Abbiamo risparmiato con il taglio dei parlamentari?

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Il referendum del 20-21 settembre 2020

È trascorso ormai un biennio dalla vittoria del Sì al referendum costituzionale sul taglio del numero dei parlamentari, dove il Sì ottenne quasi il 70%.
Il referendum costituzionale, il quarto nella storia repubblicana, chiedeva agli elettori se fossero d’accordo a ridurre un terzo dei parlamentari di Camera e Senato, modifica approvata in Parlamento nell’ottobre 2019, ma sottoposta a referendum per via delle norme speciali relative alla modifica della Costituzione.
Si tratta della più importante modifica dell’assetto istituzionale nella storia della Repubblica italiana: la riforma prevede che i seggi alla Camera passino da 630 a 400 e quelli al Senato da 315 a 200 e sarebbe entrata in vigore a partire dalla successiva legislatura.
Tale misura avrebbe permesso di risparmiare, secondo le analisi, 82 milioni di euro all’anno e 408 milioni a legislatura.

Abbiamo davvero risparmiato con il taglio dei parlamentari? Vediamo

Quanto (non) abbiamo risparmiato

Dopo le elezioni dello scorso 25 settembre, il numero di Deputati e Senatori in Parlamento è sceso da 945 a 600, proprio in virtù della vittoria del Sì al Referendum del 2020.
Le stime, elaborate due anni fa, parlavano di un risparmio di centinaia di milioni di euro, ma i bilanci pubblici di Camera e Senato, resi noti di recente, hanno dimostrato come ad una riduzione dei parlamentari non sia seguita una riduzione delle spese.

I fondi di Camera e Senato

L’Ufficio di presidenza della Camera e il Consiglio di presidenza del Senato approvano annualmente un bilancio che indica i fondi a disposizione delle due istituzioni e come verranno spesi negli anni a venire.
Lo scorso 13 luglio, l’Ufficio di presidenza della Camera, guidato dall’allora Presidente Roberto Fico (M5S), ha approvato il progetto di bilancio per il triennio 2022-2024 .
Il documento indica una dotazione complessiva di 943,2 milioni di euro all’anno per il 2022, 2023 e 2024, importo uguale a quello stanziato tutti gli anni a partire dal 2013.
Oltre alle entrate generali di cui potrà beneficiare la Camera, dal bilancio risulta anche che le entrate per i gruppi parlamentari rimarranno uguali: 31 milioni di euro annui.
Lo stesso vale per il Senato, dove il bilancio approvato il 2 agosto scorso dal Consiglio di presidenza, guidato da Casellati (FI), prevede entrate per 505,3 milioni di euro all’anno tra il 2022 e il 2024, la stessa cifra stanziata nel 2021.
Ai gruppi parlamentari andranno complessivamente 22,1 milioni di euro, lo stesso importo dell’anno precedente.

Quindi abbiamo risparmiato o no?

Per riassumere, la “dotazione” dello Stato, ovvero i fondi pubblici erogati per il funzionamento di Camera e Senato, non ha subìto modifiche, per cui non c’è stato un aumento, ma neppure una diminuzione.
Per il momento, la riduzione del numero dei parlamentari non si è tradotto in un risparmio effettivo dei costi politici: al taglio delle poltrone non è quindi seguito un taglio dei fondi, il che non ha permesso di osservare gli effetti di questa misura, ovvero una riduzione delle spese.

Scritto da Sofia Ciatti


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