Chi sono gli altri latitanti criminali in Italia?

di Giorgia Lelii
6 Min.

Nonostante Matteo Messina Denaro sia stato recentemente catturato, non vuol dire che i latitanti in Italia siano già nel dimenticatoio. Infatti, il Ministero degli Interni ha pubblicato un elenco di quelli più pericolosi, talvolta specificando anche le esatte procedure o un modus operandi. Nello specifico, si tratta di un “programma speciale di ricerca“, del gruppo Interforze.

La polizia sta facendo in particolar modo attenzione a quattro mafiosi, più o meno importanti quando Messina: Attilio Cubeddu, Giovanni Motisi, Renato Cinquegranella e Pasquale Bonavota.

Attilio Cubeddu

Nato il 2 marzo 1947 ad Arzana (Nuoro), è ricercato al 1997. Esponente dell’Anonima sequestri è irrintracciabile dopo non essere tornato, al termine di un permesso, nella Casa Circondariale di Badu è Carros (Nuoro). Cubeddu era detenuto per sequestro di persona, omicidio e lesioni gravissime. Partecipò nel 1981 al sequestro Peruzzi, in Toscana, e nel 1983 ai sequestri Rangoni Machiavelli e Bauer in Emilia-Romagna, poi si diede alla latitanza. Arrestato nel 1984 a Riccione, fu condannato a 30 anni di carcere. Dal 1998 è ricercato in campo internazionale, anche se all’epoca emerse l’ipotesi che Cubeddu fosse morto, forse ucciso dal complice Giovanni Farina che non voleva dividere il denaro del riscatto del sequestro Soffiantini. Nel 2012, tuttavia, il procuratore Domenico Fiordalisi ha riaperto le indagini, sospettando che Cubeddu si nasconda nel territorio dell’Ogliastra.

Giovanni Motisi

Nato l’1 gennaio 1959 a Palermo, membro di Cosa nostra e capo del clan Motisi. Dal 1998 ricercato per omicidio, dal 2001 per associazione di tipo mafioso e dal 2002 per strage. Nel 1999, inoltre, sono iniziate le ricerche in campo internazionale per arresto ai fini di estradizione. Complice fidato di Totò Rina, Motisi era presente nel momento in cui Cosa nostra discusse dell’omicidio del generale Carlo Alberto Dalla Chiesa, secondo il collaboratore di giustizia Calogero Ganci. Motisi, condannato all’ergastolo per l’omicidio del commissario Giuseppe Montana, ucciso il 28 luglio 1985, è anche nella lista dei criminali più ricercati d’Europa dell’Europol.

Renato Cinquegranella

Nato il 15 maggio 1949 a Napoli, è ricercato dal 2002 per associazione a delinquere di tipo mafioso, concorso in omicidio, detenzione e porto illegale di armi ed estorsione. Esponente della Camorra, condannato all’ergastolo per l’omicidio di Giacomo Frattini, giovane affiliato della Nuova Camorra Organizzata di Raffaele Cutolo. Frattini fu torturato, ucciso e fatto a pezzi, il 21 gennaio 1982, per vendicare l’omicidio in carcere di un fedelissimo dell’allora boss di Secondigliano, Aniello La Monica. Nel maggio 2014 la Cassazione conferma l’ergastolo per Cinquegranella ed altri camorristi. Secondo gli inquirenti, Cinquegranella sarebbe coinvolto anche in un altro delitto, quello del capo della Mobile Antonio Ammaturo e del suo autista Pasquale Paola (15 luglio 1982) per mano delle Brigate Rosse. Gli autori del fatto risultarono implicati anche nel sequestro Cirillo: infatti, Cinguegranella avrebbe dato ospitalità ad alcuni di loro nella sua villa di Castel Volturno.

Pasquale Bonavota

Quest’uomo è un tipo “di famiglia“. Nato il 10 gennaio 1974 a Vibo Valentia, è ricercato dal 2018 per associazione di tipo mafioso omicidio aggravato in concorso. Esponente di spicco della ‘ndrangheta di Sant’Onofrio. Già negli anni ’80 i Bonavota erano una ‘ndrina calabrese che incuteva terrore ovunque: Pasquale si è ritrovato più volte a sostituire ruoli importanti (come boss della mafia) al posto di qualche zio o familiare. Condannato all’ergastolo nel processo scaturito dall’operazione “Conquista”, Bonavota è sparito qualche ora prima dell’esecuzione dell’ordine di carcerazione disposto dall’autorità giudiziaria dopo la condanna emessa in primo grado.

Tutti e quattro hanno disperso le proprie tracce per il mondo. Nessuno sa o ammette di sapere quale sia il loro nascondiglio, e per le autorità sono quattro cacce all’uomo. Guardiamoci le spalle.

Scritto da Giorgia Lelii


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