Commonwealth: Antigua e Barbuda spinge per l’indipendenza, addio alla monarchia?

di Emanuele Lo Giudice
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Possedimento della Gran Bretagna dal 1667, le isole di Antigua e Barbuda hanno fatto parte dell’Impero Britannico fino al 1981, anno dell’indipendenza. Monarchia costituzionale del Reame del Commonwealth, ora auspica al referendum.

Stato insulare dell’America centrale caraibica, interamente circondato dal Mar dei Caraibi e dall’Oceano Atlantico, Antigua e Barbuda conta una popolazione di quasi 100mila abitanti.

182° paese in lista per popolazione, Antigua e Barbuda fu scoperta da Cristoforo Colombo nel 1943, da lì uno svolgersi storico che l’ha portata ad essere colonizzata dall’Impero Britannico fino al XX° secolo quando, durante lo sfaldamento dell’Impero, essa ha ottenuto dal Regno Unito l’indipendenza. Con capitale Saint John’s, Antigua e Barbuda è uno Stato democratico parte del Commonwealth delle Nazioni e uno dei 15 Stati che costituiscono il Reame del Commonwealth. Se il primo risulta essere un’organizzazione intergovernativa di 56 stati, di cui gran parte ex colonie dell’Impero britannico, il Reame del Commonwealth riunisce tutti gli ex possedimenti che riconoscono ancora oggi il sovrano britannico come Capo dello Stato.

La parole di Gaston Browne, Primo Ministro di Antigua e Barbuda.

A pochi giorni dalla morte di Elisabetta II, il Primo Ministro di Antigua e Barbuda pone a chi lo ascolta una questione di grande importanza. Se Antigua e Barbuda fino ad oggi hanno reputato il sovrano del Regno Unito come Capo dello Stato, tanto da riconoscere formalmente Carlo III, è giunta l’ora di chiudere il processo d’indipendenza iniziato decenni fa. Browne ha sostenuto che “non si tratta di un atto di ostilità”, bensì del destino delle isole, ormai pronte a diventare completamente sovrane.

Il referendum verrebbe indetto se il Primo Ministro venisse rieletto il prossimo anno; un’elezione non del tutto improbabile, considerando che alla Camera dei rappresentanti il suo partito detiene 15 seggi su 17. Entro tre anni, Antigua e Barbuda potrebbe essere completamente sovrana e indipendente, la decisione spetta al popolo, come ha spiegato Browne parlando del procedimento referendario che vorrebbe attuare.

È arrivato per Carlo III il primo scossone da parte del Commonwealth, che invece la Regina Elisabetta II aveva tenuto abbastanza saldo nei 7 decenni di regno. Carlo III, in un incontro con i commissari dei reami del Commonwealth, si è detto pronto a “servirli con lealtà e rispetto ai limiti costituzionali di ciascuno”. Carlo III si era comunque già pronunciato positivamente rispetto al discorso referendum dei Reami del Commonwealth, sostenendo che fosse decisione di ogni Nazione indirlo o meno; come lui anche il Principe William.

I Reami del Commonwealth, una fine imminente?

Regno Unito, Antigua e Barbuda, Bahamas, Belize, Canada, Giamaica, Grenada, Saint Kitts e Nevis, Saint Vincent e Grenadine, Saint Lucia, Australia, Isole Salomone, Nuova Zelanda, Papa Nuova Guinea e Tuvalu; il reame del Commonwealth riunisce paesi di tre continenti e conta una popolazione di 143 milioni di abitanti. Nel venire meno dell’Impero britannico e nell’istituirsi del suo successore, il Commonwealth delle Nazioni, tante ex colonie britanniche divennero indipendenti ma mantennero il sovrano come Capo dello Stato, altre invece si trasformarono in Repubbliche, prevedendo il non riconoscimento della Corona. Negli ultimi anni alcuni degli Stati facenti parte del Reame del Commonwealth hanno iniziato a riconsiderare l’abbandono della monarchia, tra cui Barbados che divenne una Repubblica Parlamentare nel 2021. La Giamaica è invece sulla strada per un referendum, anch’essa pronta ad acquisire la totale sovranità. Con la fine dell’era elisabettiana contemporanea, è giusto domandarsi se Carlo III riuscirà a mantenere saldo il simbolico controllo sul Commonwealth, alle quali parti ormai risulta un erede anziano e “poco popolare”, a differenza della madre.

Scritto da Emanuele Lo Giudice


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