100 anni fa la marcia su Roma, prendeva vita lo smantellamento dello Stato liberale

di Emanuele Lo Giudice
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Propagandata come il prologo della “rivoluzione fascista”, la marcia su Roma decretò la morte del Regno d’Italia. Il 29 Ottobre 1922 migliaia di fascisti in marcia minacciavano la presa di potere.

Il 28 Ottobre 1922 una manifestazione armata eversiva che tentava di favorire l’ascesa al potere di Benito Mussolini, fondatore del fascismo, si diresse a Roma minacciando la presa di potere.

Il 28 Ottobre di 100 anni segna nella storia della penisola italiana l’inizio ufficiale del regime fascista. Una data non riconosciuta da subito, ma solo nel 1926 come l’inizio di un “periodo nuovo” che doveva seguire un proprio percorso. Benito Mussolini ufficializzerà il 28 Ottobre 1922 come data d’inizio dell’era fascista il 25 Maggio 1926 tramite circolare.

Nonostante la data di oggi abbia segnato, 100 anni fa, l’inizio di una nuova era per il Regno d’Italia, le origini del fascismo sono molto più remote. Diversi studiosi legano la nascita del fascismo ai movimenti radicali (di destra e di sinistra) nazionalisti, sindacalisti rivoluzionari e futuristici. Le conseguenze della Prima guerra mondiale posero successivamente le basi sociali, economiche e culturali per l’accelerazione della crisi dello Stato liberale, il quale venne progressivamente smantellato nella stretta dittatoriale che il Regno d’Italia subì negli anni successivi al 1922.

Quali premesse alla marcia su Roma?

Conclusosi il 1920, all’esaurimento della spinta rivoluzionaria del “biennio rosso” (1919-1920) rispondeva una crescente reazione antisocialista; non a caso le elezioni amministrative avevano visto prevalere i “blocchi nazionali” (forze di centro-destra) per arginare il socialismo. Benito Mussolini entrerà a far parte di questo quadro politico come leader carismatico nel Marzo del 1919, fondando a Milano i Fasci di combattimento secondo un programma specifico il cui linguaggio richiamava quello della sinistra. Il sansepolcrismo anticlericale e repubblicano, antiparlamentare e incline all’azione di piazza, richiamava a riforme istituzionale e sociali, nonché economiche radicali. Un cambio di rotta verso destra si ebbe al congresso di Milano del 1920, dove cambiò la linea politica del movimento che, alle politiche del 1919, si era rivelata fallimentare.

Mussolini, ex leader socialista interventista (l’appoggio agli interventisti gli costò l’allontanamento dal PSI e dall’Avanti, di cui era direttore) dell’ala massimalista, aveva avviato un nuovo modo di fare politica, soprattutto perché figlia della guerra. L’organizzazione paramilitare (da cui il termine “squadrismo“) di cui si dotò il movimento intensificò, già nel 1920, l’uso sistematico della violenza nelle aggressioni ad avversari e a sedi del movimento socialista e, in parte, anche cattolico. La Pianura Padana fu il territorio più interessato dalle azioni delle “camicie nere”. Il movimento fascista si era inserito nel panorama politico dell’antisocialismo, monopolizzandolo e connotandosi come partito-milizia a causa di quella violenza che ormai era un tratto caratteristico del movimento fascista.

Nel III Congresso dei Fasci italiani di combattimento (7-10 Novembre 1921) venne deciso lo scioglimento del movimento e la fondazione del Partito nazionale fascista (PNF). Già nel Maggio 1921 i fascisti erano entrati in Parlamento con le liste del blocco nazionale; l’idea di Giolitti per contrastare la forza socialista si rivelò comunque fallimentare, in quanto le elezioni legittimarono politicamente i fascisti alla fine di una campagna elettorale estremamente violenta. Alla nascita del PNF, il fascismo si trasformava in un partito di massa che ruotava intorno ad un capo carismatico, il Duce.

La marcia su Roma e l’evolversi del regime fascista.

La forza del fascismo maturò nel 1922, anno in cui un’offensiva su diverse città italiani portò all’occupazione di parecchi capoluoghi di provincia. La restaurazione di ordine e disciplina voluta da Mussolini trovò attuazione solo tramite l’insurrezione nelle città centro-settentrionali e con la concentrazione di squadristi diretti alla Capitale.

Alla marcia su Roma il Governo Facta risposte con l’introduzione dello stato d’assedio, che il re rifiutò perché intenzionato a sedare gli animi in modo diverso, oltre che per evitare di dare troppo potere nelle mani dei militari. La minaccia di un’azione militare spinse Vittorio Emanuele III ad affidare a Mussolini l’incarico di formare un nuovo governo. Il passaggio dal Governo Facta al Governo Mussolini rappresenta l’inizio della fine delle istituzioni liberali, ben presto stravolte dal programma di Mussolini. L’avvio del nuovo regime si ebbe di coalizione, almeno all’inizio, con esponenti liberali, popolari e nazionalisti.

Il Regno d’Italia subirà una torsione e una stretta dittatoriali negli anni successivi al 1922, sia con l’istituzione del Gran Consiglio del fascismo (Dicembre 1922), sia con l’istituzione della Milizia volontaria per la sicurezza nazionale. La legge elettorale Acerbo facilitò l’entrata di una maggioranza ancora più ampia in Parlamento a seguito delle elezioni del 1924 e le “leggi fascistissime” configurarono una nuova tipologia di Stato. All’accentuazione del potere dell’esecutivo e all’abolizione della libertà di organizzazione e di sciopero venne meno la solidità dello Stato liberale, ormai quasi del tutto archiviato come parte del passato.

Scritto da Emanuele Lo Giudice


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