Dai pestaggi ai ricatti sessuali: le baby gang si sono macchiate di tutto

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Le “baby gang” non sono gruppi di spacciatori o rapinatori, assolutamente no: sono gruppi di ragazzini che si identificano per quartieri e rivaleggiano con altri gruppi. L’elemento criminogeno è solo un corollario all’identità data dallo stare insieme, riconoscersi negli stessi luoghi di aggregazione e nello stesso nome.

Le rivali dell’evento che stiamo per raccontarvi sono da un lato i “18”, un centinaio di giovani che si riconoscono nel quartiere tra la Garbatella e la periferia di Roma Sud e dall’altro i “17”, di Roma Nord.

Il caso inizia nel maggio dell’anno scorso, quando i “18” si sono riuniti in comitiva per picchiare un ragazzo diciassettenne affetto da sindrome di Down: egli sarebbe stato accusato di aver inviato messaggi inopportuni a una delle fidanzate dei membri della baby gang. La ragazza ha adescato il diciassettenne, chiedendogli su Instagram di incontrarsi per conoscersi, ma all’appuntamento, nel pomeriggio del 2 maggio 2021, nel quartiere di Ostiense, il poveretto è stato pestato da cinque quindicenni più la fidanzata a riprendere il tutto, poi si sarebbero dileguati. L’indagine da parte della Procura dei Minori è stata chiusa e i cinque picchiatori (insieme alla ragazza) rischiano di essere processati con l’accusa di lesioni aggravate e per aver agito con crudeltà: i primi ad averli messi sotto accusa sono stati proprio quelli della banda rivale “17”. 
“Se stava pe’ scopà a piskella mia” cercano di giustificarsi i “18”.
“Stanno pe piassela con voi” “Non se mena un down”
“Partije ncinque contro uno è popo da infami ribattono i “17”, con varie emoticon del vomito nelle chat su Whatsapp.
“Menate un Down. Ci avete tutta Roma contro. Avete scatenato un macello che manco vi immaginate. Avete fatto ntoppà gente seria ve siete praticamente suicidati” ricorda un amico di uno dei minori coinvolti nella rissa.

Purtroppo, il caso delle baby gang non finisce con un “semplice” pestaggio: alcuni dei minori indagati risalenti all’anno scorso sarebbero accusati anche di “revenge porn”.
Una ragazzina di quindici anni era sotto il loro mirino per aver mandato alcune foto in topless: “Ce le aveva mezza Roma quelle foto. – ha raccontato la giovane – Ho provato ad ammazzarmi per i troppi insulti”. Gli agenti della Squadra Mobile che indagano sul caso scrivono che l’episodio è datato a circa due estati fa e che sono presenti due video, entrambi girati in topless e di contenuto esplicito. La ragazza racconta di essere stata ricattata dalla gang:  “Allora praticamente ho mandato delle foto […] e un video senza reggiseno ai miei ex”.

In parte, il discorso rivela le dinamiche presenti all’interno delle gang: “Praticamente loro le hanno fatte girare ‘ste foto e sto video perché sono dei c… che tra maschi fanno quello che fanno perché sono degli schifosi e praticamente poi sono girate eccetera le hanno viste quasi tutti anche le femmine e mi venivano tantissimi insulti di tutti i tipi. L’adolescente, colpita da offese e insulti, crolla e tenta il suicidio: “Visto che io non sono una che se ne frega, sono passata in un momento brutto, ho provato ad ammazzarmi per i troppi insulti e sono finita in coma: adesso ancora ci sono persone che pensano cose negative su di me e si inventano anche ca… Anche una mia amica le aveva mandate, ma poi quello non li ha fatti girà, invece a me li ha fatti girare e poi mo’ quasi tutta Roma le ha. Stando a quanto riferisce il Corriere della Sera, potrebbe essere inviata una verifica investigativa da parte dei pubblici ministeri della Procura dei minori

I giovani di oggi stanno davvero arrivando a questo punto? Picchiare a sangue coetanei per vendetta, ricattare sessualmente le ragazze solo per farle accettare? Forse tutti dovremmo farci un pensierino.

Scritto da Giorgia Lelii

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