75 anni fa nasceva lo Stato d’Israele

di Mirko Aufiero
Pubblicato: Ultimo aggiornamento il 8 Min.

Il 14 maggio 1948 Israele proclamava la propria indipendenza: le origini di una delle vicende storiche più controverse del XX secolo

Esattamente 75 anni fa terminava il Mandato britannico sulla Palestina in seguito alla dichiarazione di indipendenza dello Stato d’Israele del 14 maggio 1948. Quella data fu un punto di svolta in una delle fratture più profonde della storia del Medio Oriente, che vede coinvolti in decenni di lotte israeliani, palestinesi e gli stati arabi confinanti.

Per tracciare la storia di questo conflitto è però necessario fare qualche passo indietro e tornare a circa un secolo prima, il 19esimo, in cui una convergenza di fattori ideologici, politici ed economici pose le basi per la futura nascita dello stato ebraico.

Dal sionismo ai pogrom russi

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Il più importante contributo ideologico alla nascita di uno stato ebraico venne dal movimento sionista, sviluppatosi nel corso del 19esimo secolo soprattutto grazie alla figura del giornalista Theodor Herzl.

Herzl, vissuto nel periodo della nascita dei nazionalismi e del crescere di sentimenti antisemiti in tutta Europa, era convinto che non fosse possibile una piena integrazione della popolazione ebraica con quella europea, e che dunque fosse necessario un vero e proprio stato ebraico.

Il luogo prescelto da Herzl fu la Palestina, allora controllata dall’Impero Ottomano, dove già un cospicuo numero di ebrei stava affluendo dalla Russia per scappare ai pogrom. Le persecuzioni ai danni della popolazione ebraica si protrassero infatti nel corso di tutto il XIX secolo, per poi culminare durante la guerra civile russa del 1917, favorendo l’emigrazione verso il futuro Israele.

Gli immigrati ebrei dall’Europa iniziarono dunque a costituire delle piccole comunità in Palestina, dove rappresentavano una netta minoranza rispetto alla stragrande maggioranza araba della popolazione.

Il ruolo del Regno Unito e la Prima guerra mondiale

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Le richieste del movimento sionista trovarono terreno fertile presso il Regno Unito durante gli anni della Prima guerra mondiale. Il governo britannico, impantanato nella guerra di trincea dopo anni di guerra, cercava infatti di smuovere pedine nello scacchiere internazionale per danneggiare la Germania e i suoi alleati.

Questo desiderio trovò sfogo nell’impero l’Impero Ottomano, alleato tedesco, il quale controllava gran parte del Medio Oriente: dalla Turchia alla penisola arabica e dalla Palestina all’Iraq.

In accordo con la politica del “divide et impera”, il governo inglese da un lato strinse accordi con Hussein de La Mecca, potente capo tribale arabo per la formazione di un grande stato arabo in cambio della sollevazione contro i turchi. Dall’altro, l’inviato britannico Mark Sykes si accordò segretamente col diplomatico francese George Picot per spartire il Medio Oriente tra Regno Unito e Francia.

In questo quadro si inserisce la dichiarazione Balfour, un documento tanto breve quanto importante per la futura storia di Israele. In una lettera di sole 67 parole inviata il 2 novembre 1917 dal ministro degli Esteri britannico Arthur Balfour a Lord Walter Rothschild, uno dei più influenti sostenitori del sionismo, il governo britannico dava il suo assenso alla creazione dello stato ebraico:

Egregio Lord Rothschild,

È mio piacere fornirle, in nome del governo di Sua Maestà, la seguente dichiarazione di simpatia per le aspirazioni dell’ebraismo sionista che è stata presentata, e approvata, dal governo.

“Il governo di Sua Maestà vede con favore la costituzione in Palestina di un focolare nazionale per il popolo ebraico, e si adopererà per facilitare il raggiungimento di questo scopo, essendo chiaro che nulla deve essere fatto che pregiudichi i diritti civili e religiosi delle comunità non ebraiche della Palestina, né i diritti e lo status politico degli ebrei nelle altre nazioni”.

Le sarò grato se vorrà portare questa dichiarazione a conoscenza della federazione sionista.

Con sinceri saluti
Arthur James Balfour

Il Mandato britannico, la reazione araba e le speranze ebraiche per Israele

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La dichiarazione Belfour venne pubblicata sui giornali il 9 novembre 1917, e se da un lato animò le speranze del movimento sionista, dall’altro fomentò l’ostilità dei paesi arabi nei confronti di un’ipotetico stato creato con parte dei loro territori.

Da allora un numero crescente di ebrei (400mila in trent’anni) immigrò in Palestina, organizzandosi nelle kibbutz, comunità agricole a gestione collettiva ispirate agli ideali socialisti di eguaglianza e di lavoro a favore della comunità.

Durante gli anni Venti e Trenta queste comunità crebbero in maniera rapida, portando la popolazione ebraica a rappresentare una porzione sempre più ampia degli abitanti della Palestina e a possedere una quota sempre maggiore di terreni.

La crescita ebraica finì però col danneggiare gli interessi della popolazione araba che, a causa delle crescenti difficoltà economiche culminate con la crisi del ’29, si vide costretta a vendere i propri terreni agli ebrei, i quali potevano contare sui fondi provenienti dall’Europa.

Ciò favorì la nascita di gruppi nazionalisti palestinesi, i quali si organizzarono in formazioni paramilitari per far fronte a quella che vedevano come una colonizzazione dei propri territori.

Nonostante Londra avesse tentato di limitare l’immigrazione ebraica a partire dall’ottenimento del Mandato sulla Palestina (1920), non riuscì a impedire le migrazioni dall’Europa. Le tensioni tra ebrei e arabi crebbero sempre di più fino a sfociare in un grande scontro nell’agosto del 1929 nel quale la popolazione araba attaccò diversi centri abitati ebraici causando circa 130 vittime.

La ritirata britannica e l’indipendenza di Israele

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Alla fine della Seconda guerra mondiale i britannici decisero di abbandonare i propri progetti sulla Palestina. Nel maggio 1947 il Regno Unito annunciò il disimpegno dal mandato sulla regione e nel novembre 1947 l’Assemblea generale delle Nazioni Unite votò a favore della divisione della Palestina.

La divisione fu progettata dall’UNSCOP (United Nations Special Committee on Palestine), e prevedeva che allo Stato ebraico spettasse il 56% del territorio contro il 44% destinato agli arabi. Questo piano fu fortemente criticato dalla popolazione araba e dagli stati arabi confinanti per diversi motivi.

Intanto, alla popolazione ebraica era stata assegnata una porzione maggiore di territorio nonostante la quota inferiore di popolazione. Inoltre, lo Stato ebraico avrebbe inglobato tutti i villaggi ebraici, al contrario di quanto sarebbe accaduto nella controparte araba. Infine, lo Stato arabo non avrebbe avuto sbocchi né sul Mar Rosso, né sul Mar di Galilea, importante risorsa idrica per la regione.

Tutto ciò portò ad enormi tensioni nel 1947 e soprattutto nel 1948. Il 14 maggio dello stesso anno Israele proclamò la sua indipendenza dal Regno Unito, data dalla quale iniziò una tragica striscia di conflitti tra israeliani, palestinesi e gli stati arabi ostili a Israele.

Fonti: Il Post, Repubblica, Rai Cultura,

Scritto da Mirko Aufiero


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