” e nipote della Regina Vittoria del Regno Unito. Pare essere stato un amore vero quello tra gli zar, nonostante la tradizionale unione per interessi dinastici del tempo, che culminò con la nascita di quattro figlie e dell’erede al trono, Aleksej Nikolaevič. Paranoica e distaccata, Alessandra non veniva vista di buon occhio dal popolo, che la considerava un’estranea.

La vulnerabilità principale della famiglia reale era però l’erede al trono che, malato di emofilia, era sì circondato da un contesto familiare amorevole, ma generava allarme per una possibile interruzione della linea dinastica dei Romanov. Tale vulnerabilità portò i Romanov a fidarsi ciecamente di Rasputin, le cui capacità di guarire e di preveggenza portarono la zarina a cedergli il figlio per preservarlo dalla malattia. L’influenza di Rasputin sembra rientrare nello spettro delle cause che portarono alla fine dei Romanov, soprattutto quando la zarina si trovò da sola a nominare dei ministri mentre Nicola II era al fronte nel 1915. Da lì, in una rocambolesca caduta, si aprì l’inevitabile fine.

Ekaterinburg, 17 Luglio 1918

La famiglia Romanov venne tenuta in prigionia nei mesi successivi all’abdicazione della Zar. Dapprima mandati al Palazzo di Carskoe Selo, con l’idea di un esilio in Gran Bretagna o nell’Europa continentale, le vie di fuga per i Romaov si chiusero velocemente una dopo l’altra. L’ultima tappa fu Ekaterinburg, fortezza anti-zarista sita negli Urali.

Ol’ga, Tat’jana, Marija, Anastasija e Aleksej Romanov

I Bolscevichi avevano in realtà preso in considerazione l’eliminazione della famiglia reale per affievolire la forza dei monarchici, intenzionati a smorzare la rivoluzione per ristabilire la figura dello Zar. I bolscevichi presero la decisione poco prima che l’Armata Bianca (esercito controrivoluzionario russo) raggiungesse Ekaterinburg e Casa Ipat’ev, ultimo alloggio degli Zar. Sebbene l’accoglienza iniziale non fu crudele, con l’arrivo di Jakov Jurovskij al comando delle guardie lì presenti, l’eliminazione della famiglia reale iniziò ad essere preparata con meticolosa attenzione.

L’eliminazione dello Zar significava mettere fine all’autocrazia in Russia, eliminando il potere aristocratico e “arrogante” dei Romanov, emblema di un impero ormai tramontato. Mal visti dal popolo e accusati di arroganza, le ultime donne che vennero a contatto con gli Zar si trovarono davanti invece persone modeste, ormai deprivate della propria autorità e tenute prigioniere dall’ostilità delle guardie messe a presidio di Ekaterinburg. La notte tra il 16 e il 17 Luglio 1918, con la scusa di una minaccia alla città, la famiglia reale si spostò nel seminterrato di Casa Ipat’ev, non consapevole del destino che la attendeva.

I proiettili rimbalzavano ad Ekaterinburg

Il muro davanti al quale i Romanov vennero giustiziati

Due file e tre sedie, gli zar davanti, i loro fedeli dietro. La zarina e lo zar erano seduti davanti, dietro di loro, oltre le figlie, il medico e la cameriera. Vi si affiancavano il cuoco e il domestico.

“Il praesidium del soviet regionale, adempiendo al volere della rivoluzione, ha decretato che l’ex zar Nicola Romanov, colpevole di innumerevoli sanguinosi crimini contro il popolo, debba essere fucilato” fu la sentenza comunicata agli Zar prima della fucilazione. Nicola II cadde sotto i primi colpì, la zarina venne colpita alla testa e Aleksej si riversò a terra, dove rantolò per diverso tempo prima di spirare. Furono le duchesse a resistere di più, finite poi dagli uomini presenti a colpi di baionetta. Si scoprì successivamente che i loro vestiti fecero da scudo, i quali corpetti erano stati precedentemente riempiti di gioielli durante il trasferimento.

Gli uomini che si occuparono dei cadaveri rinvennero più di 8 kg di diamanti nelle vesti delle duchesse dopo la fucilazione, probabilmente cuciti nel tessuto per non lasciarli ai bolscevichi. Venti minuti servirono per porre termine alla fucilazione, altri minuti per concludere l’uccisione di chi era rimasto ancora in vita. Gli 11 corpi vennero successivamente caricati su una camionetta e dati alle fiamme in una fossa poco distante da Casa Ipat’ev.

Nei rapporti sembra che i gioielli vennero trovati durante il trasporto dei cadaveri, quando i corpi vennero spogliati e trafugati. Parrebbe anche che la zarina sia stata violata intimamente, anche se vi sono grandi dibattiti su tale avvenimento. Jurovskij aveva infatti dato l’ordine di non violare i cadaveri, ma la risposta che ricevette da uno degli uomini era che questo ormai potesse “morire in pace dopo aver toccato l’imperial clitoride”. Il dibattito si apre a questo punto su quanta veridicità possa esserci riguardo la violazione del corpo della zarina. Tale probabilità non va data per scontata se si considera il rigetto che i rivoluzionari avevano nei suoi confronti e che la violazione dei corpi significasse un’ulteriore dimostrazione di quanto ormai i reali Romanov avessero perso qualsiasi forma di rispetto. L’errare umano permea le rivoluzioni, arrivando anche alla degenerazione.

La fine dei Romanov venne segnata dalle urla delle duchesse e dai rivoli di sangue che macchiarono il pavimento, tanto da provocare senso di nausea ad alcuni uomini presenti. Il giorno dopo i bolscevichi giustiziarono (in altre località) altri membri della casata Romanov, gli ultimi tre nel 1919.

L’alone di mistero e il rifiuto di parlarne

Nascosto per anni, l’eccidio dei Romanov si conobbe solo nel 1926. Stalin decise poi di mettere fine ad ogni dibattito in merito e, qualche decennio dopo, Casa Ipat’ev sparì tra fiamme perché non deteneva alcun valore storico. I resti della famiglia Romanov vennero rinvenuti solo negli anni ‘70, ma tale rinvenimento fu noto solo anni dopo, quando ormai anche l’URSS era prossima alla fine. Nonostante i tentativi di far cadere la questione nel dimenticatoio, non poche volte gli eventi di Ekaterinburg tornarono a galla, soprattutto per le molteplici persone che dichiararono nei decenni successivi di essere parte della famiglia reale. I casi più noti sono quelli di alcune donne che sostenevano di essere Anastasija, la figlia più piccola di Nicola II.

Al martirio dei Romanov venne messa fine solo negli anni più recenti, quando la questione venne tumulata e un’inchiesta venne aperta, nonostante ormai fossero deceduti da anni anche gli artefici della Rivoluzione e dei suoi eventi. Ekaterinburg e Casa Ipat’ev sono ad oggi siti storici di pellegrinaggio di grande importanza, così come lo è la storia dell’evento che ha messo definitivamente fine all’esistenza dei Romanov.


Scritto da Emanuele Lo Giudice

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