Depressione post partum: quando i figli non sono solo gioia

di Alessia Giurintano
7 Min.

Il binomio donna=sacrificio obbligato e bambino=gioia incondizionata è un dato, una fattualità che nella contemporaneità non regge più molto e che, anzi, sta andando incontro ad una realtà così evidente da far traballare l’indiscusso ruolo della donna, ancorata sin dalla preistoria all’immagine di obbligata maternità. E’ qui che si parla di Depressione post partum.

La depressione post partum come sottrazione della maternità

L’umanità è sempre stata abituata ad un ordine naturale degli eventi, poiché l’imprevisto e il non atteso hanno generato una serie di incontrollate crisi che soffriamo ancora oggi. La donna è infatti naturalmente predisposta alla maternità, alla cura dei figli in quanto femmina. Questo è da sempre il suo ruolo nella società.

Ciò non è proprio solo della specie umana, ma anche di quella animale. La donna ingloba la funzione della cura, dell’attenzione, dell’amore, dell’educazione. Tale posizionamento sociale e simbolico, per così dire, è supportato da anni di studi psico-pedagogici.

Il bambino appena nato è indubbiamente immerso in una rete di relazioni, ma è innegabile che in superficie resti la mamma, a cui subito infatti si attacca per soddisfare il bisogno primario di mangiare.

depressione post partum momento del parto

Il bambino necessita della  mamma, del contatto, della pelle, del suo corpo. Per lui è ancora porto sicuro, la figura dell’amore e del valore. La mamma è madre ancora prima del concepimento, prima ancora dell’atto. La natura l’ha creata per questo.

La figura del padre è, invece, oltre ad un costrutto culturale relativo all’organizzazione sociale, un plus. Si può essere padri anche molto dopo il concepimento, o non esserlo affatto. Un padre è reso tale da un atto di volontà. Oggi si può parlare di libera scelta anche per la madre (non d’ovunque però!), ma per secoli la situazione era quella descritta sopra: maternità e nido domestico

Ciò che socialmente si tende a dimenticare, o meglio, ignorare, è l’atto in sé di mettere al mondo un figlio. Cosa significa? Quali sono le conseguenze? 

Il castello di carta materno come cornice della depressione post partum

Procreare e partorire sono potentissime azioni di vita. La donna dà alla luce una creatura viva. Dal primo pianto del bambino, segno della sua venuta al mondo, della sua presenza, la donna è madre e non può più smettere di esserlo. La creatura avvolta nella coperta, un po’ sporca e stordita, era nella sua pancia, cresciuta con lei e in lei. Quel momento segna uno spartiacque irrimediabile. Tutto cambia, e non è più possibile tornare indietro.

Durante la gestazione il corpo della donna si prepara ad accogliere una creatura viva, appunto. La straordinaria perfezione della natura fa in modo che il corpo della donna si adatti ad una nuova presenza. Irrimediabilmente, questo adattamento biologico ha delle conseguenze. Accogliere significa rinunciare, dare la vita significa perdere un pezzo della propria. La messa in condivisione genera una parziale sottrazione.

Quando la donna permette al proprio figlio di uscire, dandogli l’opportunità di aprirsi al mondo e coglierne la luce, sta rinunciando contemporaneamente ad un pezzo di sé che non potrà in alcun modo tornare da lei. Lo fa in favore di un cuore palpitante, di uno sguardo vivo, di un respiro comune.

La mamma e il bambino sono una cosa sola, almeno per i primi tempi di vita. La biologia, la pedagogia e la psicologia lo hanno affermato nel tempo, le esperienze di vita che osserviamo sono la prova tangente di questo fenomeno. Il parto è uno spartiacque. Segna un prima ed un dopo esistenziali. Da uno si passa a due

Baby Blues: il dolore della messa al mondo

depressione post party baby blues dolore di mettere al mondo

Studi epidemiologici condotti in nazioni e culture diverse evidenziano che la depressione post partum colpisce, con diversi livelli di gravità, dal 7 al 12% delle neomamme ed esordisce generalmente tra la sesta e la dodicesima settimana dopo la nascita del figlio, con episodi che durano tipicamente da 2 a 6 mesi. La donna si sente triste senza motivo, irritabile, facile al pianto, non all’altezza nei confronti degli impegni che la attendono.

La depressione post partum, se non riconosciuta e trattata, interferisce con le abilità della donna di instaurare un interscambio di comportamenti e di emozioni con il suo bambino e con l’attaccamento, capaci di prevenire le conseguenze negative a lungo termine sullo sviluppo cognitivo, sociale ed emotivo del bambino. Nonostante l’elevata frequenza dei contatti con operatori sanitari (ostetriche, infermieri, puericultrici, pediatri) sia prima che dopo il parto, raramente il disturbo è riconosciuto né viene offerto un trattamento.

Le cause sono molteplici e non del tutto chiarite

La depressione post partum non è archiviabile come causata da poche singole cause, ma è invece il prodotto di una molteplicità di fattori. Questi sono divisibili in macrocategorie, tra le quali:

a) fattori ormonali, in particolare di tipo sessuale e tiroideo, e fattori legati ai livelli dei neurotrasmettitori;

b) fattori fisici, per esempio la stanchezza indotta dai ritmi imposti dal bambino. La fatica del post-partum diventa un potente induttore di stress che a sua volta agisce sul sistema immunitario materno riducendo le sue capacità di difesa e di reazione tanto da rendere una donna più vulnerabile alla depressione;

c) fattori psicologici, una personalità caratterizzata dalla bassa autostima o tendente al perfezionismo;

d) fattori sociali, come la giovane età, l’inesperienza e la scarsità di aiuto e sostegno;

e) fattori cognitivi, come il nutrire aspettative irrealistiche sull’essere madre o sul bambino.

Uscirne è possibile, ma ancora prima è necessario riconoscere socialmente questo fenomeno. La scienza ha fatto il suo passo, l’umanità deve accoglierlo e prendersene cura. Per la mamma, per il bambino, per la collettività tutta: mettere al mondo un figlio è generare una creatura viva, entrare in una dimensione nuova. Riconoscere alla donna la paura verso questa nuova condizione è un dovere socio-culturale che bisogna assumere.

Scritto da Alessia Giurintano


Le foto presenti in questo articolo provengono da internet e si ritengono di libero utilizzo. Se un’immagine pubblicata risulta essere protetta da copyright, il legittimo proprietario può contattare lo staff scrivendo all’indirizzo email riportato nella sezione “Contatti” del sito: l’immagine sarà rimossa o accompagnata dalla firma dell’autore.

Articoli Correlati