Alda Merini: la vita di un’anima nei suoi versi

di Costanza Maugeri
Pubblicato: Ultimo aggiornamento il 6 Min.

“Sono nata il ventuno a primavera
ma non sapevo che nascere folle,
aprire le zolle
potesse scatenar tempesta”


Così voglio raccontarvi Alda Merini.

Alda Merini nasce a Milano il 21 Marzo 1931, città in cui morirà l’1 Novembre 2009. “Sono Nata il 21 a Primavera” dice in versi che cantano rinascita, follia e libertà. Sono queste le parole con cui la poetessa si racconta.
La poesia prende vita da un cenno autobiografico: “sono nata il 21 a primavera”, dove la Primavera diventa sinonimo di follia. Follia che fa “aprire le zolle“, un’immagine silenziosamente sonora che descrive un’anima che con la forza delle parole spezza le catene sociali.

Un’anima che ha saputo conservare dentro di sé quel gemito bambino primordiale, pianto che ha l’energia di “scatenar tempesta”, di essere dunque scandaloso, scomodo.
Il manicomio, in cui verrà internata con la diagnosi di disturbo bipolare, sarà definito da lei stessa: “il grande poema di amore e di morte”.


Il manicomio è una cassa di risonanza, dove il dolore di un internato diventa dolore di tutti. La sofferenza è un’eco che percorre le mura dell’edificio e della mente delle persone che lo abitano, un grido insopportabile. L’urlo di dolore diventa preghiera unanime e l’ospedale psichiatrico si trasforma, così, in un luogo sacro: Il monte Sinai.

«Il manicomio è una grande cassa di risonanza

E il delirio diventa eco,

l’anonimità misura,

il manicomio è il monte Sinai,

maledetto, su cui tu ricevi

le tavole di una legge

agli uomini sconosciuta»

Raccolta poetica: “La Terra santa, 1979”

Sul monte biblico Dio affida ai ricoverati le sue “tavole della legge”. Una legge sconosciuta ai più, che non risponde alla morale umana. È una legge divina e antica, che comprendono solo le persone considerate folli, proprio perchè, come i bambini, sono in contatto con la loro parte pura, non corrotta dalle leggi del mondo terreno.


“La pazzia è solo un’altra forma di normalità che può generare poesia, quella degli spiriti tempestosi, avvolti dal vortice del loro genio creativo che attinge linfa vitale dal delirio”.

Una vita travagliata, un’odissea, che la Merini amerà fin dentro le ossa.


“Io la vita l’ho goduta tutta, a dispetto di quello che vanno dicendo sul manicomio. Io la vita l’ho goduta perché mi piace anche l’inferno della vita e la vita è spesso un inferno. Per me la vita è stata bella perché l’ho pagata cara”.

Alda Merini: la poetessa che canta lo spirito e la carne dell’amore.

“Beati coloro che si baceranno
sempre al di là delle labbra
varcando dei gemiti
il confine del piacere
per cibarsi dei sogni.”


Versi estratti dalla poesia “Amore” scritta nel 2002, dove carne e spirito si fondono armoniosamente. Sembra quasi di essere di fronte a una benedizione sacra.

Il piacere carnale e i sospiri, descritti come gemiti per sottolineare il carattere istintivo della passione, diventano il suono con cui gli innamorati si toccano reciprocamente l’anima. Una scena fisica, di quelle che possiamo vedere negli angoli delle vie, al buio dei cinema deserti, immagine del desiderio che non può aspettare e che si trasforma in una promessa d’amore eterna.

Le labbra dell’innamorato si cibano dei sogni della persona amata, mischiandosi nel fantasticare una vita insieme, in cui i sogni di uno diventano di entrambi. È un supportarsi reciproco che alleggerisce le paure.

“Io trovo i miei versi intingendo il calamaio nel cielo.”

Alda Merini

Scritto da Costanza Maugeri


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