Come producono le caramelle gommose?

di Gaia Vetrano
6 Min.

Grandi e piccini, quando entrano in un qualsiasi supermercato, rimangono estasiati dal reparto delle caramelle.

Basta solo passarci davanti per sentire il bisogno di acquistarne un pacco. Quando ne sentiamo parlare, la nostra mente viaggia verso i ricordi di Halloween o della calza della Befana. Da orsetti gommosi, ai marshmallow passando per quelle alla frutta o al caramello, sono sicuramente una goduria per tutti, compreso il dentista.

Ne esistono di svariate forme e colori e sono uno dei prodotti dell’industria alimentare più conosciuti. La loro è sicuramente una storia curiosa: sarebbero arrivate in Occidente intorno all’anno Mille grazie a una scoperta dei Crociati. Questi, di ritorno dall’Oriente, portarono con sé delle barrette di zucchero di canna, chiamate “canna mellis”, ossia “tubo di miele”.

Eppure, secondo alcuni studi, la prima caramella sarebbe la Khanda, nata intorno al IV secolo a.C. in India. Questa era prodotta dalla solidificazione del succo della canna da zucchero. Da qui deriverebbe la parola “Candy”.

Il termine “masticare” è però molto più antico: deriva dalla “masticha”, una resina gommosa dell’isola greca di Chios, che ritroviamo negli iscritti di Ippocrate di 2.400 anni fa e che gli antichi usavano rosicchiare a lungo.

Nel Settecento, grazie al perfezionamento delle tecniche di estrazione dello zucchero dalle barbabietole e alla produzione di un prodotto bianco e facilmente solubile, avvenne la svolta. Eppure, le caramelle iniziarono ad arrivare negli alimentari solo a partire dall’Ottocento, con la rivoluzione industriale.

Se vi stiate chiedendo come venivano prodotte ai tempi, sembrava che la massa zuccherina venisse posta bollente in un cucchiaio di rame e versata goccia a goccia sopra un tavolo di marmo. In questo modo creavano delle pastiglie rotonde che diventavano trasparenti e durissime. Secondo altre fonti, usavano degli stampi, nel quale colavano il composto.

Le caramelle gommose nascono con Haribo, nel 1922, con Johannes Riegel e sua moglie Gertrug Riegel. Ma oggi, come sono prodotte?

Prendendo come esempio gli orsetti gommosi, nella lista degli ingredienti ritroviamo: zucchero, sciroppo di glucosio, amido, aromi, acido citrico e gelatina. Proprio intorno a quest’ultima ruota il principale dubbio riguardo la produzione delle caramelle gommose.

Secondo la definizione fornita dal regolamento CE 853/2004 dell’Unione Europea, la gelatina è una “proteina naturale e solubile, gelificata o non”. Cosa vuol dire? Le caramelle gommose nascono da resti animali.

Come si legge dalla normativa europea, la gelatina si ottiene andando a sottoporre il collagene a un processo di parziale idrolisi acida. Ma da dove viene il collagene? Da ossa, pelli, tendini, cartilagini, tessuto connettivo e nervi animali.

In Europa l’80% della gelatina è prodotta dalla cotenna di maiale, il 15% con il bifido bovino (grasso presente sotto la pelle), nel 5% dei casi con ossa e cartilagini di maiali e bovini.

La gelatina è usata perché rende morbide le caramelle gommose. Commercialmente è conosciuta come “colla di pesce”, perché inizialmente si otteneva dalla vescica natatoria di alcuni pesci, come lo storione. Scientificamente è riconosciuta dal codice E441.

Andando a curiosare nella sezione delle Frequently Asked Questions – FAQ – del sito della Haribo, l’azienda non ne fa un segreto: alla domanda “Qual è l’origine della gelatina usata da Haribo” risponde animale.

Questa offre pochi benefici nutrizionali, solo diciotto diversi amminoacidi. Si ritiene che tale additivo possa contenere tracce di solfiti e di glutammato monosodico (E621). La produzione mondiale si aggira sulle 400.000 tonnellate annue.

Parlando nello specifico dei processi produttivi, la gelatina si ottiene da lunghi processi di purificazione, filtrazione e demineralizzazione. Poi viene concentrata e sottoposta prima a una fase di evaporazione, poi di sterilizzazione a 138 °C. Proseguendo viene gelificata per raffreddamento. Infine abbiamo l’essiccazione. In questo modo si ottiene un prodotto stabile e conservabile a temperatura ambiente.

Il principale produttore in Europa è la GME (Gelatine Manufacturers of Europe), un’associazione con sede a Bruxelles attualmente composta da 11 membri. In mercato esistono delle alternative, quali l’agar-agar.

Non è solo questo ingrediente a preoccupare i nutrizionisti riguardo il consumo di caramelle gommose, ma anche gli alti livelli di sciroppo di fruttosio e quello di glucosio. Non considerando i concentrati di coloranti, vegetali e alla frutta, insieme agli aromi e all’acido citrico.

Una manciata di orsetti gommosi contiene oltre 17 grammi di zucchero, altre ne hanno più di 26 grammi. L’Organizzazione mondiale della sanità raccomanda che il consumo di zucchero costituisca solo il 5% dell’apporto calorico giornaliero, in poche parole esattamente 25 grammi, cioè quanto una manciata di caramelle.

Vi lasciamo in seguito il link di un cortometraggio girato dalla regista belga Alina Kneepkens in cui mostra, senza censure, come vengono prodotte le caramelle gommose. Questo ha comincia inquadrando proprio una caramella finita e ruota intorno al ruolo della gelatina animale. Sicuramente non adatto ai deboli di stomaco.

Scritto da Gaia Vetrano


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