Trama
A seguito della chiusura di un carcere storico, un imprevisto costringe dodici detenuti ed il personale di polizia penitenziaria alla permanenza nella struttura, in un clima di tensione sottilissima e di confronti peculiari.
Un’analisi introspettiva
Terzo lungometraggio del regista Leonardo Di Costanzo, Ariaferma riesce a distinguersi per forma e contenuti dalle mode cinematografiche contemporanee. La storia, infatti, ruota attorno i due protagonisti: l’ispettore Gargiulo (Toni Servillo) e il camorrista Lagioia (Silvio Orlando).
Ciò che caratterizza il rapporto tra i due è una continua imposizione di rigidità, soprattutto da parte dell’ispettore, la quale, tuttavia, risente sempre di “meccanicità”. L’analisi introspettiva che Di Costanzo propone vuole infatti porre l’accento sui singoli archetipi che caratterizzano ogni singolo detenuto: dal ragazzo “indifeso” che si ritrova in un mondo più grande di lui all’anziano malato ed emarginato per il suo passato.

Il controverso rapporto ispettore-detenuto
Se da una parte l’inflessibilità dell’ispettore sembra originaria di un corretto rigore morale della propria mansione, dall’altra lo spettatore non riesce a spiegare quella distanza che egli interpone soprattutto con il personaggio di Lagioia. Infatti, anche dinanzi a timidi tentativi di umanizzazione del rapporto, Gargiulo tiene sempre a specificare che tra loro non c’è nulla in comune. Ciò, nel corso del film, diviene quasi un dialogo con sé stesso: si ha quasi l’impressione che l’ispettore avverta la necessità di ricordare a sé che lui non è la persona che Lagioia è diventato.
La discrepanza psicologica, tuttavia, viene fuori proprio quando l’ispettore Gargiulo non riesce a rinnegare la propria umanità, facendo emergere dunque la sua vera natura, nascosta dietro la maschera dell’austero ispettore.

Un legame profondo
Soltanto alla fine del film si scopre che in realtà Gargiulo e Lagioia avevano vissuto nello stesso quartiere, presumibilmente diventando amici, per poi prendere strade completamente diverse. La chiave di lettura risiede dunque proprio qui: Di Costanzo riflette sui destini di una terra complicata, stavolta non direttamente ma indirettamente, narrando dunque le storie in età avanzata, prediligendo le non-azioni dei personaggi per riflettere la loro psicologia. Infondo, sulle facce dei due protagonisti si riesce quasi a leggere il peso degli anni e della vita, rendendoli tanto saggi quanto disillusi, se non rassegnati. Forse è proprio un senso di rassegnazione che pone l’inflessibilità nell’animo di Gargiulo (che finisce inevitabilmente per accettare il suo lato umano) e la vana ricerca di “conciliazione” in Lagioia.

Un’interessante dimostrazione cinematografica
Ariaferma, grazie anche alle prove attoriali di Servillo ed Orlando, i quali sono ormai due punti fermi del panorama cinematografico italiano, risulta essere un’opera interessante, quasi controtendenza, che riesce ad unire il dramma psicologico derivante dall’analisi sociale indiretta, che si riflette, appunto, nella psicologia dei personaggi. Quella di Ariaferma è una sceneggiatura retta anche da una regìa soddisfacente, unita ai toni prevaletemente freddi della fotografia, i quali risultano essere in perfetta sintonia con i toni e i ritmi del film.
Scritto da Emanuele Fornito
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