18 Settembre, il punto della settimana: cos’è successo nel mondo?

di Emanuele Lo Giudice
Pubblicato: Ultimo aggiornamento il 8 Min.

Dall’Atlantico al Pacifico, le ultime notizie della settimana che si sta per concludere. Il mondo dal 12 al 18 Settembre 2022.

Si conclude un’altra settimana e le notizie che arrivano dal mondo circolano più veloce di quanto si pensi. L’Armenia, il Tagikistan, la Russia e gli Stati Uniti, che è successo fuori dai confini nazionali?

Nagorno-Karabakh: Armenia e Azerbaijan riprendono il conflitto per il controllo dell’area.

18 settembre punto della settimana

Sono riprese le ostilità tra Armenia e Azerbaigian dopo due anni di cessate il fuoco; dal 1991 due guerre e periodi di stallo, ma gli attriti sulla regione del Nagorno-Karabakh persistono e minano la stabilità del Caucaso meridionale. Entrambe le parti si sono accusate a vicenda riguardo l’innesco dell’ultimo scontro avvenuto, rendendo difficile capire come siano effettivamente iniziate le ostilità. Baku, capitale azera, ha fatto sapere in un comunicato del Ministero di difesa che “diverse posizioni azere sono finite sotto intensi bombardamenti armeni”, considerando un atto ostile anche lo spostamento di truppe al confine. L’Armenia ha invece sostenuto di aver spostato le truppe per un’esercitazione, ma di aver risposto “a una provocazione su larga scala dell’Azerbaigian” tramite una “risposta proporzionata”. Yerevan, capitale armena, ha detto di aver subito 49 vittime. Cessate nel 2020 dopo 44 giorni di combattimenti, le ostilità sono riprese il 13 Settembre 2022, evento che ha spinto l’Armenia a chiedere il sostegno militare russo, in base a un accordo di cooperazione tra Mosca e Yerevan. L’alleanza russo-armena prevedrebbe in realtà un’assistenza diretta in caso di conflitto, ma la Russia ha evitato il coinvolgimento fisico sia nel 2020 che quest’ultima volta, soprattutto per le operazioni militari che sta portando avanti nella guerra russo-ucraina. L’appello armeno è arrivato anche al Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite, alla Francia e agli Stati Uniti con la speranza del Primo Ministro armeno di una discussione sulla questione e sulla sovranità armena. Dopo la notte di scontri sarebbe arrivato un accordo per il cessate il fuoco, concordato sotto mediazione russa. L’enclave armeno dell’Azerbaigian rappresenta un hotspot importante nel Caucaso, dove Turchia, Russia, Iran e (in parte) anche Cina cercano di giocarsela per un controllo strategico dell’area. La Turchia appoggia l’Azerbaigian, reputato un “paese gemello”, mentre l’Armenia è legata alla Russia e all’Iran, che però non si discosta dal cooperare anche con Baku. Nella situazione d’instabilità si inserisce anche Washington, il quale considera la situazione relativamente, ma che spinge per un de-conflicting perché strategico è l’equilibrio di un’area d’importante export energetico e di sviluppo commerciale. Il cessate il fuoco dovrebbe far desistere le parsi dall’attaccarsi a vicenda, bisogna ora vedere quanto possa durare e come si sviluppa la situazione.

Stati Uniti: le pressioni di Kiev e lo spettro della terza guerra mondiale, l’allusione medvedeviana al conflitto nucleare rivangata anche da Lukashenko.

18 settembre punto della settimana

Biden si è pronunciato sulla situazione russo-ucraina lanciando un monito alla Presidenza della Federazione Russa riguardo le armi nucleari e chimiche. “Non farlo” è l’ammonimento che Biden ha dato a Putin durante un’intervista di 60 Minutes, “la risposta americana sarebbe consequenziale. Il volto della guerra cambierebbe”. Washington avverte dunque il Cremlino riguardo gli sviluppi che la guerra potrebbe prendere, qualora le azioni militari russe cambiassero direzione. Putin, nel vertice tenuto a Samarcanda questa settimana, ha tentato di rassicurare l’India riguardo la fine del conflitto, con l’auspicio che questa possa sopraggiungere subito. D’altra parte ha però convenuto con la Cina che il comportamento di Washington potrebbe complicare le cose, sia riguardo Taiwan (di cui Pechino vorrebbe l’annessione) sia sull’invio di armi a Kiev. Mosca ha avvisato Washington che un utilizzo di missili americani a lungo raggio da parte di Kiev contro il territorio russo porterebbero gli Stati Uniti a diventare attore principale del conflitto; di lì al coinvolgimento della NATO il passo sarebbe breve. Peskov, portavoce del Cremlino, non ha fatto attendere la risposta del governo di Putin al monito di Biden, invitando il Presidente degli Stati Uniti a leggere “la dottrina russa“. Secondo la dottrina russa, l’uso di armi nucleari è previsto in caso di aggressione alla Federazione Russa che metta “a repentaglio l’esistenza, l’integrità o la sovranità della Federazione”. La sfida tra Biden e Putin grava su Kiev, che esercita pressione per ottenere equipaggiamenti, ma anche sugli altri leader mondiali, i quali si confrontano con una situazione altamente delicata. Se Putin spera in una fine prossima del conflitto, non considerando alcuna correzione al piano d’azione russo, l’Ucraina rifiuta i negoziati e propone termini draconiani per il Cremlino. “Le condizioni di pace di Kiev e le condizioni di garanzia occidentale sono un prologo alla terza guerra mondiale” ha replicato il Vicepresidente del Consiglio di sicurezza russo, Medvedev, sostenendo che “se l’Occidente continua a rifornire di armi Kiev, presto il conflitto passerà ad un altro livello”. Alle parole di Medvedev vi fa riferimento anche Lukashenko, Presidente della Bielorussia, che guarda all’Europa come il terreno per l’imminente conflitto mondiale.

Batken: la regione kirghiza terreno di scontro tra Tagikistan e Kirghizistan.

Accanto alla questione del Nagorno-Karabakh si è riaccesa negli ultimi giorni un’altra delle questione lasciate aperte dallo sfaldamento dell’URSS. Tagikistan e Kirghizistan, ex repubbliche sovietiche presenti in Asia centrale e confinanti con la Cina, sono in un turbine di tensioni etniche che già lo scorso anno avevano causato più di 30 morti. Venerdì sera i bombardamenti, conseguenza di ostilità iniziate già da qualche giorno. Le regioni non sono solo etniche, ma anche economiche, soprattutto riguardo l’accesso ai bacini idrici della zona, causa di contrasti ormai trentennali. Le accuse sono reciproche e i tentativi di porre freno alle ostilità sono stati per ora fallimentari; solo ieri da Samarcanda è arrivato l’ordine di cessare il fuoco. Yerevan e Baku hanno Russia e Turchia come rispettive potenze alleate, ma Tagikistan e Kirghizistan rientrano entrambe nella sfera d’influenza russa, la quale ha ora un grande problema che mina la stabilità delle sue relazioni. Le tensioni tagico-kirghise potrebbero trovare fondamento nel conflitto russo-ucraino, che sta mettendo a dura prova le capacità di Mosca nel mantenimento della propria sfera d’influenza. Entrambe parte del CTSO (Trattato per la Sicurezza Collettiva), alla Russia non servono due alleati in lotta tra loro, vanificherebbero infatti i piani di Putin per lo stabilimento di un nuovo assetto mondiale.

Scritto da Emanuele Lo Giudice


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