Due anni di guerra in Ucraina: il punto della situazione

di Mirko Aufiero
Pubblicato: Ultimo aggiornamento il 14 Min.

Il 24 febbraio 2022 aveva inizio l’invasione russa ai danni dell’Ucraina. Due anni dopo la guerra continua con difficoltà tra entrambi gli schieramenti

Esattamente due anni fa la Federazione Russa guidata da Vladimir Putin lanciava la cosiddetta “operazione militare speciale” in Ucraina, un eufemismo per nascondere l’illegalità dell’invasione.

Nella mente dello “Zar” Putin l’operazione avrebbe dovuto assumere i contorni di una guerra lampo per “denazificare” l’Ucraina, ossia rovesciare Volodymyr Zelensky e imporre un governo filorusso. Tale progetto si è tuttavia rivelato fallimentare già dai primi mesi di guerra, quando l’Ucraina ha dimostrato di poter opporre resistenza all’Armata r(u)ssa.

Due anni dopo l’inizio del conflitto la resistenza continua, seppur tra molte difficoltà. Gli scambi territoriali nell’ultimo anno sono stati minimi, e la guerra ha assunto i contorni di uno scontro per ogni chilometro quadrato. Tra le più importanti difficoltà per Kyiv, la mancanza di armi, munizioni e uomini.

L’invasione russa: le prime conquiste del 2022

War In Ukraine 2022

Alle 3:40 del 24 febbraio 2022 la prima colonna di mezzi russi entra in Ucraina nell’oblast di Luhansk. Nelle settimane successive migliaia di truppe del Cremlino penetrano nel Paese da diverse direzioni. 

Passando per la Bielorussia, verso Kyiv; da nord-est verso Kharkiv; tramite la Crimea – occupata già nel 2014 – verso il sud del Paese; e dal Donbas verso gli oblast di Luhansk e Donetsk.

L’intento di occupare la capitale è fallimentare, mentre l’offensiva russa ha maggior successo in altre parti del Paese. Mosca riesce ad occupare porzioni del nord dell’Ucraina (tra cui zone degli oblast di Kyiv, Chernihiv, Sumy e Kharkiv), dell’est (oblast di Luhansk e Donetsk) e del sud (oblast di Zaporizhia e Kherson).

Di particolare rilevanza è la presa della città di Kherson nel marzo 2022 – città sulla riva sinistra del Dnipro – parte del (fallito) piano russo di occupare tutta la costa ucraina.

Le riconquiste ucraine

Le truppe ucraine – guidate dal generale Valerij Zaluzhny – ottengono importanti successi a partire dall’autunno 2022, sulla spinta dei quali si inizia a preparare la controffensiva del 2023.

Nel settembre 2022 gli ucraini mettono in fuga i russi dall’oblast di Kharkiv, e a novembre i russi sono costretti a ritirarsi da Kherson e a stabilizzarsi sulla sponda destra del Dnipro. 

Nel frattempo, infuriano i combattimenti a Bakhmut (nell’oblast di Donetsk), città difesa e poi persa dagli ucraini dopo 9 mesi di combattimenti ed elevate perdite.

La controffensiva del 2023

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Nel 2023 – non senza ritardi – avviene la tanto attesa controffensiva ucraina. L’obiettivo nella mente dei vertici ucraini e NATO era quello di raggiungere il Mar d’Azov con un attacco frontale, in modo da spezzare le linee logistiche russe ed isolare la Crimea e il sud del Paese.

Gli Stati Uniti volevano che il contrattacco ucraino iniziasse ad aprile 2023, fiduciosi che con un attacco frontale gli ucraini avrebbero potuto raggiungere Melitopol, città sul Mar d’Azov. Tuttavia, la controffensiva è stata posticipata da Zelensky, che riteneva di non avere ancora le armi e l’addestramento necessari per l’operazione.

Nonostante la grande attenzione mediatica, i risultati raggiunti sono stati modesti per diversi fattori. Tra questi, l’ampiezza del fronte, la strategia scelta da Kyiv, le scarse munizioni e le linee difensive russe.

I ritardi nel dare il via all’offensiva hanno permesso ai russi di fortificare il fronte, creando più linee difensive con trincee, fossati anticarro, postazioni di combattimento e mine.

L’ampiezza del fronte e la strategia scelta hanno invece rallentato i progressi ucraini, che hanno scelto di dividere le proprie forze. I consiglieri militari occidentali avevano consigliato agli ucraini di concentrare i propri sforzi intorno a Zaporizhzhia. Kyiv ha invece scelto di condurre l’attacco su tre assi: Zaporizhzia (dove sfondare per arrivare a Melitopol), Berdiansk e Bakhmut.

Il bilancio della controffensiva e lo stallo attuale

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Dopo quasi un anno dall’inizio della controffensiva, non sono stati raggiunti significativi guadagni territoriali. Le truppe ucraine si sono fermate ad 80 km da Tokmak, città considerata uno snodo cruciale verso Melitopol.

Come riporta l’ISPI, in tutto il 2023 gli scambi territoriali tra Kyiv e Mosca sono stati nell’ordine dello zero virgola, di fatto uno stallo.

Lo stesso Zelensky ha ammesso di non ritenersi soddisfatto dei risultati raggiunti, mentre il neo eletto Comandante in capo delle forze armate ucraine, Oleksandr Syrsky, ha detto che l’Ucraina è passata da un’operazione offensiva ad una difensiva. Proprio negli ultimi giorni Syrsky ha ordinato la ritirata da Avdiivka, città che gli ucraini avevano tentato di difendere per mesi.

Maggior successo hanno avuto le operazioni ucraine nel Mar Nero, dove Kyiv – tramite attacchi con droni marini e missili a lungo raggio – ha inflitto pesanti perdite alla flotta russa, costringendola a spostarsi in porti più lontani. Tramite questi attacchi l’Ucraina è riuscita a riaprire il corridoio per le esportazioni di grano via mare e a limitare le possibilità di sbarchi anfibi russi sulle proprie coste.

Munizioni, munizioni e… munizioni

Uno dei più grandi problemi dell’Ucraina è l’approvvigionamento di munizioni. Come riportato in un articolo dell’edizione cartacea odierna del Corriere, oggi i russi consumano circa 10mila colpi al giorno, mentre gli ucraini 2mila.

Questa sproporzione è dovuta alla grave carenza di munizioni di cui soffre l’Ucraina. Nel 2023 l’Unione europea ha inviato a Kyiv circa 300mila colpi, mentre altri 330mila sono arrivati dalla Corea del Sud. Si tratta di numeri insufficienti per pareggiare il consumo russo.

Mosca ha infatti aumentato la propria produzione di munizioni da 400mila a 2,1 milioni, potendo contare sulla progressiva militarizzazione dell’economia, resa possibile dal sistema autocratico vigente in Russia. Inoltre, nonostante le sanzioni occidentali, il Cremlino continua a fare affari con altri partner – in primis la Cina, fondamentale acquirente di gas russo – il che permette a Putin di ottenere nuove risorse per sostenere la macchina bellica.

A ciò si aggiunge la collaborazione di altri regimi come Corea del Nord e Iran, che riforniscono l’esercito russo di armi e munizioni. Si stima che la Russia abbia in programma di aumentare del 29% la spesa militare nel 2024, in modo da portarla al 7,1% del Pil. Dalla parte opposta del campo, l’Occidente ha non poche difficoltà a garantire gli aiuti a Kyiv.

Gli aiuti dall’Unione europea e dagli Usa

http://commons.wikimedia.org/ source: White House

L’Unione Europea ha recentemente approvato il pacchetto di 50 miliardi di aiuti all’Ucraina per i prossimi 4 anni, dopo la mediazione con Orban. Gli Stati Uniti hanno invece in sospeso un pacchetto da 60 miliardi approvato dal Senato ma bloccato alla Camera dei rappresentanti.

I repubblicani fedeli a Donald Trump sono infatti contrari a destinare fondi all’estero, sostenendo che dovrebbero essere usati per questioni interne. Lo speaker repubblicano e trumpiano della Camera – Mike Johnson – si rifiuta infatti di portare la legge in aula, conscio di una sua probabile approvazione.

Questa linea del Tycoon mette anche a rischio il supporto statunitense all’Ucraina sul lungo periodo. Nel caso venisse eletto, non sono pochi i dubbi sulla sua volontà di sostenere Kyiv.

Il ministro degli Esteri ucraino, Dmytro Kuleba, ha dichiarato che Avdiivka non sarebbe stata persa con un numero adeguato di munizioni e che l’Ucraina soffre di un «approvvigionamento enormemente insufficiente di munizioni».

Kuleba ha inoltre invitato l’Unione europea a fare «investimenti a lungo termine nella produzione di munizioni». «C’è una guerra, e gli europei devono accettare il fatto che il periodo di pace in Europa è finito», ha aggiunto il ministro.

La questione della mobilitazione

Un altro elemento di difficoltà per l’Ucraina è il minor numero di persone mobilitabili. La Russia infatti dispone di una popolazione di circa 145 milioni, contro un Ucraina la cui popolazione è fortemente calata dall’inizio del conflitto.

Se nel 2021 la popolazione del Paese superava i 40 milioni, oggi si stima che sia compresa in un range tra i 26 e i 35 milioni di abitanti.

Proprio la necessità di una nuova mobilitazione era stata uno dei punti di scontro tra Zelensky e Valerj Zaluzhny, ex Comandante in capo delle forze armate ucraine.

Lo scontro Zelensky-Zaluzhny

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I due si erano reciprocamente accusati di aver richiesto una nuova mobilitazione di circa 500mila uomini. In una conferenza dello scorso dicembre, Zelensky affermò che l’esercito gli aveva chiesto di «mobilitare 450-500mila persone per rafforzare le difese del paese contro l’invasione russa in corso».

A ciò, Zaluzhny rispose che il «comando militare non ha fatto una sola richiesta [alle autorità] di cifre. Il comando militare continua a svolgere la funzione di protezione dello Stato e, di conseguenza, formula le sue richieste di munizioni, armi e risorse umane».

Quella della mobilitazione non è stato però l’unico motivo di contrasto tra i due. I contrasti sono iniziati in occasione della controffensiva, quando le visioni strategiche dei due hanno iniziato ad allontanarsi sempre di più. A ciò si aggiungono le dichiarazioni fatte all’Economist da Zaluzhny, nelle quali parlava apertamente di «stallo» mentre Zelesnky era intenzionato a mostrare una Ucraina vincente.

Inoltre, il sempre più alto indice di gradimento del generale lo rendeva un potenziale rivale politico per Zelensky. Per tutti questi motivi, Zelensky ha deciso di rimuovere dall’incarico Zaluzhny l’8 febbraio 2024.

A Zaluzhny è subentrato il generale Syrsky, definito “il macellaio” per alcune sue scelte, tra cui quella di difendere a oltranza Bakhmut a costo di pesanti perdite di uomini. Già guida della difesa di Kyiv nel 2022, Syrsky ha ottenuto importanti successi a Kharkiv nell’estate dello stesso anno e da allora ha ricoperto il Capo delle operazioni militari nell’Ucraina orientale.


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